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La Prescrizione e il tempo del Processo

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento di Franco Mirabelli al Circolo PD di Mecenate (video).

Da capogruppo in Commissione Giustizia al Senato mi sono trovato ad affrontare la discussione sulla riforma del processo penale e a partecipare a tutti i tavoli di coalizione sul tema ed ero l’unico non giurista o avvocato e questo, ovviamente, ha comportato anche delle difficoltà nella comprensione di alcuni argomenti. Tuttavia, penso che sia utile che si occupino di Giustizia anche persone che non siano viziate dall’appartenere ad una categoria di operatori della Giustizia stessa, che naturalmente guardano al proprio ambito specifico.
Personalmente, credo che, invece, sulla Giustizia abbiamo bisogno di fare riforme che guardino all’interesse generale, anche perché l’Italia è messa abbastanza male in questo campo.
Ci tengo a sottolineare che la prescrizione è un fallimento dello Stato.
Quando un processo va in prescrizione vuol dire che lo Stato non è stato in grado di garantire che si arrivi a sentenza né all’imputato (che può essere anche innocente e volerlo veder riconosciuto) né alle presunte vittime di reati.
Questa percezione c’è nelle persone.
Quando si parla della prescrizione, le persone pensano al processo di Viareggio che finisce senza sentenza e cose di questo genere.
La prescrizione, quindi, in ogni caso è un fallimento dello Stato e non vorrei che la facessimo diventare come una sorta di obiettivo.
Se il processo va in prescrizione vuol dire che lo Stato ha fallito.
La prescrizione diventa importante dal momento che in Italia i processi durano moltissimi anni.
M5S sostiene che in Italia i processi durano tantissimo tempo anche perché c’è la possibilità di prescrizione, intendendo dire che, dopo il primo grado di giudizio, gli avvocati lavorano per arrivare alla prescrizione e, quindi, si allungano i tempi.
M5S, in questo senso, quindi sostiene che sia sufficiente togliere la prescrizione per fare in modo che automaticamente i processi si velocizzino.
Personalmente, non penso che sia così ma bisogna sapere che questa argomentazione c’è nella discussione che si sta facendo.
La prescrizione, inoltre, assume un grande rilievo perché i processi sono lunghissimi.
La nostra Costituzione dice che i processi devono avere una durata ragionevole.
Non si può pensare, quindi, che una persona possa stare sotto processo per 40 anni e allo stesso modo che una presunta vittima non possa stare tutto quel tempo in attesa di avere giustizia e, dunque, si deve stabilire un termine.
La prescrizione di fatto fa da termine ai processi ma viene percepita come ingiusta dal momento che non consente di arrivare ad una sentenza.
La prescrizione è un istituto che ha prodotto anche diseguaglianze nel Paese, innanzitutto territoriali perché le statistiche indicano che al Tribunale di Milano ci sono il 3% dei processi prescritti mentre nei Tribunali di Napoli e Palermo si arriva al 30% e 40%. È evidente che questo non è giusto e già da adesso si devono poter organizzare gli uffici in modo da tenere bassa la percentuale dei processi che finiscono in prescrizione.
Un’altra diseguaglianza sta nel fatto che, dopo il primo grado di giudizio, solo chi ha più possibilità economiche per proseguire il processo è favorito e può ambire a vedersi prescritto il reato.
Non vogliamo comunque abolire la prescrizione.
Il PD aveva votato contro il Decreto Spazza-Corrotti del Governo giallo-verde che contiene l’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
Questa norma è sbagliata perché comunque non pone un termine al processo che, invece, va messo mentre Lega e M5S pensano che, dal momento che si dovrebbero velocizzare si processi, si può anche fare a meno della prescrizione.
La ragionevole durata del processo, prevista dalla Costituzione, va garantita comunque e il PD è l’unico partito a dirlo.
La Lega ha una grande responsabilità perché ha votato la cancellazione della prescrizione, sostenendo che poi tutto si sarebbe aggiustato con una riforma del processo penale che si sarebbe fatta dopo e che poi, invece, non si è fatta.
Il risultato è che, nel frattempo, il 1 gennaio è entrata in vigore la legge che cancella la prescrizione.
Questo aspetto è importante perché da tutta la discussione di questi mesi sembra che si stia votando adesso per abolire la prescrizione mentre invece questo passaggio è già stato fatto e il PD aveva votato contro.
Oggi, dopo il primo grado di giudizio, la prescrizione non c’è più.
Siccome il PD non è d’accordo che non ci sia più la prescrizione, ha lavorato per trovare un compromesso che consenta di attenuare gli effetti che avrà la cancellazione della prescrizione stabilita dalla legge Bonafede, stando dentro ad una maggioranza di Governo in cui, però, c’è una forza politica che invece crede nella scelta di cancellare la prescrizione.
Su questo ci siamo misurati, ottenendo un risultato importante rispetto a come era iniziata la discussione: il Ministro Bonafede ha accettato l’idea di un compromesso e, quindi, che la legge che aveva fatto non sarebbe dovuta rimanere così com’era.
Il lodo Conte Bis nasce così e si può riassumere dicendo che la prescrizione viene cancellata dopo il secondo grado di giudizio solo in caso di una sentenza di condanna. In questo modo, si fa una distinzione tra assolti e condannati: chi viene assolto in primo grado può avere la prescrizione ma anche chi viene condannato in primo grado e poi viene assolto nel processo d’appello può recuperare la prescrizione. È chiaro che è una soluzione di compromesso ma è sempre meglio che la cancellazione totale della prescrizione per tutti.
Questo è importante precisarlo perché dalle discussioni che si stanno facendo in queste settimane sembra che si stia togliendo ora la prescrizione mentre invece è già stata tolta e si sta lavorando per ripristinarla in alcuni casi.
Chi ha impedito di fare un decreto legge o un emendamento alla Legge Milleproroghe per cambiare la Legge Bonafede ha la responsabilità di aver lasciato la Legge Bonafede esattamente come è uscita dal Governo giallo-verde e, quindi, con la cancellazione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio per tutti.
Il lodo Conte non va benissimo ma è una soluzione di compromesso utile e adesso lo abbiamo inserito nella Legge Delega di riforma del processo penale e ci vorrà del tempo per approvarla.
La riforma del processo penale è il cuore di questa vicenda perché serve per accelerare i tempi del processo. Nel frattempo, però, la Legge Bonafede è in vigore.
Il Presidente dell’Unione Camere Penali vorrebbe dare al PD la responsabilità di questo mentre non è così: la responsabilità è delle forze politiche che hanno seguito quella strada.
La riforma del processo penale è importante e l’abbiamo svolta bene e unitariamente in maggioranza in questi mesi e spero che nessuno si dissoci dal lavoro che abbiamo fatto tutti insieme e che non è ancora concluso. Si tratta, infatti, di una legge delega e, in quanto tale, dovrà passare dal Parlamento e, quindi, sarà arricchita dalla discussione parlamentare e dal confronto con i soggetti interessati.
Il compito del Parlamento è fare una legge che guardi, innanzitutto, all’interesse dei cittadini e alla necessità di dare una giustizia certa e rapida.
Nella riforma del processo penale ci sono diverse norme che modificano il processo penale per accelerarlo.
Tra queste c’è l’utilizzo delle comunicazioni telematiche, che può diventare anche obbligatorio.
C’è poi un intervento sulle indagini preliminari per velocizzarle, stabilendo dei tempi entro cui devono svolgersi, anche perché spesso i reati vanno in prescrizione in quella fase e non si arriva neanche al processo.
Si prevede un rafforzamento del ruolo del giudice monocratico, che può decidere se il processo si deve fare, se le prove raccolte a carico dell’imputato sono sufficienti o se ci sono una serie di altri fattori.
Ci sono anche una serie di norme per restringere la possibilità di ricorso in appello, soprattutto in caso di pene non gravi, per evitare di ingolfare i tribunali rendendo più difficile il lavoro.
C’è poi l’idea di incrementare l’utilizzo di procedimenti speciali, come alzare a 8 anni il massimo della pena con cui si può ricorrere al patteggiamento o la possibilità di incrementare l’utilizzo del rito abbreviato.
Ci sono, quindi, una serie di norme che velocizzano e sgravano i tribunali dal lavoro.
Ovviamente, tutto questo avverrà se si assumerà il personale adeguato alle esigenze del lavoro da svolgere, come si è previsto con le risorse stanziate appositamente nella Legge di Bilancio e in quelle che verranno stabilite nella legge per la riforma del processo penale.
C’è poi un tema più stringente e innovativo su cui immagino che ci sarà anche un maggiore dibattito ed è lo stabilire delle fasi entro cui articolare il processo. Ognuna di queste fasi dovrà avere una tempistica precisa entro cui svolgersi e la responsabilità di garantire che i tempi vengano rispettati spetterà al magistrato.
Il punto difficile è quello di riuscire ad affermare il principio della responsabilità del magistrato rispetto alla tempistica perché, questo implica anche delle sanzioni disciplinari che incidono sulle carriere.
Tutte le categorie devono dare un proprio contributo a velocizzare il processo e a portarlo a termine.
Non ci sono tempi brevissimi, si sta comunque parlando di anni.
In America, quando siamo andati in missione con la Commissione Antimafia, un giudice della Corte Federale ha spiegato che lì i processi durano pochi giorni perché ci sono le proposte di patteggiamento, le pene alternative ma c’è anche un’organizzazione diversa del procedere.
Abbiamo lavorato, quindi, ad una serie di norme per accelerare il processo.
Tra queste c’è anche la possibilità di trasformare in multe e pene alternative o riparative le pene per una serie di reati meno gravi, al fine di sgravare il lavoro dei tribunali.
Inoltre, nel testo di legge a cui stiamo lavorando, affrontiamo il tema del sovraffollamento delle carceri che è ritornato materia di discussione: siamo arrivati, infatti, ad avere 10mila detenuti in più rispetto ai posti disponibili in Italia e non si può risolvere la questione semplicemente costruendo nuove carceri.
Oltretutto, ci sono attualmente in carcere 1.500 persone che sono state condannate con pene inferiori ad un anno e, quindi, è utile una riflessione sulle pene alternative, il patteggiamento o la giustizia riparativa.
Non possiamo, però, fare questa discussione come la sta facendo una parte della maggioranza in questi giorni, cioè spiegando che tutto si riduce nel dualismo di “manettari” contro garantisti.
La realtà non è questa.
La storia degli ultimi anni mostra che molti di coloro che oggi stanno dicendo che è una vergogna aver tolto la prescrizione in nome del garantismo sono gli stessi che hanno voluto fare la legge sull’omicidio stradale, che non dà garanzie. Oppure c’è la Lega che ha approvato la Legge Spazza-Corrotti, basata su una logica giustizialista secondo cui tutto si risolve non prevenendo i reati ma alzando le pene per chi li ha commessi.
La Legge Spazza-Corrotti prevede, infatti, che il corrotto vada in carcere, non possa ricorrere ai riti alternativi o avere benefici durante la carcerazione e la sua azienda non potrà più lavorare con la Pubblica Amministrazione. Il risultato di tutto questo sarà che non ci saranno più imprenditori disponibili a denunciare e questo renderà più difficile per i magistrati intervenire per colpire quei reati.
Il tema della Giustizia è complesso, il processo penale è una parte ma in Senato è anche già stata incardinata la legge di riforma del processo civile, che è fondamentale se si vuole che la nostra economia sia più attrattiva per gli investimenti e i capitali anche di provenienza estera.

Oggi abbiamo un problema di sovraffollamento delle carceri: ci sono 10mila posti in meno nelle carceri rispetto al numero dei detenuti presenti. Questo crea delle condizioni di vivibilità più difficili.
C’è poi il tema di a cosa serve la pena. La cultura europea (un po’ meno nei Paesi dell’Est) mira alla riabilitazione dei detenuti mentre negli Stati Uniti vige una logica meramente punitiva.

Il PD vuole riformare il processo penale. Lo scopo è quello di velocizzare i processi e fare in modo che arrivino ad un termine.
La prescrizione si può anche reintrodurre nel momento in cui ci saranno tutte le garanzie che i processi vengano comunque fatti rapidamente e arrivino a sentenza.
Il PD pensa che la Legge Bonafede sia sbagliata, tanto che avevamo votato contro, ma essendo oggi M5S nostro alleato di Governo non possiamo pensare di superare la questione facendo una riforma fuori dalla maggioranza e insieme alle forze che stanno all’opposizione.
Stiamo in una coalizione e abbiamo lavorato per trovare un compromesso che andasse bene a tutte le forze che la compongono.
Con Liberi e Uguali e con M5S il compromesso è stato raggiunto mentre Renzi si è messo in una posizione poco comprensibile, innanzitutto perché non si può stare così in una coalizione: dal momento che si è sempre discusso insieme, ad un certo punto occorre anche prendere atto del punto in cui è arrivata la discussione. Inoltre, non credo che la prescrizione possa essere una bandiera da sventolare: le persone non la capiscono oppure la interpretano come il fatto che i processi vanno a finire in niente e quindi resta l’ingiustizia.
Quella di Renzi, quindi, mi pare una scelta sbagliata.
Il PD vuole fare una riforma della Giustizia che arrivi a cambiare anche la Legge Bonafede, insieme alle altre forze che compongono la maggioranza di Governo e l’avremmo anche già potuta fare se ci fosse stato l’accordo di tutti sul lodo Conte.
Oltretutto, molte cose andranno avanti: le assunzioni dei magistrati e del personale amministrativo verranno fatte nel frattempo e questo vuol dire mettere i tribunali nelle condizioni di lavorare di più e funzionare meglio, quindi, potenzialmente anche creare le condizioni per accelerare i processi anche se la riforma sarà ancora in discussione.
Non sono d’accordo sul fatto che si dica che c’è un eccesso di attenzione alle presunte vittime di reati e neanche un’attenzione mediatica esclusivamente concentrata su di loro.
Penso che ci sia una schizofrenia da parte di alcuni per cui si indignano di fronte a fatti di cronaca eclatanti in cui diventa evidente che le vittime non hanno avuto giustizia, come il processo per la strage di Viareggio che va in prescrizione, ma al contempo da parte degli stessi c’è la spasmodica rivendicazione di un garantismo che andrebbe anche meglio precisato.
È sbagliato discutere di Giustizia contrapponendo chi guarda alle presunte vittime a chi guarda, invece, alle garanzie per gli imputati.
Dobbiamo costruire una riforma che tenga in equilibrio i due aspetti e non metta in discussione i diritti degli imputati ma si guardi anche ai problemi delle presunte vittime che chiedono Giustizia. Al momento questi due aspetti non sono garantiti.
Il PD, quindi, ha fatto la scelta di lavorare all’interno della maggioranza per provare a cambiare la Legge Bonafede.
Questo non si riesce a fare con un provvedimento d’urgenza perché una parte della maggioranza non è d’accordo.
Arrivati a questo punto, pensiamo che vada bene il lodo Conte Bis, che recupera la prescrizione per chi viene assolto nel primo o nel secondo grado di giudizio.
Su questo aspetto è in corso una discussione tra i costituzionalisti per cui secondo alcuni si può fare in quanto la presunzione di innocenza degli imputati c’è fino alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione mentre secondo altri non va bene in quanto comunque sono sentenze valide anche quelle dei primi due gradi di giudizio.
Il nostro impegno oggi deve essere quello di fare velocemente la riforma del processo penale, quindi, avviare subito un percorso di discussione con tutti gli operatori della Giustizia, le associazioni e altri soggetti e avendo sempre come riferimento l’idea che dobbiamo riformare la Giustizia nell’interesse dei cittadini.
Tutti, dunque, si devono mettere in discussione.
A parole, infatti, tutti si dicono d’accordo sulla necessità di una riforma ma appena si va a toccare una prassi di qualche categoria scatta la rivolta. Se non si esce da questa dinamica non si riuscirà a riformare il processo.


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