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Il governo all'assalto della cultura

Scritto da Dario Franceschini.

Intervista di Repubblica a Dario Franceschini.

"La cultura è un terreno che dovrebbe essere tenuto fuori dagli scontri politici perché è un patrimonio comune del Paese, è la nostra carta d'identità nel mondo. Per questo mi preoccupa quel che ho visto nell'ultimo anno: ritenere che chi governa debba nominare solo fedelissimi è sbagliato e rischia di rivelarsi un boomerang". Lo dice a Repubblica l'ex ministro della Cultura Dario Franceschini, intervenendo sulla vicenda del Museo Egizio di Torino.
"Non sanno di cosa parlano - esordisce - La nomina del direttore non spetta al ministro, che quindi non lo può neppure cacciare, ma al Cda della Fondazione, che ha al suo interno pubblico e privato. Durante il governo Draghi abbiamo fatto il primo G20 della Cultura al Colosseo e a parlare a nome dell'Italia è stato chiamato proprio Greco. In quel governo c'era pure la Lega, forse se ne sono dimenticati".
Sulle mosse della destra rispetto alla cultura "il primo segnale è stato il Centro sperimentale di cinematografia". Poi un atto "per riscrivere interamente la struttura del ministero. Dovranno essere rinominati 200 dirigenti. Qui si procede a colpi di interventi legislativi, una forzatura, per circondarsi non delle persone migliori, ma di quelle più affini politicamente. La destra si è sentita emarginata per tanti anni e ora immagina di potersi riscattare in questo modo. È grave. Noi abbiamo nominato direttori sia italiani che stranieri senza mai guardare all'orientamento politico. Ho confermato al Vittoriale Giordano Bruno Guerri. Agli Uffizi ho nominato Eike Schmidt, che ora la destra vuol candidare sindaco. Premiare la fedeltà a scapito della qualità non funziona mai - conclude - Gli artisti sono per natura liberi, reagiscono se cerchi di imbrigliarli".
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