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Italia e PD: prospettive post-referendum

Scritto da Enrico Borg.

Enrico Borg
Tratto da un intervento svolto al Circolo PD Rigoldi-Niguarda (video).

C’è l’esigenza di riflettere sul post-referendum. Non tutto il PD era allineato sulla proposta di Riforma Costituzionale ma ora portiamo a casa una sconfitta coente, senza mezzi termini.
Le ragioni di questa sconfitta sono tante così come tanti sono sicuramente anche gli errori che sono stati fatti lungo il percorso ma credo anche che tutto debba essere inquadrato in un contesto generale che riguarda una tendenza oramai in atto da tempo e che coinvolge anche il resto dell’Europa e del mondo.
Gli ultimi esempi di ciò sono la vittoria della Brexit e la vittoria di Trump.
La situazione globale, quindi, è sicuramente molto complessa e noi, come PD, dovremo rimboccarci le maniche.
Da diversi anni, il Partito Democratico si è assunto l’onere e la responsabilità di farsi carico dei problemi del Paese. Qualche volta abbiamo assunto dei ruoli di responsabilità anche quando, magari, avremmo potuto fare scelte diverse e più appaganti dal punto di vista elettorale.
Per il bene del Paese, quindi, sono state fatte diverse scelte, alcune dall’esito più felice e altre meno.
Abbiamo concluso un percorso di Governo con il Presidente del Consiglio che è stato il nostro Segretario Renzi, che ha messo in cantiere e realizzato molte opere importanti. Dal nostro punto di vista, quindi, il segno è più che positivo. Purtroppo, molto di questo lavoro non ha dato i frutti sperati. Questo, a mio avviso, è avvenuto perché oggi esistono dei problemi strutturali di natura mondiale che vanno anche al di là delle responsabilità delle singole forze politiche. C’è una crisi che ormai da otto anni ha colpito in maniera feroce le nostre società e rispetto alla quale è difficile dare delle risposte.
La stessa sinistra è in crisi a livello mondiale: non ha prodotto altre risposte concrete ai problemi che non fossero quelle valide fino al Secolo scorso ma che oggi risultano insufficienti. È difficile anche trovare nuove risposte: siamo di fronte ad un cambiamento epocale dovuto alla globalizzazione che, se da un lato, ha fatto sì che miliardi di persone abbiano visto migliorare le proprie condizioni di vita, dall’altro lato, coloro che prima erano avvantaggiati dallo scambio ineguale a livello mondiale, si sono trovati in crisi e si tratta soprattutto delle classi medie e povere.
C’è, quindi, un problema generale di disuguaglianza. Per la prima volta, ad esempio, le future generazioni non hanno davanti una prospettiva rosea o di miglioramento rispetto alla generazione precedente.
Oggi, il vento della protesta e del ribellismo soffia comunque contro chiunque governi.
La difficoltà sta nel cercare di capire quali sono le ragioni e molte volte sono ragioni reali.
La perdita del potere d’acquisto, la perdita del lavoro, la perdita del futuro per molti sono problemi enormi che chiedono risposte che sono difficili da trovare, soprattutto per chi non vuole porsi sulla scia della demagogia.
Sappiamo benissimo, infatti, che non esistono risposte facili.
Per chi è abituato soltanto ad urlare e dire No, è sicuramente più facile.
Credo, quindi, che questo sia il compito che ci aspetta.
Mi auguro che quello che è avvenuto non sia un ritorno indietro anche per noi in Italia. La mia grande preoccupazione, infatti, è che con la vittoria del No si rischi di tornare indietro di parecchio, all’epoca del proporzionalismo, della deresponsabilizzazione delle forze politiche, della proliferazione di partitini in cui ciascuno si spartisce il suo e poi nessuno è responsabile di niente e, quindi, del via alla spesa pubblica improduttiva.
Rispetto al sistema elettorale qualcosa è stato detto all’Assemblea Nazionale del PD. Credo, però, che sia anche giusto mantenere quella che era la ragione fondante del nostro partito: siamo nati come partito che doveva unire, includere sensibilità e anime diverse. Questo era la vocazione maggioritaria, non la presunzione di voler fare da soli ma la giusta visione di ciò che stava avvenendo e la necessità di coagulare attorno a sé altri che la pensavano in modo diverso e che avevano storie diverse ma in grado di trovare poi dei momenti di sintesi comune.
Credo, quindi, che vadano anche un po’ ridiscusse le regole del gioco perché in un partito penso che un minimo di regole ci debbano essere e anche coloro che dissentono o hanno opinioni diverse, alla fine, debbano allinearsi alle decisioni prese a maggioranza. Questo, purtroppo, non sempre è avvenuto e auspico, invece, che da qui in avanti ci sia un percorso di grande impegno ma anche di grande responsabilità da parte di tutti.
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