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Le Riforme sono la nostra missione

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento in Senato durante la discussione della riforma del bicameralismo (video).

Presentare la scelta di riformare le istituzioni e la seconda parte della Costituzione come un’esigenza di parte, del Partito Democratico o della maggioranza, dettata da oscure ragioni o, peggio, da una irresistibile vocazione autoritaria, significa falsificare la realtà.
Durante la discussione di questa riforma, ho sentito nobili e importanti richiami alla storia del nostro Paese e alle vicende che segnarono il lavoro della Costituente. A fronte di una memoria attenta e viva per ciò che è avvenuto 70 anni fa, però, noto una difficoltà di ricordare ciò che è successo solo due anni e mezzo fa.
Si dimentica, infatti, che in seguito ad un risultato elettorale che non aveva prodotto una maggioranza chiara di governo e, soprattutto, di fronte all’evidente crisi di rapporto tra cittadini e politica, alla sfiducia crescente nelle istituzioni, all'acutizzarsi di una vera e propria crisi della nostra democrazia, il Parlamento - con una maggioranza molto ampia - ha ritenuto di fare di questa legislatura una legislatura dedicata a riformare le istituzioni e a ricostruire il rapporto tra cittadini e democrazia.
Stiamo, quindi, facendo ciò a cui ci richiamò il Presidente Napolitano e a cui ci ha richiamato anche il Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento.
Stiamo facendo ciò che tutte le forze politiche da sempre dichiarano necessario e ciò che tante maggioranze, anche in passato, hanno tentato vanamente di fare.
Questo è il motivo per cui stiamo discutendo di riformare le istituzioni, sapendo che non sarà sufficiente e che bisogna anche cambiare la politica e i partiti per ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini (e pure su questo fronte siamo impegnati) e, soprattutto, serve rimettere le istituzioni nelle condizioni di dare risposte ai cittadini.
Occorre, quindi, modernizzare le istituzioni.
Se si rompe il patto tra cittadini e Stato - che oggi è in crisi - e se lo Stato appare ai cittadini come un ostacolo e non una risorsa, si rischia che parole come “democrazia” e “libertà”, che ho sentito più volte citare con passione, perdano di senso.
Proprio nella scelta fatta due anni fa di fare di questa legislatura una legislatura costituente sta anche la ragione per cui non è strano, né tanto meno illegittimo, l'intervento del Governo.
D'altra parte, guardando ai fatti, di fronte alle 134 modifiche al testo del disegno di legge approvate nelle due precedenti letture, sono evidentemente strumentali le accuse di chiusura e di arroganza verso il Governo e la maggioranza parlamentare.
Abbiamo provato e stiamo provando a realizzare un'ampia condivisione e lo dimostra il fatto che il testo della legge, nella scorsa lettura, sia stato approvato da una maggioranza più ampia di quella di Governo.
La stessa scelta di chiedere ai cittadini di esprimersi con il referendum dovrebbe tranquillizzare chi sta presentando questa riforma come un colpo di mano antidemocratico.
Molto è stato detto ma credo che sia utile tornare su alcuni punti della discussione.
Nel corso della discussione che c’è stata, molti hanno parlato di svolta autoritaria, di un sistema che mette tutto nelle mani del Premier.
Non è così, la riforma in discussione ora non mette mano alla forma di governo.
Questa è anche la differenza di fondo rispetto alla riforma proposta nel 2005.
Nella legge che stiamo discutendo non c’è alcun allargamento dei poteri del Presidente del Consiglio.
Trovo stupefacente che Forza Italia e Lega continuino ad insistere su questo punto, nascondendo il fatto che la loro riforma del 2005, che non era affatto uguale a quella che stiamo discutendo, rafforzava i poteri del Premier, fino a dargli il potere di sciogliere le Camere e di comandare i Ministri, non più solo di coordinarli.
Nessuna svolta autoritaria e nessun Premier forte, quindi, nel testo in discussione in Parlamento.
Si dice poi che la volontà di mettere un uomo solo al comando e la svolta antidemocratica stanno nel fatto che, con l'Italicum, il 60% dei deputati sarà nominato, dimenticando, invece, che oltre i 2/3 dei parlamentari della maggioranza (qualunque essa sia) saranno eletti con le preferenze e, dunque, scelti dai cittadini.
Non c'è, quindi, nessuna ragione per gridare all'attentato alla democrazia, a meno che non si ritenga antidemocratico che in un Paese ci sia la possibilità per una maggioranza di esistere, di governare e dare continuità all’azione di governo.
Consiglierei anche di evitare il tormentone secondo cui si vuole impedire ai cittadini di votare: i cittadini votano per i Consigli Comunali, le Regioni, il Parlamento, i Consigli Circoscrizionali e anche il Parlamento Europeo, per cui questo argomento non è credibile.
Nei prossimi giorni dovremmo riuscire a migliorare ulteriormente gli equilibri trai poteri e il sistema delle garanzie ma su questo aspetto voglio fare un’osservazione contro corrente.
Il Senato delle Autonomie che stiamo costruendo sarà più forte: peserà di più proprio perché i suoi membri saranno rappresentanti delle istituzioni territoriali e avranno alle spalle, durante il loro mandato, la forza delle istituzioni regionali e dei Comuni.
Sarà questo che darà peso e funzione al nuovo Senato.
Al di là del folklore degli 82 milioni di emendamenti e al di là delle fantasiose ricostruzioni dietrologiche, in questi mesi stiamo facendo una discussione importante in Senato e nel Paese.
La discussione è accesa anche nei partiti.
Personalmente, sono orgoglioso di stare in un partito che discute.
Un partito normale, che fa ciò che ogni partito dovrebbe fare.
Se discutiamo non significa che ci sia un congresso permanente.
La riforma del Senato non è un affare interno del PD, ma proprio per questo discutiamo e ci confrontiamo: siamo in un partito plurale che discute e decide guardando all'interesse del Paese, ci occupiamo di questo.
Il dissenso non si esprime con le scissioni (come succede in Forza Italia) o non viene conculcato con le espulsioni, ma si cercano soluzioni e sintesi.
Questo non significa ci siano parlamentari ricattati e vessati, senza spina dorsale, cortigiani.
Ci sono parlamentari che stanno in un partito e condividono liberamente un progetto di riforme per il Paese, discutono e cercano sintesi quando ci sono delle differenze.
Insultare chi non è d'accordo, accusare chi sta in maggioranza di essere attaccati alla poltrona o cortigiani o persone non libere è la strada di chi non ha argomenti e preferisce delegittimare l'avversario piuttosto che discutere sul merito.
Le opposizioni hanno spiegato che eravamo servi e cortigiani quando abbiamo votato il Jobs Act o altri provvedimenti e ogni volta che abbiamo sostenuto le riforme di questo governo.
In realtà abbiamo lavorato per il Paese, non per noi stessi, e i dati di questi mesi sull'economia e sul lavoro lo dimostrano.
I dati sulla crescita, la ripresa dei consumi interni e delle esportazioni sono dati di cui tutti dovremmo rallegrarci e sono anche un po’ frutto del nostro lavoro, invece, a qualcuno dispiacciono.
In Senato non c'è una discussione tra uomini liberi contro conigli. Si devono vergognare quelli che lo hanno detto.
Conigli non ne conosco ma se qualcuno pensa che gli uomini liberi sono quelli che usano le paure per lucrare sulle intolleranze e sulle sofferenze degli altri come sta facendo la Lega o che pensano che libertà significhi poter lanciare qualunque insulto senza remore, o scaricare i problemi sempre sui più deboli, informo che chi fa ciò confonde la libertà con l'egoismo e l'irresponsabilità.
La disaffezione dei cittadini non è la conseguenza della riforma del Senato che si sta proponendo ma di una politica e di istituzioni percepite come lontane, che funzionano male.
È giusto difendere i principi per cui si sono battuti partigiani e antifascisti ma quei principi si difendono e si rilanciano se si cambia.
Chi vuole conservare le cose come sono non fa un regalo alla democrazia.
Chi, per fare calcoli di parte, vuole affossare la riforma del Senato sappia che fa male al Paese e alla democrazia.
Sbaglia chi pensa di fare una battaglia contro le riforme richiamandosi alle origini della nostra democrazia, alla resistenza.
Servono le riforme per impedire un logoramento drammatico della nostra convivenza e del rapporto tra istituzioni e cittadini, oltre che per impedire la crisi della nostra democrazia.
Capisco che il Movimento 5 Stelle abbia bisogno di questa crisi democratica per poter alimentare il proprio populismo con la crisi di credibilità delle istituzioni e l’incapacità di riformare il sistema politico, invece, la nostra responsabilità è quella di recuperare su questo terreno e, per il PD, è anche il mandato elettorale che era nel programma “Italia Bene Comune”.
Questa è la ragione per cui, per noi, è una priorità la riforma del Senato.
Ci sono problemi concreti che vivono gli italiani e che dobbiamo affrontare e risolvere ma, se non rafforziamo le nostre istituzioni e la nostra democrazia, sarà più difficile per chiunque risolverli.
La missione di questa legislatura è questa e se porteremo a termine la riforma costituzionale – come stiamo cercando di fare - avremo fatto ciò che ci siamo assunti all’inizio del mandato, cioè a responsabilità di fare qualcosa di utile per il Paese e per la nostra democrazia.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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