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Congresso come opportunità per il futuro dell’Italia

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Articolo pubblicato da L'Unità

Il Partito Democratico, nonostante le vicissitudini travagliate delle ultime settimane, è solido. Il peso reale della scissione nessuno l’ha valutato per ciò che è: sono usciti dal PD alcuni esponenti dei gruppi dirigenti ma non c’è una grande una uscita di persone dal partito.
La scissione, inoltre, è stata rappresentata come il fallimento del progetto del PD; si è cercato di accreditare l’idea che, siccome uscivano persone che venivano quasi tutte dalla storia della sinistra, al Partito Democratico sarebbe mancato il contributo della sinistra ma non è così: Maurizio Martina, Andrea Orlando, Piero Fassino sono parte di quella storia.
Al momento, quindi, il PD è ancora l’unico grande partito che c’è in Italia, che ha iscritti e che discute e il Paese non potrà prescindere dal PD neanche nei prossimi anni. Alla luce di questa considerazione, il congresso del PD deve diventare un’opportunità per il partito, ma può diventarla anche per il Paese.
Dopo la sconfitta nel referendum costituzionale e la dolorosa fuoriuscita di alcuni, si tratta per noi di resistere alla tentazione di trasformare la discussione in una semplice conta interna con la testa rivolta indietro e impegnarci a guardare avanti e immaginare il futuro che vogliamo per questo Paese.
L’appuntamento del Lingotto voluto da Renzi è stato importate perché ha mandato un segnale forte in questa direzione, mostrando che si ripartiva dal progetto originario del PD, inaugurato da Walter Veltroni dieci anni fa, con cui si era disegnata un’idea di Paese e di riformismo attorno a cui si era riusciti ad aggregare e rappresentare mondi e culture diverse.
La scelta di Renzi di ripartire da lì, quindi, ha raccontato la volontà di rilanciare quel progetto riformista, di centrosinistra e di guardare al futuro e sono tornate anche molte persone che a quel progetto hanno creduto e per cui hanno lavorato in questi anni. A Torino sono stati tre giorni di lavoro, di approfondimenti, di confronto tra proposte anche diverse tra loro e sono state coinvolte competenze, territori, amministrazioni e i gruppi parlamentari.
Adesso il compito del PD è di cercare di fare bene il Congresso e le primarie, parlando del Paese, mostrando delle proposte e la vitalità che c’è nel Partito Democratico. L’obiettivo è quello di motivare una partecipazione ampia e penso che Renzi abbia ancora la fiducia di gran parte dei nostri elettori.
Le difficoltà di oggi, però, non devono e non possono farci abbandonare una scelta: quella di sostenere un necessario progetto riformista vero e profondo di cambiamento della politica italiana, di valorizzazione dei talenti del Paese e di ricostruzione di un rapporto, ormai logoro, di fiducia tra i cittadini e le istituzioni.
L’idea che Matteo Renzi ha rappresentato e rappresenta, che ha segnato positivamente i mille giorni del suo Governo e continua a essere il cuore del Governo Gentiloni, resta valida: è l’unica in campo che può dare prospettive ai giovani e all’Italia.
La sconfitta della Riforma Costituzionale non può essere sottovalutata, quella proposta di modernizzazione del Paese era, e deve restare, il cuore del nostro progetto. Ma, al tempo stesso, dobbiamo superare le timidezze che ci impediscono di valorizzare le tante cose importanti fatte dai nostri Governi in campo economico, sociale, sul terreno dei diritti e del funzionamento della Pubblica Amministrazione.
Le cose fatte in questi anni hanno valore in sé ma, soprattutto, sono i primi mattoni di una costruzione riformatrice che vogliamo proseguire sapendo che il quadro è cambiato rispetto a quando Matteo Renzi tre anni fa vinse il congresso.
Allora sostenemmo una proposta che, dopo il risultato elettorale del 2013, ci poteva far tornare in sintonia con il Paese. Una proposta che lui incarnava benissimo, di cambiamento, di rottura con le politiche del passato. Dopo mille giorni a capo del Governo, Matteo Renzi viene presentato e percepito – proprio per la funzione che ha bene assolto – come il rappresentante di quell’establishment, che oggi in tutto il mondo viene vissuto male.
Non poteva essere diversamente, e questo è un primo nodo che dobbiamo affrontare insieme al congresso per ridare forza al progetto del PD e a Matteo Renzi. Inoltre, serve anche aprire una riflessione sul tema delle diseguaglianze. Nonostante le tante cose fatte sulla stabilizzazione del lavoro, sulla redistribuzione del reddito (con gli 80 euro) e sulla povertà, questo resta un nodo irrisolto su cui le opposizioni hanno poggiato una descrizione disperata e fallimentare del Governo e del Paese. Per questo la nostra proposta riformista deve farsi carico della necessità di riconoscere come prioritario il tema del superamento delle diseguaglianze, della lotta alle povertà, delle periferie sociali dove incertezza, degrado e solitudine producono paure e una permeabilità evidente alle parole d’ordine delle forze populiste.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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