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Lotta alle mafie

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento alla Festa PD di Genova.

Dal percorso che stiamo facendo in Commissione Antimafia da tre anni a questa parte abbiamo acceso un focus proprio sulle mafie al Nord e su come si stanno radicando in questi territori e abbiamo notato che c’è il rischio di una sottovalutazione della presenza delle mafie nel nostro Paese. Le inchieste mostrano una criminalità organizzata che è cambiata rispetto all’immagine che abbiamo in mente e si sta insediando nei territori del Nord e nell’economia. Inoltre, è una mafia (in particolare la ‘ndrangheta) che si vede poco e, quindi, non si crea allarme sociale rispetto al mondo dei professionisti e dei colletti bianchi, che arricchiscono le mafie intervenendo sulle fatturazioni.
Eppure, oggi, la ‘ndrangheta è prevalentemente questo: è il tentativo di entrare nei Consigli di Amministrazione, di condizionare l’economia.
Per l’idea errata che si ha delle mafie, però, non c’è allarme sociale. La percezione che ha l’opinione pubblica (e anche la politica) è molto distante da ciò che è la realtà e dal fatto che siamo di fronte ad un fenomeno molto pericoloso e pervasivo anche al Nord.
Guardando anche solo ai condizionamenti che cercano di avere le mafie sull’economia, occorre capire che si sta parlando di un elemento che condiziona la qualità della nostra democrazia. Se un pezzo di economia legale viene condizionata in maniera così forte dalla criminalità organizzata è evidente che c’è un problema.
Grazie al lavoro della Commissione Antimafia, grazie a chi lavora sul campo e grazie a chi è avvertito di questo tema, alcuni provvedimenti sono stati presi. È importante, infatti, cercare di capire come sono fatte le mafie e, di conseguenza, come possiamo adeguare la nostra legislazione per contrastarle di volta in volta.
Da questo punto di vista, in questa legislatura, abbiamo fatto alcuni passi importanti sul fronte della lotta alla corruzione. La corruzione è un cancro del nostro Paese che condiziona l’economia e molto altro ma in questa legislatura è stata fatta una nuova legge per contrastarla (con cui si sono alzate le pene e si sono forniti una serie di strumenti utili), è stata istituita l’Autorità Nazionale Anti-Corruzione presieduta da Cantone (che funziona e che ha il merito di guardare gli appalti prima che vengano assegnati e che si verifichino i reati, soprattutto nelle grandi opere), infine abbiamo costruito un modello di intervento contro le infiltrazioni mafiose - concretizzatosi con Expo - che viene utilizzato ed esportato anche altrove. Sicuramente quel modello è migliorabile ma è il primo che ha costruito un rapporto inter-istituzionale, una modalità di intervento sui cantieri con controlli e verifiche e la definizione delle interdittive che ha prodotto l’allontanamento di 92 aziende dai lavori di Expo perché riconosciute in qualche modo come in odore di mafia.
Oggi tutto quel lavoro è diventato un modello e non a caso oggi si pensa a questo anche quando si parla di ricostruzione post-terremoto nel Centro Italia, così come è già stato fatto per il post-terremoto in Emilia.
Abbiamo, quindi, una criminalità molto forte ma abbiamo anche la capacità di mettere in campo misure concrete che riescono a contrastarla, combatterla e spero per il futuro – come diceva Falcone – anche di battere le mafie.

Oggi, la questione fondamentale è capire le mafie al Nord, perché ci sono e che ruolo svolgono.
Al Nord ci sono i soldi e le imprese da aggredire e le mafie sono interessate. Gli appalti pubblici al Nord interessano solo marginalmente alle mafie. Questo lo mostrano le inchieste lombarde ed emiliane, così come mostrano che in un pezzo del Nord sono gli stessi imprenditori a cercare la mafia.
Ci sono, infatti, imprenditori che vengono rinviati a giudizio con l’accusa di associazione mafiosa perché evidentemente collusi con la mafia, da cui hanno avuto favori per poi diventarne vittime, ma non hanno mai ammesso né denunciato nulla. C’è, quindi, un clima di omertà.
C’è poi un problema di come reagiscono anche gli Ordini Professionali di fronte a questo problema.
Recentemente c’è stata una retata in Liguria e anche in altre città del Nord Italia che ha riguardato i commercialisti perché oggi la mafia fa i soldi attraverso le false fatturazioni.
Il punto è come reagisce la politica di fronte a questo scenario.
Oggi, Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, non dice più che “la mafia non esiste”, però, l’opinione è che la mafia esiste ma se ne devono occupare la magistratura e le forze dell’ordine, non le Commissioni Antimafia.
A mio avviso questo è un segnale del fatto che non si è capito nulla di ciò che sta succedendo.
Se, infatti, il quadro è quello che ho raccontato occorre anche che ci sia una società che ne prenda coscienza (a partire da Ordini Professionali, imprenditori, scuola) e si formi una cultura, altrimenti non si riesce a contrastare la mafia.
La delega ai magistrati e alle forze dell’ordine su questo tema non è sufficiente a risolverlo.
La politica può sempre fare meglio ma in questa legislatura molte cose sono state fatte, anche sulla spinta delle associazioni. Ricordo, infatti, che all’inizio portavamo tutti i braccialetti bianchi della campagna “Riparte il futuro” e ci eravamo impegnati a modificare la legge sul reato di voto di scambio politico-mafioso (facendolo applicare anche per voti in cambio di favori e non più solo per voti in cambio di denaro) ed è stato fatto.
È stato posto il tema dell’autoriciclaggio ed è stata fatta la legge.
È stato posto il tema del falso in bilancio ed è stato reintrodotto il reato.
È stato posto il tema degli appalti e della corruzione ed è stato fatto un nuovo codice degli appalti.
In tutto questo, la Commissione Antimafia ha svolto un ruolo importante.
La Commissione Antimafia, infatti, ha portato nelle Aule parlamentari una serie di Relazioni poi approvate e alcune sono state tradotte in proposte di legge, come quella riguardante la riforma delle norme per la gestione dei beni confiscati.
Anche il documento che è stato inviato in Europa sulla questione dei beni confiscati è nato in Commissione Antimafia ed è stato approvato poi dal Parlamento. In quel documento si segnalava che in Italia vige la legge per colpire i patrimoni dei mafiosi ma in altri Paesi europei non c’è e, quindi, si rischia di vanificarne gli effetti se poi i criminali vanno ad investire altrove.
Nei mesi scorsi, la Camera dei Deputati ha approvato la legge riguardante la riforma delle norme per la gestione dei beni confiscati e il testo che ne è uscito è positivo. Al momento, purtroppo, siamo ancora in assenza di una risposta ai Comuni che hanno in carico i beni confiscati e che non hanno le risorse per sistemarli e rimetterli a disposizione della collettività e, su questo aspetto, occorre intervenire, migliorando il testo di legge. Se si riesce ad aggiustare questo aspetto al Senato in tempi brevi, si può ottenere un’ottima legge e magari entro la fine dell’anno si può arrivare all’approvazione definitiva.
L’approvazione della riforma delle norme sui beni confiscati comporterebbe dei risultati importanti sulla modifica del funzionamento dell’Agenzia dei Beni Confiscati, renderebbe più efficace la confisca delle aziende e porterebbe a mettere a disposizione della collettività un numero enorme di immobili che vengono sequestrati e, invece, oggi restano a marcire perché tanti piccoli Comuni non hanno i soldi per sistemarli.
Questa oggi deve essere la nostra priorità su cui lavorare.


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