Elezione dei senatori
La sensazione netta e' che i trentacinque senatori (18 piddini) che insistono per l'elezione "diretta" non abbiano ancora capito bene di che si tratta, a proposito del "Senato delle autonomie", e delle sue funzioni. Senno', comprenderebbero che ha senso che i suoi componenti vengano espressi dai livelli istituzionali periferici. Da soggetti, tra l'altro, già' legittimati, in qualche misura, dal voto popolare, seppur locale. Chi vuole invece mantenere il "Senato elettivo" in realtà punta, mi pare evidente, a riconfermare sostanzialmente, magari in una forma un pochino più "soft", il bicameralismo esistente. Sancito dai saggi "costituenti", certo, ma decenni fa - in una società affatto diversa dall'attuale -, tra non poche frizioni interne, a quanto pare. Comunque sia, in argomento, ultimissimamente, e' scoppiata, un poco sfruttata dai "resistenti" antirenziani, la questione dell' "immunità".
Prevista dalla Costituzione per entrambi (ovviamente) i rami del Parlamento. Il dilemma attuale, dunque, e': ha senso applicare un tale istituto anche a membri del Senato (non eletti direttamente, tra l'altro) che esercitano la loro funzione a tempo parziale? E quando costoro agiscono invece in qualità di presidenti, o di consiglieri regionali, oppure di sindaci, che accade? E può mai essere che in un consiglio regionale convivano (ma lo stesso vale per la categoria dei sindaci) soggetti "immuni" e soggetti no? Un bel pasticcio, viene da dire. Eppure, la soluzione non può, io penso, essere la riconferma dello status quo, e pertanto il mantenimento del bicameralismo, pur magari in qualche misura modificato, come dicevo.
Prevista dalla Costituzione per entrambi (ovviamente) i rami del Parlamento. Il dilemma attuale, dunque, e': ha senso applicare un tale istituto anche a membri del Senato (non eletti direttamente, tra l'altro) che esercitano la loro funzione a tempo parziale? E quando costoro agiscono invece in qualità di presidenti, o di consiglieri regionali, oppure di sindaci, che accade? E può mai essere che in un consiglio regionale convivano (ma lo stesso vale per la categoria dei sindaci) soggetti "immuni" e soggetti no? Un bel pasticcio, viene da dire. Eppure, la soluzione non può, io penso, essere la riconferma dello status quo, e pertanto il mantenimento del bicameralismo, pur magari in qualche misura modificato, come dicevo.
Il problema resta, allora, quello dell'immunità (inaspettatamente cara agli stessi grillini, a quanto pare). Sul tema segnalo che il buon Pigi Battista, sul Corrierone, la difende con forza in nome del mantenimento dell'equilibrio tra poteri. E ci ricorda, allo scopo, che la magistratura, non infrequentemente, commette errori. E' vero, ovviamente. Ma, allora, al noto opinionista andrebbe segnalato che, se dagli errori dei magistrati la "casta", col suo potere (e' il caso di portare esempi?) riesce in qualche modo, mediamente, a difendersi, il cittadino comune, invece, no. Pur se la legge e' ovviamente "uguale per tutti ". E dunque? Intendo dire che, pur affatto qualunquista o "populista", io comincio davvero a pensare che l'immunità parlamentare, decisa in un momento storico che la giustificava (l'immediato post fascismo), non ha più senso. Tanto più se si considera che, oggi, un parlamentare non sarebbe mai perseguito per le sue opinioni o per il suo voto espresso in aula. Per non dire delle troppe cattive prove fornite in argomento (lo dico senza generalizzare) dalla "casta".
Orbene, dico chiudendo, se l'attuale presidente del consiglio avesse la forza, oggi, di ottenere dal Parlamento la cancellazione generale dell'immunità, verrebbe assai probabilmente acclamato Imperatore, o Console, o Dittatore dell'Italia.
Ma questo mi preoccuperebbe non poco.