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Schlein una speranza e un’opportunità per la sinistra

Scritto da Il Riformista.

Appello degli intellettuali per Elly Schlein.

Il successo di Elly Schlein è stata una ventata d’aria nuova che ha restituito alla sinistra una speranza e un’opportunità che sembravano essere state cancellate dalle divisioni, dagli errori e dagli appannamenti ideali del campo progressista.
La partita, invece, si è riaperta, scompaginando calcoli e previsioni.
In alcune realtà, compresa quella campana, il capovolgimento dei rapporti di forza cristallizzati nel primo turno è stato anche il frutto di una robusta rivolta d’opinione contro vecchie pratiche, equilibri consolidati e parole d’ordine autoreferenziali che non parlano più al mondo degli esclusi, dei delusi, dei tanti autoemarginati nel bosco dell’astensione. Per molti versi, è stato anche un atto d’insubordinazione generazionale, con un gran numero di ragazzi e di ragazze che hanno affollato i seggi e, in qualche caso, trascinato amici e genitori nella prova.
Bisogna prenderne politicamente atto e accettare la sfida, poiché si chiude un capitolo e se ne apre un altro, nel quale nulla appare già scritto, ma dove appare possibile tentare di ricostruire luoghi, strumenti, perfino un vocabolario della sinistra che torni a dare senso a una battaglia di liberazione dal bisogno e di trasformazione politica e sociale.
Il nostro è un appello ai tanti e alle tante che come noi sentono la necessità di una grande forza della sinistra democratica, progressista, femminista ed ecologista , ma che in questi anni l’hanno persa di vista nelle titubanze e nelle debolezze che hanno sfigurato il mondo del lavoro, i luoghi della formazione, gli stessi assetti istituzionali (mostrando, tra le altre cose, un’ingiustificata indulgenza nei confronti del devastante progetto del regionalismo differenziato che rischia di lacerare per sempre il tessuto civile e sociale del paese). Non è stato casuale, ma il prodotto di una visione sbagliata della politica e dei processi economici e sociali in un mondo che si immaginava giunto al suo capolinea nel 1989.
Ma la storia non è affatto finita e il XXI secolo ha provveduto da sé a smentire quest’illusione, a iniziare dalla crisi del debito sovrano del 2007-2008 che rivelava il vero volto dei processi di globalizzazione economico-finanziaria, con il crescere delle disparità e delle ingiustizie. Una rivelazione, tuttavia, di fronte alla quale la sinistra italiana ed europea hanno stentato a trovare le parole, vittime di una sconfitta culturale prim’ancora che politica in senso stretto. I populismi e i sovranismi si sono abbeverati alle fonti di queste afasie, raccogliendo un’ansia vera di protezione sociale in favore degli sconfitti e dei meno garantiti, ma producendo nello stesso tempo risposte strumentali, pericolose e fuorvianti, spesso incitanti all’odio e alla ricerca di un capro espiatorio che fomenti la guerra dell’ultimo contro il penultimo, e viceversa. Un meccanismo perverso che neutralizza il conflitto orizzontale (di classe, si sarebbe detto un tempo) per una distribuzione più equa di opportunità e di risorse, trasfigurandolo in una dinamica verticale che schiera un popolo indistinto contro il presunto tradimento di altrettanto indistinte élite (politiche, istituzionali o culturali). In questo contesto, uno dei corollari più deturpanti è stata la rinuncia - e spesso l’ostacolo - a qualsiasi vera forma organizzata di partecipazione, con un costante de-radicamento dalla società che ha progressivamente delegato l’esercizio dell’azione politica - già di per sé concepita in termini assolutamente residuali - alla pura e semplice dimensione istituzionale, con il risultato di trasformare il partito in una federazione di comitati elettorali e l’amministrazione dell’esistente nell’unico esercizio consentito.
A questo si aggiunge un sistema elettorale nazionale del tutto inadeguato a un panorama politico frammentato come quello italiano. Il maggioritario ha fallito, in Italia, naufragato sotto la smania di protagonismo che prolifica in sempre nuove formazioni, frutto di divisioni, che assumono via via fisionomia propria e autonomia - e il fenomeno riguarda tutti i partiti, non solo il PD - per pesare al tavolo delle decisioni. Gli aggiustamenti apportati via via al sistema elettorale negli ultimi anni sono stati parziali e pasticciati, dettati da ragioni di parte più che da un’idea compiuta di rappresentanza democratica e dalla necessità di garantire al paese stabilità e governabilità. E poi, abolita di fatto la rappresentanza diretta che si esprimeva con il voto di preferenza - reciso quindi il cordone ombelicale che legava un parlamentare al suo territorio e ai propri elettori, a vantaggio della cooptazione più spinta e discrezionale dei vertici di partito - si è approfondito sempre più quel solco di estraneità, quando non di livore e avversione, tra i cittadini e la politica che ci consegna a ogni consultazione percentuali di voto sempre più basse.
Il messaggio dell’oggi è che, tanto più di fronte ai rischi che si parano di fronte ai nostri occhi - il dramma delle migrazioni, il riapparire degli spettri della guerra, le devastazioni ambientali - possiamo forse fermare la deriva e invertirne la rotta.

Pagina ufficiale dell’appello

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"Il nuovo corso del Pd si arricchisce ogni giorno di presenze e di testimonianze attive che fanno forza a questa comunità. Voglio per questo ringraziare tutte e tutti i 168 intellettuali che hanno sottoscritto l'appello 'Una speranza e un'opportunità per la sinistra. Vogliamo dare una mano'. Perché è esattamente questo quello che desideravamo suscitare: la condivisione, insieme, di un impegno, di una passione, di una visione comune. Solo così, tutte e tutti insieme, ce la faremo a ricostruire fiducia con le persone e dar vita a una vera alternativa a questo governo, che si batta per la giustizia sociale e climatica, per il lavoro di qualità e i diritti". Così la segretaria del Pd Elly Schlein commentando l'appello dei 168 intellettuali 'Una speranza e un'opportunità per la sinistra. Vogliamo dare una mano' pubblicato oggi dal Mattino di Napoli.
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