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Coniugare legalità e lavoro; prevenire i reati non solo punire

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento svolto al ANCE sul tema "Presunzione di (non) colpevolezza" (video).

Il Partito Democratico, nella scorsa Legislatura, aveva già fatto una riforma della prescrizione e, rispetto alla discussione sulla modifica attuale, il nostro punto di riferimento sarà la nostra proposta.
Non ci sarà nessun automatismo.
Anche rispetto alle questioni poste da ANCE ci dovrà essere una discontinuità rispetto a ciò che ha fatto il Governo giallo-verde.
Nelle proposte presentate da ANCE ci sono alcuni principi che credo vadano affrontati.
La prima discontinuità riguarda ciò che esplicita il sottotitolo della Guida ANCE alla "Presunzione di (non) colpevolezza", cioè il “Come coniugare difesa della legalità e tutela dei diritti costituzionali”.
Credo, infatti, che debba essere chiaro che legalità e possibilità di far funzionare le aziende non possono essere due principi messi in contraddizione l’uno con l’altro.
Ho sofferto molto nella discussione sul decreto “Sblocca-cantieri” perché molte delle dichiarazioni, oltre che delle norme, erano legate a questo: si è cercato di far passare l’idea che si potevano ridurre le barriere e le tutele alla legalità per aumentare l’efficienza e la possibilità per le imprese di lavorare; cioè si può trasgredire le regole se serve per far muovere l’economia.
Penso che su questo terreno, invece, si debba fare una battaglia comune.
Bisogna agire cercando di fare in modo che non siano in contraddizione i principi di legalità e di efficienza, mettendo in campo anche misure e modifiche alle norme esistenti per impedire che vengano messi in contraddizione questi due principi.
A mio avviso, si può fare: ci può essere la garanzia di legalità garantendo contemporaneamente anche la piena funzionalità delle imprese.
Dentro a questo ragionamento si colloca anche un’altra questione che è emersa dalle proposte e dalle denunce di ANCE e riguarda la tutela delle imprese che vengono coinvolte in inchieste e in interdittive.
Abbiamo già sperimentato in questi anni alcune strade. La strada del commissariamento ha garantito a molte imprese di continuare a lavorare, di mantenere l’occupazione e di non perdere gli appalti.
Credo, quindi, che quando ANCE chiede di allagare l’utilizzo del commissariamento dica una cosa saggia.
Secondo me è utile, occorre però trovare le forme e le modalità per farlo perché bisogna evitare che la giusta richiesta di misure di legalità vada a detrimento del lavoro delle imprese e dell’occupazione.
Un altro tema che voglio affrontare è stato dibattuto già in alcuni interventi e, in particolare da Carlo Nordio, con cui mi trovo molto d’accordo.
Ho parlato di discontinuità e in questo senso intendo dire che dobbiamo uscire da una logica che, nei mesi scorsi, purtroppo ha fatto intendere che legalità e lavoro delle imprese siano due cose contrapposte.
Un altro errore su cui bisogna occorre che ci sia discontinuità rispetto al recente passato è l’idea che sulla corruzione bisogna fare soltanto azioni volte ad aumentare le pene.
Si pensa molto poco alla prevenzione mentre ritengo che questo sia il vero tema da affrontare.
Serve migliorare le norme, magari anche semplificandole, per fare prevenzione, per rendere più difficile la corruzione.
Al Paese interessa poco se mettiamo in galera i corrotti: è giusto mandare i corrotti in carcere ma se creiamo le condizioni affinché ci sia meno corruzione è meglio.
Parlo di discontinuità perché so bene che il decreto “Spazza-corrotti” recentemente approvato, invece, è ispirato all’idea di far vedere che si combatte la corruzione non perché si creano le condizioni perché ce ne sia meno ma perché si puniscono duramente i corruttori.
Così facendo, spesso si crea un disastro.
Faccio il capogruppo del PD in Commissione Parlamentare Antimafia e dai lavori in Commissione è emerso che quella norma è dannosa anche per chi fa la lotta alla mafia.
I Procuratori Antimafia, infatti, spiegano che uno dei maggiori incentivi per avviare le inchieste era legato al fatto che gli imprenditori - che sono molto a rischio, perché la ndrangheta è molto aggressiva rispetto alle imprese - collaborassero. Nel momento in cui si spiega che anche se gli imprenditori venissero a collaborare non avranno nessuna possibilità di avere alcun beneficio, sarà applicata la pena così com’è e in più, quando usciranno dal carcere, non potranno neanche più lavorare, i Procuratori sostengono che è evidente che si creano le condizioni affinché nessuno vada più a denunciare e, quindi, si indebolisce anche la lotta alla mafia.
Dobbiamo, dunque, ribaltare quella cultura a cui accennavo prima basata solo sul punire i reati già commessi.
Personalmente sono più favorevole a combattere l’evasione utilizzando il pagamento elettronico e la tracciabilità che non a punire. Possiamo, infatti, esser tutti contenti di esserci vendicati del corrotto o dell’evasore con delle punizioni esemplari, però, penso che in una società sana il tema debba essere quello di prevenire ed evitare che ci siano reati e danni per la collettività.

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