La legge che punisce il voto di scambio c'è già e funziona

Intervento in Senato durante la discussione del disegno di legge per modificare le norme che puniscono il reato di voto di scambio politico-mafioso.
Ho ascoltato con grande attenzione l'intervento della senatrice Mantovani, a cui voglio dire alcune cose.
Anzitutto, stiamo parlando di un provvedimento, di modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, volto a colpire il voto di scambio politico-mafioso, con l'idea - in questo caso su proposta del senatore Giarrusso - di cambiare una legge che già c'è e che - lo voglio sottolineare - è stata adottata nella scorsa legislatura. Il voto di scambio è già punibile e punito e la legge è stata adottata nella scorsa legislatura (poi riprenderò questo tema).
Voglio tranquillizzare la senatrice Mantovani, ricordandole che ci siamo molto occupati del cosiddetto caso Aemilia nella scorsa legislatura e che abbiamo fatto molto in Commissione antimafia. Voglio tranquillizzarla: nel cosiddetto processo Aemilia non sono indagati e neppure rinviati a giudizio né il sindaco di Reggio Emilia, né - tantomeno - l'onorevole Delrio, nonostante il fango che avete tentato di buttargli addosso negli ultimi anni.
Dico questo non per fare polemica, ma per sottolineare il fatto che forse bisogna smettere di usare la lotta alla mafia per fare propaganda.
Suggerirei di fare attenzione, perché quando si parla di mafia presentando un mondo in cui tutto è mafia, spesso niente è mafia e chi davvero andrebbe perseguito si nasconde nel marasma della propaganda e delle cose che vengono dette.
Suggerirei di riflettere sul fatto che la lotta alla mafia deve unire per essere efficace e non dividere e che noi dobbiamo cercare di unirci e lavorare insieme, dando il segno dal Senato che in questo Paese la politica è unita nel combattere la mafia. Questo dobbiamo fare. Se invece usiamo la mafia per fare propaganda, temo che non rendiamo un buon servizio al Paese e non diamo più forza alla lotta alla mafia.
Ci tenevo a intervenire perché, nella foga della sua illustrazione, il senatore Giarrusso si è dimenticato di raccontare come è nato il provvedimento della cui modifica stiamo discutendo, perché è importante farlo. Quel provvedimento nasce da un largo movimento che, nella campagna elettorale del 2013 lavorò, già prima che noi arrivassimo in Parlamento, per chiedere a molti di noi di impegnarsi per migliorare la fattispecie del reato di voto di scambio, ai sensi dell'articolo 416-ter del codice penale.
Furono raccolte 500.000 firme e noi modificammo l'articolo 416-ter del codice penale esattamente nella direzione auspicata da quel movimento, che sosteneva una cosa semplice, richiamata poco fa dal presidente Grasso. Fino ad allora il voto di scambio veniva punito solo in presenza di soldi dati in cambio di voti e si erano così registrati due processi e due condanne. In realtà il voto di scambio si configurava e - purtroppo - si configura in un altro modo: si danno i voti e si eleggono politici che poi restituiscono in termini di favori: favori in materia urbanistica, nelle scelte del personale e nel settore degli appalti.
L'articolo 416-ter che abbiamo votato nella scorsa legislatura ha introdotto questo mutamento importante, frutto - ripeto - di una mobilitazione, ma anche della capacità del Parlamento (anche se non di tutte le forze politiche, perché non l'abbiamo votato tutti quel provvedimento) di raccogliere quella domanda. Oggi il voto di scambio (favori in cambio di voti) c'è.
Lo si può cambiare. Io non ho nessun dubbio: tutti i provvedimenti possono essere perfezionati. Però io oggi mi faccio una domanda, e dovrebbe farsela anche il senatore Giarrusso: perché oggi le stesse forze, gli stessi mondi e gli stessi magistrati che spinsero perché quel reato fosse modificato ci chiedono di fermarci? Essi ci dicono di fermarci, ci dicono che non va bene, ci chiedono di guardare dentro. C'è un problema fondamentale: l'idea secondo cui per incorrere nel reato bisogna essere consapevoli della mafiosità di chi presta i voti è un'arma a doppio taglio. Come si fa a dimostrare che uno è consapevole della mafiosità, se quella persona non è già stata condannata ai sensi dell'articolo 416-bis? Rischiamo di restringere, rischiamo di allargare le maglie, rischiamo di non punire chi invece il voto di scambio lo realizza. Io penso che su questa cosa si debba riflettere, perché, se diciamo che una persona, per incorrere nel reato di voto di scambio, deve essere consapevole che chi gli propone i voti è un mafioso, ciò vuol dire che quella persone deve dimostrare di non saperlo. Ma, se uno non è già stato condannato per un reato di associazione mafiosa, come si fa? È chiaro che stiamo allargando le maglie, è chiaro che c'è il rischio di allargare le maglie, come è chiaro che equiparare le pene dell'articolo 416-ter con le pene dell'articolo 416-bis mette in campo una lesione costituzionale, perché mette in discussione il principio di proporzionalità della pena.
Ecco, ci sono degli emendamenti e c'è una proposta di ritornare in Commissione. Io sono per prendere davvero in considerazione tali proposte, in nome del ragionamento che ho fatto prima. Siccome non siamo qui a metterci le medaglie di chi combatte di più la mafia rispetto agli altri, ma dobbiamo cercare di fare in modo di costruire le condizioni migliori per combattere la mafia, allora fermiamoci un attimo. Se riteniamo che l'articolo 416-ter vada cambiato, cambiamolo; ma attenzione, perché, se questo cambiamento rischia di depotenziarne la portata, forse è meglio che ci fermiamo un attimo ed evitiamo questo rischio.
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