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Quale nuovo Senato?

Scritto da Vincenzo Ortolina.

Vincenzo OrtolinaPer la mia età, e la mia storia personale, non potrei mai essere un renziano "viscerale". Non per nulla, ho votato Bersani, la prima volta, alle primarie del Pd. Ora, però, sto convintamente con il segretario nazionale/presidente del consiglio (un'abbinata che peraltro non gradisco) sul tema della "riforma del Senato", e sulla connessa vicenda Mineo & company. E considero che l'esaltazione, a cura degli "autosospesi", del principio secondo il quale non c'è vincolo di mandato, per gli eletti, mi spingerebbe innanzitutto a domandarmi chi, comunque, ha eventualmente dato mandato a chi, nelle ultime elezioni politiche, se non le segreterie dei partiti.
Certo, il Pd ha fatto le primarie, ma in pieno periodo natalizio... Entrando comunque nel merito della riforma in questione, pur dichiarandomi sostanzialmente un "conservatore" in tema di riforme istituzionali (non accetterei mai, per esempio, una Repubblica presidenziale), io mi sono via via convinto, evidentemente anche in ragione della mia lunga esperienza politico-amministrativo a livello locale, che abbia ragione Stefano Vassallo (che propone peraltro importanti correttivi alla proposta di legge del governo), il quale, su Europa, scrive che: "Oggi più che mai, il superamento del bicameralismo è la madre di tutte le riforme istituzionali. Fino ad oggi è stata sistematicamente affossata da una serie infinita di ipocrisie salva-senatori. Da proposte cioè concepite con il solo obiettivo di perpetuare l’esistenza di un “doppio corpo” di parlamentari a tempo pieno, con pari indennità e status rispetto ai deputati, oltre che di una doppia filiera di strutture burocratiche e uffici di presidenza (di commissione e d'aula).
Mentre l’unica giustificazione ragionevole della seconda camera è che diventi la sede del raccordo tra le istituzioni centrali e quelle periferiche, esattamente come propone il progetto Boschi. Perché questo avvenga, è essenziale che siano mantenuti i «principi non negoziabili» ripetutamente enunciati da Matteo Renzi: senatori non elettivi, non a tempo pieno, senza indennità. Non tanto perché in questo modo si facciano chissà quali risparmi, ma perché così si rende evidente quale deve essere la natura del senato: un organo costituzionale composto da “delegati” delle regioni (come istituzioni) e dei Comuni".
Personalmente contrario a ogni "epurazione", non ho plaudito all'estromissione di Mineo. Ma sono convinto che, se non esiste un vincolo di mandato, colui che è in una commissione parlamentare, questioni di coscienza a parte (che però possono riguardare i temi squisitamente etici), non può che sostenere, quand'anche non la condividesse, la linea maggioritaria del partito. Sennò, si dimette.
La motivazione dei suoi difensori e' che è sacrosanto, su temi così delicati, trovare un accordo più generale, non "imporre" la propria linea. Io non me la sento di entrare, in ogni caso, nelle questioni squisitamente giuridiche (pur segnalando che mi considero per alcuni versi un "conservatore", nel campo istituzionale -non sarò mai propenso a una repubblica presidenziale per esempio- e un legalista, più in generale), ma, ragionando politicamente, considero che: Renzi (parlo bene di lui senza sentirmi renziano ontologico, riconfermo) ha vinto clamorosamente le europee (certo, ci sono anche i grandi meriti del partito in quanto tale, epperò...) sconfiggendo il grave pericolo Grillo. Ha stravinto anche perché, piaccia o no ai vecchi militanti di sinistra (quorum ego), è stato percepito come un politico che, finalmente, davvero cambia qualcosa. Dopo questa vittoria, le aspettative su di lui, e sul partito, sono enormi. Deludesse, la prossima volta sarebbe il trionfo di Grillo. E dunque, certe riforme vanno fatte subito, a partire da quella che riguarda il parlamento. Ma si tratta di una riforma che mortifica il Senato? Punti di vista: io, per esempio, lo ribadisco, mi sono via via convinto che l'ipotesi di una Camera che non sia doppione dell'altra e che rappresenti lo strumento di raccordo tra istituzioni nazionali e istituzioni periferiche possa avere una sua grande dignità, oggi. Ma si poteva arrivare a una mediazione senza scomuniche clamorose, è il refrain dei mineo-chitiani. Già. Ma davvero gli autosospesi pensano che le loro posizioni siano in qualche misura conciliabili con l'obiettivo di ottenere un Senato, così come ha chiarito il citato Vassallo, costruito sui "principi non negoziabili" (ricordandoli di nuovo: elezione non diretta dei senatori, impegno non a tempo pieno, nessuna indennità) enunciati dal "vincente" segretario del partito? Partito che non è una prigione, mi verrebbe da dire, con un pizzico di malignità.
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