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Commissione di Inchiesta sui femminicidi

Scritto da Emilia De Biasi.

Emilia De Biasi
Intervento in Senato durante la discussione sull’istituzione di una Commissione di Inchiesta sui femminicidi.

Trovo più che opportuno procedere all'insediamento di una Commissione d'inchiesta sul fenomeno del femminicidio, non soltanto perché si tratta di un fenomeno ormai pervasivo, quotidiano, molto italiano, di donne italiane e di uomini italiani. Questa è la prima considerazione. Ritengo che si debba indagare in profondità, perché c'è qualcosa di antropologico, assai complesso e non ancora sufficientemente indagato, credo neanche dalle discipline scientifiche e dalla psicanalisi. Cosa porta un uomo a considerare una donna una completa e totale proprietà, più di un animale, più di una cosa?
Penso infatti che nessuno uccida il proprio cane e che nessuno uccida il proprio gatto; però tante sono le donne che vengono uccise.
Questo è un punto drammatico e dolente, su cui forse sarebbe necessaria un'analisi più attenta della struttura della famiglia, della vergogna del tenere tutto nel privato, della vergogna sociale, della solitudine e - perché no? - della connivenza. Sono tutti elementi che andrebbero guardati con maggiore profondità. Dico connivenza, perché penso che tutti noi siamo rimasti molto colpiti - almeno io l'ho trovato incredibile - dal caso della ragazza a cui il fidanzato ha dato fuoco e che l'ha difeso strenuamente, dicendo che non era stato lui.
Trovo incredibile il caso di quella madre - è capitato a me in una trasmissione televisiva - la cui figlia è stata uccisa con 37 coltellate a Venezia qualche anno fa, che in televisione ha detto: «Io lo perdono, perché lui la amava».
Allora c'è qualcosa di più che credo dovrebbe interessare l'educazione, invece di tanta inutile ideologia sul gender, tante parole a vuoto, tanto «bla bla» per fare accuse sul piano ideologico. Forse varrebbe la pena ragionare su che cosa significa educare i bambini alla cultura del rispetto reciproco e che cosa vuole dire essere oggi genitori di questi bambini, che magari crescono e che per 80 euro fanno ammazzare da un amico il genitore.
Qualcosa non funziona, Presidente: è qualcosa di molto, molto più profondo.
Questa problematica riguarda molto da vicino la sanità e i temi della salute e non solo della salute mentale. Io sono di vecchia scuola e non ritengo che vi sia la sindrome del mostro, perché la nostra non è una società piena di mostri, ma una società piena di gente convinta evidentemente che certe cose si possano fare e che non succeda niente se si fanno.
Quella ragazza contro cui il fidanzato ha gettato l'acido, una candidata a miss Italia, una ragazza bellissima - poteva essere anche bruttissima, nel caso era bellissima - ha fatto solo l'errore di fidarsi e di essere d'accordo ad eliminare i 50 metri di distanza imposti dalla legge sullo stalking. Il prezzo di questo atto di fiducia è stato probabilmente la sua vita.
Tutto questo riguarda sicuramente la sanità. Pensiamo a tutte le donne che passano da un pronto soccorso, perché è questo che succede. Le donne vanno in un pronto soccorso, dove non sempre c'è la formazione che dovrebbe esserci: molti sono per fortuna gli esperimenti in campo, ma bisogna fare molto di più per formare gli operatori sanitari sul tema dell'emergenza affinché possano individuare il caso di violenza - infatti non è neanche detto che il caso di maltrattamento o di violenza venga individuato - e poter inviare così la donna ai centri antiviolenza. Il passo precedente è quello che oggi manca ufficialmente.
Spero che la Commissione d'inchiesta possa aprire una finestra anche su questo per verificare lo stato dei pronto soccorso, dell'emergenza e urgenza esattamente sul piano della formazione degli operatori, perché questa è la strada.
L'ISTAT ci dice che solo il 5 per cento delle donne si rivolge a un centro antiviolenza, ma sappiamo anche che nei pronto soccorso le donne maltrattate hanno delle caratteristiche comuni: hanno crisi di panico, cefalee croniche, dolori pelvici cronici. È una statistica brutale, ma anche questa è una statistica.
Non sempre queste donne raccontano le storie di violenza, ma la formazione degli operatori potrà fare in modo che il fenomeno emerga nel modo più umano possibile, perché qualcosa si sta facendo con le Forze dell'ordine, nei pronto soccorso e nell'emergenza e urgenza. Forse dobbiamo potenziare di più gli interventi.
Signor Presidente, i dati offerti dal Policlinico e dal pronto soccorso della clinica Mangiagalli a Milano rilevano che dal 2015 al 2016 c'è stato un incremento dei casi di violenza e maltrattamenti domestici da 304 a 1.037. Al pronto soccorso del Policlinico si è passati dai 178 del 2015 ai 419 del 2016. È un'enormità, e parliamo di un luogo in cui c'è monitoraggio. Ma in tutti quei luoghi in cui il monitoraggio invece non c'è? Che cosa sappiamo? Che cosa sarà di queste donne?
Non sono d'accordo nel dire che la donna è un soggetto debole. Non è così. Però le donne vengono brutalizzate con una violenza fisica e psicologica, ma questo non vuol dire debolezza. Ciò può forse significare debolezza e sordità della società, della politica e anche un po' delle istituzioni.
Signor Presidente, è per questo che mi auguro che questa Commissione di inchiesta possa avviare una fase di monitoraggio. Penso che il Ministero della salute debba fare la sua parte e occuparsi molto della formazione degli operatori.
Infine, vorrei dire che questa Commissione di inchiesta ha anche il dovere, secondo me, di indagare sulla parte maschile, rispetto alla quale non si fa proprio niente. Cosa succede a un uomo che commette un femminicidio? Che tipo di trattamento gli viene applicato in carcere? Ci sono metodiche e studi straordinari che sarebbe ora che entrassero a pieno titolo nelle istituzioni. È un problema che riguarda la sanità, le donne e profondamente anche gli uomini perché quella violenza, quella forza brutale - che è peggio di quella animale perché è ancestrale - è un fenomeno rispetto al quale, se non lo combatteremo, faremo fatica a dirci un Paese civile.

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