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Un sì per cambiare l'Italia

Scritto da Piero Fassino, Franco Mirabelli.

Fassino Mirabelli ValliniLo scorso 16 novembre Piero Fassino ha partecipato ad alcune iniziative sul territorio milanese.
Segnaliamo i video degli incontri che ha svolto a Settimo Milanese (video) e a Milano (video).

Segnaliamo inoltre i video di alcune iniziative svolte sul territorio pavese in sostegno del sì al referendum: video degli incontri svolti da Franco Mirabelli a Pavia e a Cava Manara con Giuseppe Villani (video).

Intervento di Franco Mirabelli a Settimo Milanese.
Stiamo facendo una discussione sulla riforma costituzionale che concerne le regole generali e il funzionamento delle istituzioni.
La vicenda inerente gli stipendi dei parlamentari è materia che si inscrive nell’ambito della riforma costituzionale e non si regola con leggi ordinarie. Nelle scorse settimane c’è stato un tentativo strumentale da parte del Movimento Cinque Stelle di inserire nell’ordine del giorno dei lavori della Camera un testo che riguardava questa questione, con uno scopo propagandistico perché l’intento era dire che la riforma costituzionale non serviva a ridurre i costi ma era sufficiente il loro disegno di legge (come se la riforma servisse solo ad abbassare i costi della politica).
La riforma costituzionale sicuramente aiuta a ridurre i costi della politica con l’eliminazione dei 315 senatori stipendiati, con l’abolizione del CNEL, con il tetto agli stipendi dei consiglieri regionali (che non possono superare lo stipendio del sindaco del Comune capoluogo) e un tetto al funzionamento dei Consigli Regionali stessi ma all’interno vi sono contenute anche altre norme utili per il Paese. La revisione del Titolo V, ad esempio, semplifica la vita di imprese e cittadini togliendo le materie concorrenti e restituendo allo Stato le competenze di alcuni ambiti, evitando così che vi siano da inseguire regolamenti diversi per ogni singola Regione o che gli attestati professionali conseguiti in un territorio non siano validi in un altro.
Sulla vicenda delle Regioni a Statuto Speciale, invece, ci sarebbe piaciuto poter metter mano. In generale sarebbero da rivedere le Regioni, anche perché alcune sono molto piccole e hanno addirittura meno abitanti dell’area milanese.
Con la riforma, comunque, viene stabilito che la clausola di supremazia statale vale anche per le Regioni a statuto speciale.
Un esempio pratico riguarda la sanità, oggi ogni Regione fa a sé e questo significa non garantire che ci sia per tutti il diritto alla salute, tanto che spesso le persone del Sud vengono al Nord per curarsi; con la riforma potrà intervenire lo Stato per fare in modo che questo diritto venga garantito ovunque su tutto il territorio nazionale.
Il fronte del No sta cercando di discutere d’altro perché evidentemente sul merito ha poco da dire. Tra le tante cose si sente chiedere anche se non ci siano altre priorità rispetto alla riforma costituzionale. La realtà è che, comunque, mentre si è fatta la riforma costituzionale ci si è occupati anche delle altre questioni: ora con la Legge di Bilancio ci si sta occupando delle pensioni minime, dell’anticipo dell’uscita pensionistica, si metteranno 2 miliardi in più sulla Sanità (dopo molti anni di tagli), si tornerà ad assumere sui comparti della Sicurezza. Si fanno, quindi, una serie di cose utili per il Paese.
Ma anche la riforma costituzionale ha un impatto immediato sulla vita delle persone e delle imprese, responsabilizzando lo Stato dove le Regioni non ce la fanno. Facendo tornare allo Stato alcune competenze che non ha senso che restino alle Regioni si risolvono parecchi problemi.
C’è poi un’altra ragione per fare questa riforma costituzionale, che ormai è stata rimossa dalle discussioni ma che è fondamentale: in Italia c’è un problema democratico perché ormai vota soltanto quasi il 50% dei cittadini perché c’è una sfiducia diffusa nell’operato delle istituzioni e sulla credibilità della politica. Oggi è nostro dovere mostrare che la politica ha capito questa situazione ed è in grado di cambiare se stessa e le istituzioni.
Per questo facciamo la riforma costituzionale.
Chi evoca svolte autoritarie deve rendersi conto che oggi il problema democratico in Italia c’è già e va riscritto un patto tra i cittadini e le istituzioni e lo si può fare se le istituzioni ricominciano a funzionare.
Questi sono i temi e di fronte a questi temi o si vota sì e si fa la riforma o si vota no e si lasciano le cose come sono ora. Votare no significa dimostrare di non essere in grado di saper cambiare e lasciare le cose esattamente come sono adesso e, con un’eventuale vittoria del No, ci resteranno per molto tempo.
Votare no, quindi, significa perdere un’occasione per ridare slancio al nostro Paese e forza alla nostra democrazia. Per questo io il 4 dicembre voto sì.
Video dell’intervento»
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