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Seconde generazioni, sviluppo per l'economia italiana

Scritto da Stefano Pasta.

Stefano PastaArticolo pubblicato da La Repubblica.
"Seconde Generazioni al Top? Si può fare...". Lo dice Malindu Perera, ventisettenne nato in Sri Lanka ma cresciuto a Milano da quando aveva 11 anni. Porta come esempio la società milanese che ha creato: "Esportiamo alimentari (pasta, oli, aceti) in Asia e ora ci siamo specializzando nei prodotti freschi. Spesso il Made in Italy non riesce a superare barriere linguistiche e culturali; penso allo Sri Lanka: è appena uscito da una guerra, servono infrastrutture e investimenti nel turismo, ma le società italiane faticano a sfruttare queste opportunità. Noi, figli degli immigrati, possiamo fare da ponti e aprire porte in vari settori". Del resto, secondo la Camera di Commercio di Milano, le imprese guidate da stranieri residenti in Italia - senza quindi contare le seconde generazioni con cittadinanza italiana - creano 718 mila posti di lavoro.
Malindu è il presidente del Lotus Club, un'associazione di professionisti e imprenditori appartenenti alla seconda generazione di srilankesi nati o cresciuti in Italia. Spiega: "Vogliamo favorire l'interazione tra le due culture: da una parte riuscire a mantenere le proprie radici sentendosi al contempo pienamente italiani ed europei, dall'altra, promuovere la conoscenza dello Sri Lanka e rafforzarne l'immagine positiva. Insomma, abbiamo un modello simile alla National Italian American Foundation, che da sempre si prefigge di mantenere vive la cultura, le tradizioni e i valori degli italiani negli Stati Uniti d'America...". A causa dell'arretratezza della legge, molti dei membri del Club non hanno ancora la cittadinanza: per esempio, il vicepresidente Sampath, design trentatreenne, nato e cresciuto in Italia, ha ancora il permesso di soggiorno.
Il 6 maggio a Milano, il Lotus Club ha organizzato l'evento "La scalata delle seconde generazioni", rivolto soprattutto ai figli degli immigrati, in cui tre di loro hanno raccontato come sono riusciti a rompere le barriere ed emergere con la propria professione. Secondo John Sheshata, avvocato di origine egiziana di prestigiosi studi internazionali, "la chiave è rendere una risorsa le differenze che potenzialmente potrebbero essere la tua debolezza". Arriva da quest'idea anche il nome del Club: "Come il Fior di Loto, che affonda le radici nel fango e si distende sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da esse risplendente".
Appartenere a più mondi significa essere italiani e qualcosa di più: una lingua di più, una cultura di più, un legame con un paese lontano, quello dei propri genitori e dei propri nonni. John, "figlio di clandestini", è dottorando di ricerca in Economia alla Cattolica di Roma e assiste clienti italiani e internazionali nella gestione dei rischi relativi alla loro attività in Africa, Medio Oriente e Paesi del Golfo, identificando le aree potenzialmente esposte in termini legali e strutturando le appropriate misure preventive. Ridendo, racconta come sia diventato avvocato quasi per caso: "Abitavo a Venezia e volevo fare Lettere, ma la mia famiglia insisteva perché studiassi Legge. Trovammo un compromesso quando mi fidanzai con una ragazza milanese e mio padre acconsentì a farmi venire a Milano a patto di studiare Giurisprudenza alla Bocconi...".
Carla Moldovan invece è arrivata nel capoluogo lombardo a 16 anni, seguendo la madre. Dopo aver studiato all'Università, è ora manager di Extrabanca e spiega: "È una banca italiana innovativa: fatta sia da italiani che stranieri, si rivolge principalmente agli stranieri costruendo per loro prodotti e servizi specifici. In un ambiente giovane e multiculturale, ho potuto sviluppare le mie competenze e capacità professionali e in poco tempo mi sono state date sempre più responsabilità, fino a diventare responsabile dello sviluppo operativo".
Anche Damian Ranasinghe, imprenditore di origine srilankese, ha una storia interessante: è l'ideatore del marchio SOHO, catena di ristoranti e appartamenti di lusso a Genova, Milano, Praga, Caserta, Mosca, con nuove aperture in previsione a Copenhagen, Miami e Colombo. Dice: "Sono nato in Sri Lanka, cresciuto in Italia e ho una personalità che mixa le varie culture del mio background". Dopo una formazione tutta italiana nel campo della ristorazione, dal 1996 Damian diventa operativo con l'amministrazione di un'azienda genovese, passando successivamente alla gestione di uno dei più rinomati brand liguri. "L'esperienza cresce - racconta - e nel 2000 arriva l'apertura di tre nuovi locali, di cui curo l'immagine e il concept.
Dopo il lancio, l'avviamento e la valorizzazione dei brand, i locali sono stati ceduti a partner e ancora oggi sono tra i più ricercati". Nel 2006, Damian fa quella che lui chiama "la mossa giusta alla dama": nasce il "SOHO Restaurant & Fish Work", prima nella riviera di Levante, poi passa i confini liguri verso altre mete. Riassume così la sua strategia: "Curare in ogni minimo dettaglio la start up dei locali, analizzarne lo studio dei costi, cimentarsi con l'applicazione delle nuove tecniche culinarie, scegliere complementi e arredi all'avanguardia per le location, trovare personale qualificato e formarlo, mi fa stare, benché tradizionale nelle radici e italianissimo per cultura, al passo con i tempi in un mondo che è in continua evoluzione...".
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