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L’alleanza Pd-M5s duri il tempo per eleggere il Presidente

Scritto da Giuseppe Sala.

Giuseppe Sala
Intervista del Corriere della Sera.

Si farà il governo?
«Ritengo che si farà. Però da cittadino resto disorientato da certi atteggiamenti che mi sembrano più la difesa di situazioni personali che atti politici. Il mio suggerimento al Pd è di tenere i nervi saldi ma fissare una linea oltre la quale non si può andare».
Beppe Sala è il sindaco di Milano, uno dei leader del centrosinistra, ma nei giorni della crisi la sua voce si è sentita poco. Come mai?
«Mi sembrava giusto che a gestire la situazione fosse il Pd e il suo segretario. Non ho voluto aggiungere la mia voce pubblicamente ma ho parlato con tutti i protagonisti a partire da Zingaretti. Non è un mistero che sia stato tra i primi a chiedere di verificare una possibile convergenza con i Cinque Stelle».
È un’alleanza destinata a durare?
«Mi auguro che duri il tempo utile per eleggere il prossimo presidente della Repubblica. In Italia, in questo periodo storico, il presidente è più importante di qualsiasi premier. Sottolineo: qualsiasi premier. Non solo mi auguro che sia questo governo a eleggere il capo dello Stato nel 2022 ma che ci riporti integralmente nel contesto europeo».
Un’alleanza che smorza i sentimenti anti europei dei Cinque Stelle?
«Sull’europeismo non si scherza. Come non si scherza sul fatto che il nostro alleato naturale siano gli Stati Uniti anche se adesso sono governati da un presidente discutibile. Strizzare l’occhio a Putin è la cosa più sbagliata al mondo. Le dichiarazioni dei Cinque Stelle sul posizionamento in Europa sono un segnale positivo. Sono passati dalla foto con i gilet gialli all’apertura di dialogo con En Marche».
Il suo amico Calenda ritiene però che l’alleanza durerà poco e sarà Renzi a far cadere il governo...
«Con Calenda non ci siamo ancora parlati. Con Renzi stiamo cercando di ritrovare una forma di dialogo costruttivo. Non eravamo nemici e non siamo tornati grandi amici, ma ora ci parliamo costantemente. Per il resto questo non è il momento di polemizzare ma di fare sintesi».
Subito però, in caso di alleanza, gli scogli dell’Iva e della finanziaria...
«Nessuno di noi si augura che il governo nasca solo per bloccare l’Iva e fare la finanziaria, ma per dare il via a una stagione riformista».
Quali riforme?
«Vorrei che si profilasse una nuova stagione municipalista supportata da una nuova agenda urbana. Negli ultimi anni i Comuni hanno fatto meglio dei governi che si sono succeduti. I Comuni hanno ridotto il debito, lo Stato lo ha aumentato. Alla fine del mio mandato Milano ridurrà il debito del 15 per cento, pur avendo investito molto. Dare più poteri ai sindaci significa ripristinare l’equilibrio tra poteri e responsabilità. Noi sindaci abbiamo meno poteri e più responsabilità e ci aspettiamo più attenzione da questo governo».
In che modo?
«Nessuno è contrario all’autonomia ma è assurdo il modo con cui si sia tentato di dare più poteri alle Regioni. Una delle speranze che ripongo in questo governo è proprio il ribaltamento della logica autonomista. Anche i Comuni dovrebbero avere più autonomia».
Lo ritiene possibile?
«Sì. Faccio notare che i sindaci delle più grandi città sono del Pd e dei Cinque Stelle e si possono riconoscere in questo governo. Chiamo a raccolta i colleghi sindaci: lo ripeto serve una nuova agenda urbana».
Il partito dei sindaci?
«Non lo vedo all’orizzonte. Io parlo con Appendino e Raggi, ma se si tenta di fare sintesi, le divergenze verrebbero a galla. Ritengo però che tutti saremmo allineati a lavorare sull’agenda urbana».
Quale altro capitolo c’è nell’agenda delle riforme?
«Credo che la priorità sia ridefinire le responsabilità tra centro e realtà locali. Ritengo ingovernabile un Paese con 8.000 comuni, 80 province, 15 ex province, 14 città metropolitane, 20 regioni. Una macchina infernale, impossibile da gestire. Si diano più poteri ai Comuni e si aboliscano province e si ripensino radicalmente le città metropolitane».
Lo dice da sindaco della città metropolitana?
«Per come anche all’estero intendono le città metropolitane in Italia solo 2 o 3 ne avrebbero i titoli. In ogni caso, si può dare vita a una nuova stagione di governo che lavori alla sburocratizzazione e alla semplificazione degli enti locali».
Pd-Cinque Stelle. Non teme il disagio del Nord?
«Il sistema imprenditoriale del Nord non ha avuto nulla dal precedente governo, solo chiacchiere. Il Nord è concreto. Il nostro compito è ritrovare consenso per una sinistra progressista di governo, partendo dall’assunto che la realtà gestita meglio al Nord è Milano. A Zingaretti suggerisco solo una cosa: il governo riparta dal metodo Milano».
È un metodo replicabile?
«Il punto è capire che il metodo Milano è innanzitutto replicabile per il nostro Paese più che mutuabile nelle altre città. Consiste nella capacità di guardare a lungo termine, di fare con serietà un piano di governo del territorio, nel lavorare bene tra pubblico e privato rispettando i valori di ogni componente della società, dalle università alle imprese e dai lavoratori italiani agli immigrati che spesso fanno i lavori più umili».

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