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Giornata mondiale per i poveri

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani
Articolo pubblicato dal Giornale dei Lavoratori delle Acli.

La scelta di Papa Francesco di istituire una Giornata mondiale dei poveri costituisce un logico corollario delle linee guida fondamentali di questo pontificato come si possono trovare nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, che ne costituisce – come ha attestato autorevolmente il Papa stesso - il vero manifesto.
Naturalmente tutto sta a come verrà vissuta esattamente questa giornata, se cioè la burocrazia clericale e la pigrizia laicale (che così spesso si danno la mano) ne faranno uno dei tanti appuntamenti che stancamente riempiono l’agenda cosiddetta pastorale delle parrocchie, dove spesso sembra che parlare dell’ampliamento del teatro parrocchiale sia più importante dell’annuncio del Vangelo, ovvero se vi saranno occasioni per animare e dare senso a questa scelta coraggiosa che non fa altro che ricordarci quello che Gesù stesso disse ai suoi discepoli: “i poveri li avrete sempre con voi” (Mc 14, 7).
E’ particolarmente intrigante poi il giorno scelto per la celebrazione di questa giornata, ossia la terza domenica del mese di novembre – quest’anno il giorno 19- che nel calendario romano è la XXXIII domenica del tempo ordinario ma in quello ambrosiano, ordinariamente, è la prima di Avvento. Come è noto le lettura della prima domenica di Avvento, in particolare il Vangelo, sono sempre di tipo escatologico, nel senso che descrivono per la voce del Redentore gli ultimi tempi, quelli della ricapitolazione finale della storia umana e del giudizio che ne seguirà. In tal modo, consapevole o meno che ne fosse il Papa quando ha deciso questa data, il suggerimento chiarissimo che ci deriva dalla correlazione fra la nuova ricorrenza e i testi liturgici è questo: fare memoria che i poveri, il modo in cui guardiamo a loro, alle loro sofferenze, alle cause della loro povertà, e quello in cui proviamo a sanare tali sofferenze ( oppure no) sono parte integrante, e forse principale, del giudizio su di noi e sul mondo intero, su quanto siamo disponibili ad abbattere le “strutture di peccato” come le chiamava Giovanni Paolo II oppure le subiamo, o magari le accettiamo.
Di questo modo esigente di intendere la questione dei poveri e della povertà si fa portavoce il Papa stesso nel suo messaggio per questa prima Giornata, in cui scrive che non dobbiamo pensare ai poveri “solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita. Infatti, la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica. E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli”.
In un certo senso, scrive il Papa, anche gli operatori sociali e politici che intendono , in spirito evangelico, mettersi al servizio della causa dei poveri sono chiamati alla povertà.. “Povertà significa un cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali. La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità. E’ la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti".
E questo in un contesto globale, ma anche locale, in cui la povertà e la disuguaglianza sono fenomeni in crescita esponenziale. “Ai nostri giorni, purtroppo, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo. Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. Alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società.”
Si dice spesso che il Papa è rimasto fra i pochissimi leader di livello internazionale ad avere statura morale e credibilità, ed è ovvio che anche queste sue parole, per quanto formalmente rivolte ai cattolici, abbiano una risonanza ben più ampia . In un certo senso, se non sono la base di un programma politico in senso stretto, le affermazioni contenute in questo messaggio sono un orientamento di fondo rispetto alle esigenze sociali e spirituali del nostro tempo.
Però è chiaro che i richiami, le parole di orientamento servono solo se vi sono orecchie disposte all’ascolto, menti pronte al pensiero, cuori aperti ai bisogni del prossimo: in assenza di ciò anche gli appelli ed i concetti più elevati rischiano di andare perduti.
Ecco il campo che si apre davanti alle ACLI e a tutte le realtà laicali che vogliono raccogliere la sfida di questa autentica conversione ai poveri, di questa opzione preferenziale – esplicitamente ribadita dal Papa nel suo messaggio- che deve permeare di sé ogni proposta, ogni azione pastorale e sociale negli anni a venire. Proprio perché i poveri ci giudicano, proprio perché l’azione a favore del prossimo costituisce la base del giudizio escatologico non tanto sulle “opere buone” da noi compiute (che pure hanno la loro importanza) ma sulla società che vogliamo costruire, allora è bene rimboccarsi le maniche fin da subito e fare sempre più e sempre meglio di quello che già facciamo.
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