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Emergenza coronavirus sia fonte di resilienza per l’Italia e l’Europa

Scritto da Alessandro Del Corno.

Alessandro Del CornoIntervento di Alessandro Del Corno.

Mentre continuiamo a contare drammaticamente il numero dei contagiati e dei decessi in Italia, soprattutto in Lombardia ed in Emilia Romagna, Paese che dopo la Cina, ha avuto l’impatto più devastante della pandemia in corso che sta affliggendo tutti i Paesi del mondo, dovremmo anche riflettere, certo dopo aver sconfitto il virus, sullo scenario economico-sociale che ci sarà consegnato dopo la fine dell’emergenza.
Risulta a mio modo di vedere chiaro come il sole che i giorni del coronavirus rappresenteranno uno spartiacque nelle nostre storie nazionali ed in quelle di tutti i Paesi del mondo e da questo, dovremmo uscirne in modo completamente diverso da come ne siamo entrati.
Partiamo dall’Italia: il nostro Paese, viveva già una strutturale crisi di sistema che qualche tempo fa, non ho esitato a definire complessiva, partendo da quella istituzionale-politica, passando per quella economico-sociale, per arrivare a quella di molti gangli vitali della nostra Comunità democratica.
Di conseguenza, la grave recessione, più incidente di quella del 2008 che si avvista alle porte, non potrà che avere non solo una risposta economica, ma sul piano complessivo di sistema.
Non a caso il Presidente Mattarella, qualche giorno fa, ha invitato ad una virtuosa unità, come fu quella del dopoguerra.
Certo, non un’unità per gestire esclusivamente l’emergenza, ma per costruire un processo solido e condiviso, in grado, da un lato di colmare i ritardi del passato e dall’altro lato di portare il sistema Italia nella piena modernità.
Chi s’illude di fare in modo autonomo, dopo la gravissima crisi in corso, dimostrerà di essere ancora una volta un irresponsabile, non degno di albergare da posizione di primo piano nella nostra vita democratica.
E l’Europa?
Diciamolo chiaramente, nei giorni del coronavirus, ancora una volta l’Unione Europea, con tutte le sue strutture politiche, economico-finanziarie e burocratiche, ha lanciato nella migliore delle ipotesi, segnali contraddittori e contrastanti, nonostante il grido di dolore proveniente dall’Italia e da alcuni Paesi del Mediterraneo.
Certo, si è sospeso il patto di stabilità, il fiscal compact, ecc. cioè, una parte di quell’armamentario rigorista che ha condannato il nostro Continente a 10 anni di recessione (tranne per pochi privilegiati) e la Banca Centrale Europea ha disposto un intervento importante di aiuti.
Ma appena, si va nella direzione della richiesta di un salto di qualità, che potrebbe essere rappresentato dagli eurobond, ecco che scatta immediatamente la difesa dell’ortodossia rigorista tedesco-olandese.
A tal merito, mi pare illuminante in materia, l’ultimo intervento di Mario Draghi, il quale, ha affermato che per uscire dalla gravissima crisi economica, definita da guerra, alla quale andremo incontro, l’Europa dovrà avere anche una politica del debito condivisa.
Ciò significa che se l’Europa non cambierà profondamente, vi sarà il fondato rischio di uscire dalla stucchevole polemica pro o contro Europa di questi ultimi anni, in quanto la stessa si risolverà naturalmente.
Ci sarà quindi bisogno più che mai di una forte Unione politica, con il dispiegamento di tutti quegl’interventi in grado di determinare una ripartenza condivisa.
Il lungo percorso doloroso che stiamo vivendo, potrà rafforzare i valori che abbiamo ereditato dalla generazione che ci ha proceduto, solo se gli stessi, saranno in grado di offrire crescita economica, benessere, giustizia sociale e solidarietà.
Ma anche se fosse, come auspico, tutto ciò, non basterà, se non vi sarà anche una rinascita civile.
Nel primo dopoguerra, il più grande statista del secolo scorso, cioè Alcide De Gasperi disse che l’Italia non si sarebbe sollevata dopo la dittatura fascista ed il secondo conflitto mondiale solo da un punto di vista economico ma se vi fosse stata anche una rinascita spirituale in termini di fraternità del Paese.
Tale monito è più che mai attuale per l’Italia e per l’Europa ed in altri termini era l’invocazione ad affermare quella resilienza, evidenziata nel titolo del mio scritto.
Speriamo tutti che i nostri figli, leggeranno nei libri di Storia che ciò si sia realizzato.
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