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Le Caritas sostengono il peso di un’accoglienza che lo Stato non fa più

Scritto da Avvenire.

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Articolo di Avvenire.

Il decreto sicurezza sta facendo aumentare gli irregolari, i cosiddetti "clandestini", a rischio di espulsione, ma che già ora finiscono in strada. Quelli che avevano la protezione umanitaria che non potranno più rinnovare, quelli che non hanno più diritto a entrare nello Sprar, gli espulsi dai Cas, quelli che si vedono respinta la richiesta d’asilo. È la denuncia che fanno le Caritas diocesane, dal Nord al Sud, impegnate ad aiutare quelle "vite nel limbo" che Avvenire sta raccontando in questi giorni, gli immigrati che dopo il decreto Salvini hanno perso il permesso di soggiorno e spesso anche il lavoro.
Una situazione già grave oggi ma «che peggiorerà in autunno. Allora gli effetti negativi del decreto sicurezza saranno più visibili – spiega Oliviero Forti, responsabile Immigrazione di Caritas Italiana –. Noi, su richiesta delle diocesi, ci stiamo preparando a questa situazione promuovendo il progetto finanziato dalla Cei che si chiama "Apri", acronimo dei quattro verbi dell’accoglienza indicati del Papa: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Un sistema di accoglienza territoriale, soprattutto per le persone che non avendo nessun altra possibilità troveranno nelle nostre Diocesi almeno un minimo di supporto. Non partecipiamo ai bandi delle prefetture e lo faremo con risorse nostre. Hanno chiesto ai vescovi di occuparsi degli immigrati e i vescovi lo fanno». E le Caritas diocesane già sono in campo anche a costo, dicono, di «fare obiezione di coscienza al decreto sicurezza», e col rischio di «essere trattate come le Ong, ma di terra».
MILANO. «In questo momento stiamo accogliendo 50 immigrati colpiti dal decreto sicurezza che senza il nostro intervento sarebbero finiti in strada. Questo non è giusto e abbiamo deciso di fare obiezione di coscienza al decreto e di farcene carico, senza risorse pubbliche». Così spiega le iniziativa della Caritas ambrosiana il portavoce Francesco Chiavarini. Anche a Milano, spiega, «tutti gli immigrati che avevano come chance l’umanitaria, ora non hanno più questa possibilità e sono dei potenziali "clandestini". Non basta cancellare con un tratto di penna l’umanitaria, non spariscono. Dovrebbero deportarli. Siccome non è ancora possibile farlo, rimangono e finiscono in strada. Questo non è solo contrario all’umanità ma anche al buon senso. A meno che non si voglia creare apposta tensione e insicurezza». Ed è solo l’inizio. «Gli effetti più gravi – avverte – li vedremo a fine anno, quando scoppierà il bubbone. Ora vediamo solo la punta dell’iceberg».
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