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Troppe disuguaglianze, Milano a due velocità

Scritto da Fondazione Ambrosianeum.

Disuguaglianze sociali ed economiche sempre più marcate in una Milano “a due velocità”. Questa la fotografia delineata nel “Rapporto sulla città 2022-La Milano che siamo, la Milano che sogniamo”, redatto dalla Fondazione culturale Ambrosianeum in collaborazione con Fondazione Cariplo. Un rapporto che, giunto alla sua trentesima edizione, è stato presentato nella sede della storica della Fondazione Ambrosianeum dal suo presidente Marco Garzonio, Rosangela Lodigiani, professoressa associata di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vice presidente della fondazione, Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico di Milano, oltre al giornalista e conduttore televisivo Gad Lerner.
Il rapporto contiene contributi di alcuni membri del Consiglio direttivo e di diversi sostenitori, esponenti di vari settori della società milanese, tra cui l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, e il direttore della Caritas Milano, Luciano Gualzetti.
Un focus da più punti di vista sul cambiamento del capoluogo lombardo e sull’evoluzione delle sue disuguaglianze, per effetto anche degli anni della pandemia, degli effetti del conflitto in Ucraina e dei cambiamenti climatici.
“La condizione di Milano è insoddisfacente perché è una città che sta andando avanti a due velocità - spiega Garzonio - . È una città che continua a correre. L’avvio si è preso con l’Expo del 2015 e ora è proiettata tutta sulle Olimpiadi. E nel correre non si è accorta che sta perdendo dei pezzi per strada: il ceto medio, i giovani. Si fa ancora troppo poco, non sono al centro gli studenti e i giovani. O li mettiamo al centro, sia con il recupero del vecchio sia con la realizzazione di nuove politiche sociali, oppure ogni proposito e progetto parte con il piede sbagliato”.
Negli anni “si è rotta la promessa della città nei confronti di chi la abita. Oggi Milano oggi integra qualcuno, accoglie qualcuno, offre la casa a qualcuno soprattutto se molto ricco, ed esclude una generazione più giovane, famiglie con i figli che vorrebbero vivere qua, vorrebbero investire su questa città ma non possono, dunque si ricollocano e vanno altrove”, sottolinea Granata.
In tema di disuguaglianze fondamentale anche l’emergenza data dal caro affitti perché “le politiche comunali per la casa non devono dimenticare che sono figlie delle politiche urbanistiche di questa città. Nel momento in cui si è premiato lo sviluppo immobiliare, si sono saturate le aree, si è investito sul mattone, poi dopo non possiamo stupirci che il mercato della casa ovviamente ha un incremento di valore materiale straordinario”.
“Allora cerchiamo di mettere delle pezze, di fare housing sociale, ma il punto è che andrebbe destrutturato il problema a monte, quindi lavorando in sinergia tra politiche urbanistiche e politiche della casa – evidenzia Granata – . Io questo link non l’ho visto, ho visto un generoso tentativo di intervenire sulla questione casa però che dimentica il pezzo fondamentale di una città che va verso Cortina, che densifica, che costruisce grattacieli e satura le sue aree. Questo ha degli impatti sulla casa pesantissimi, non vedere le due cose oggi forse è un po’ miope”.

Fonte: Radio Lombardia 

Per l'Ambrosianeum promesse tradite a giovane ceto medio
Articolo di Glampiero Rossi per Il Corriere della Sera

Nelle città a due velocità si rotto qualcosa. Ci sono promesse tradite e adesso Milano perde dei pezzi e si ritrova a un bivio: insistere nella linea di sviluppo tra Expo e Olimpiadi, tra bolla immobiliare, rendite e turismo, oppure reinventarsi per tomare a includere i tanti che - a partire da una fetta del proverbiale ceto medio - stanno facendo molta fatica a continuare a essere milanesi. Il punto di non ritorno è stata la pandemia, ma la corsa non si è mai fermata.
È questo il messaggio contenuto nel «Rapporto sulla Città 2022 - La Milano che siamo, la Milano che sogniamo», realizzato dalla Fondazione Ambrosianeum con il contributo della Fondazione Cariplo, al quale ha contribuito anche l'arcivescovo Mario Delpini con un intervento dal titolo «La città che vedo, la città che sogno».
«Le città non sono numeri, economia, indizi che dicono il tasso di sviluppo immobiliare, sono anche il sentimento dei cittadini e qualcosa si è rotto perché la promessa di una Milano che fa crescere, che integra e fa avere successo anche a chi ha una piccola idea o chi arriva a studiare in città questo sogno, si è spezzata - spiega Elena Granata, docente di Urbanistica al Politecnico e autrice di una parte del Rapporto -. Milano oggi integra qualcuno, accoglie, offre la casa a qualcuno soprattutto se molto ricco, e manda fuori una generazione più giovane, famiglie con i figli che vorrebbero vivere qua, vorrebbero investire su questa città ma non possono, dunque si riallocano e vanno altrove. Questo è un punto di rottura molto pericoloso perché anche chi resta in città, anche per i capitali per i più ricchi, questo è un segno negativo perché la città è viva se integra le due anime: quella di chi ce la fa e chi non ce la fa».
E a margine della presentazione, la stessa docente aggiunge: «Guardo con grande preoccupazione questa città che parla di green e poi costruisce, densifica e intensifica la rendita immobiliare». Insomma, «scelte miopi» sulle politiche abitative e sul nuovo stadio. «Allora cerchiamo di mettere delle pezze, di fare housing sociale, ma il punto è che andrebbe destrutturato il problema a monte, quindi lavorando in sinergia tra politiche urbanistiche e politiche della casa. Io questo link non l'ho visto».
Anche la valutazione proposta da Marco Garzonio, presidente della Fondazione Ambrosianeum è severa: «La condizione di Milano è insoddisfacente, perché è una città che sta andando avanti a due velocità. È una città che continua a correre. L'avvio si è preso con l'Expo e ora è proiettata tutta sulle Olimpiadi. E nel correre non si è accorta che sta perdendo dei pezzi per strada: il ceto medio, i giovani, cioè tutte le persone che nel tempo hanno costituito la maggiore ricchezza. Si fa ancora troppo poco, non sono al centro gli studenti e i giovani. O li mettiamo al centro, sia con il recupero del vecchio sia con la realizzazione di un nuovo sociale, oppure ogni proposito e progetto parte con il piede sbagliato».

Il rapporto L'Ambrosianeum "La città lascia troppi indietro".
Articolo di Zita Dazzi per La Repubblica

«È una città che continua a correre, ma lo fa a due velocità, dopo l'abbrivio preso con Expo ora sta continuando con Olimpiadi, ma lasciando indietro il ceto medio e giovani. Ma Milano è capace di risorgere, come ha fatto dopo la guerra, ora il sogno è rivivere le grandi utopie e libertà del secolo scorso con l'accoglienza del vero sognatore, che sono coloro che vengono qui nella ricerca di un futuro, magari dopo aver attraversato fortunosamente il Mediterraneo». Marco Garzonio, il presidente di Fondazione Ambrosianeum, riassume in poche parole il senso del 30° rapporto annuale sulla città, "La Milano che siamo, la Milano che sogniamo", realizzato grazie al contributo di Fondazione Cariplo ed edito da Franco Angeli, che chiude la straordinaria stagione di "Rapporti sulla città" lunga trent'anni con un'edizione speciale di "Rapporto-in house", per inaugurarne presto una completamente rinnovata. Firmano i testi tra gli altri l'arcivescovo Mario Delpini che racconta le sue visite da «pellegrino o forse mendicante per raccogliere frammenti nelle università come nelle mense dei poveri, nelle case popolari o fra i volontari»; il rettore della Cattolica Franco Anelli che spiega come Milano pub diventare «un posto per studiare»; il direttore della Caritas Luciano Gualzetti che chiede di «accompagnare i fragili»; il presidente di Cariplo Giovanni Fosti che invita a «superare la frammentazione», oltre ovviamente a Garzonio e ancora, tra molti altri, Elena Granata, Rosangela Lodigiani, Giorgio Lambertenghi Deliliers, Mario Colombo, don Matteo Crimella, Elisabetta Falck.
Un rapporto conclusivo che traccia un ritratto con un giudizio piuttosto duro sulla metropoli che non ha una vera politica per la casa che aiuti i giovani e i poveri, che consuma suolo per grandi interventi immobiliari di lusso, senza tenere spazio per piantare nuovi alberi, che è inquinata e non ha una vera politica ecologica.
«Guardo con grande preoccupazione questa città che parla di green e poi costruisce, densifica e intensifica la rendita immobiliare», dice Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico, che critica le «scelte miopi» fatte sulle politiche abitative e sul nuovo stadio, invitando la città a «rivedere il proprio modello di sviluppo: si è premiato lo sviluppo immobiliare e si sono saturate le aree, poi non possiamo stupirci se il mercato della casa ha un incremento di valore straordinario. Allora cerchiamo di mettere delle pezze, di fare housing sociale, ma il punto è che andrebbe destrutturato il problema a monte, quindi lavorando in sinergia tra politiche urbanistiche e politiche della casa. Io questo link non l'ho visto».
Granata, che è stata membro dello "staff sherpa" della presidenza del consiglio dei ministri per il G7/G20 degli anni 2020 e 2021 sui temi delle trasformazioni urbane, critica poi il dibattito sul nuovo stadio: «Questo dibattito che fa emergere la contraddizione di Milano, che consiste nel dire delle cose e praticarne altre. Ovviamente è miope pensare di moltiplicare gli stadi. Addirittura si parla di abbattere il Meazza, che ha dei costi ambientali folli, e al contempo si disegna qualche timida pista ciclabile e invocando una città green. Bisognerebbe virare verso un modello di sviluppo più sensibile alla natura e all'ambiente, che oggi è anche quello più adeguato a produrre ricchezza. L'obiettivo è quello di abbassare di due o tre gradi la temperatura di questa città». Chiude Garzonio con un auspicio: «La città torni ad avere un sogno, a coltivare speranza come fanno i migranti che arrivano».
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