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Per combattere la mafia bisogna essere sovversivi

Scritto da Don Luigi Ciotti.

Articolo pubblicato da La Stampa.

«Salendo le scale dell’ateneo ho visto foglietti colorati coi nomi delle vittime della violenza criminale mafiosa. Nomi che graffiano le coscienze, che sono una spina nel fianco». Esordisce così don Luigi Ciotti, presidente di Libera, nell’aula magna dell’Università degli Studi di Milano insieme al professore Nando dalla Chiesa. E ai giovani presenti all’incontro organizzato questo pomeriggio da Libera Milano e Unilibera, in occasione della settimana della legalità, fa un appello ben preciso: «Vorrei che le scuole e le università fossero sovversive. Bisogna esserlo per combattere la mafia».
«Sovversivi» nel senso di una rivoluzione di valori e senso di responsabilità, di «memoria che si salda all’impegno». Parafrasando un’espressione dell’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, ha parlato di una «peste mafiosa» che dilagherà «finché non ci sarà una presa di coscienza collettiva». Per Don Ciotti, la mafia è un male che va estirpato alla radice. Bisogna dunque scavare e trovare il bandolo della matassa. Nel suo discorso va indietro nel tempo, al dolore provato in quel 1992 di stragi e Tangentopoli. Ripercorre a piccole tappe la storia di una mafia che si è insinuata anche e soprattutto nel Nord Italia. In particolare Milano, dove Libera ritorna con una grande manifestazione dopo 12 anni. Nel pomeriggio di lunedì 20 marzo, nell’aula magna della Statale, saranno accolti i familiari delle vittime di mafia che ogni anno si ricordano in occasione della Giornata nazionale. A seguire una veglia ecumenica alla basilica di Santo Stefano Maggiore. La mattina di martedì 21, invece, il ritrovo è in piazza Duomo per la lettura di tutti i nomi delle persone morte per combattere la criminalità organizzata. Don Ciotti ci sarà, e per quel giorno invita provocatoriamente l’università «a chiudere per dare un segno e camminare insieme».
Milano è cara nei ricordi del sacerdote: «Da qui partirono tante associazioni e movimenti prima ancora di Libera, alcuni composti solo da donne». Su una in particolare decise di soffermarsi: Lea Garofalo, che si oppose al proprio sistema familiare ‘ndranghetista e per questo fu uccisa nel 2009. «La giunta di allora decise di seppellire le poche ossa che rimanevano nel Cimitero Monumentale» ha ricordato commosso. «Il gesto di Lea ha dato forza ad altre donne di resistere, di fare la rivoluzione e chiedere una mano per rompere i codici mafiosi e ricostruirsi una vita».
Assieme a Lea, ha aggiunto dalla Chiesa, saranno ricordate nella due giorni milanese d’inizio settimana «più di 500 vittime, che rappresentano un pezzo della storia d’Italia». Anche lui chiede a Milano «di stare intorno alla veglia della memoria» e di considerarla come un fatto sacro nella vita laica della nazione. Perché la mafia, ha continuato nel suo intervento, si muove in zone nere e non ne esistono di grigie. «L’obiettivo è aumentare quella bianca il più possibile».
A proposito di azioni volte a contrastare la mafia, però, dalla Chiesa ha concluso criticando una mancanza di azione da parte del governo Meloni. Paragonando la politica alla scuola, «si deve ragionare come se questo fosse il periodo di supplenze. Se loro non vogliono agire e prendere decisioni, chiedo che siano concessi spazi per andare avanti per conto mio. Bisogna caricarsi un pezzo di mondo sulle spalle e proseguire, dobbiamo abituarci a fare così».

Ciotti: La latitanza di Messina Denaro è stata favorita dalla latitanza della politica
"La trentennale latitanza di Messina Denaro è stata indubbiamente favorita dalla contestuale latitanza di quella politica che non ha capito, o ha finto di non capire, che le mafie non si contrastano solo con le indagini e gli arresti, ma prima ancora con le politiche sociali e il superamento di un modello economico che è stato per tutte le mafie, nazionali e internazionali, terreno di conquista e di razzia". Così a LaPresse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie. Alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno delle vittime di mafia, don Ciotti ha commentato la lunga latitanza e l'arresto dell'ex superlatitante. "C'è una convergenza stretta tra crimine mafioso, reato economico e diserzione etica della politica. Non si tratta quindi di pensare in termini di ulteriori, singole, clamorose catture, perché le mafie - non solo Cosa Nostra - non sono più riducibili ai loro 'capi'", spiega ancora don Ciotti a LaPresse, "è il sistema che va debellato, al di là dei singoli arresti".

Ciotti: una politica che si piega a potentati economici è complice
"Le mafie sono realtà internazionali che, negli ultimi trent'anni, hanno approfittato degli ampi margini d'azione garantiti da un sistema economico che pone il profitto come valore assoluto, a scapito della giustizia sociale, della dignità e libertà delle persone. Complice una politica che, salvo eccezioni, si è piegata ai potentati e monopoli economici tradendo la sua missione di custode e promotrice del bene comune". Così a LaPresse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, e del Gruppo Abele, a proposito della presenza mafiosa soprattutto nel Nord Italia. Domani, 21 marzo, si tiene a Milano la manifestazione per la XXVIII Giornata nazionale della memoria e dell'impegno per le vittime innocenti delle mafie. Le mafie al Nord oggi hanno "le forme di un'impresa criminale che inquina e condiziona il sistema economico con enormi ricadute sociali. E questo vale non solo per il Nord Italia, ma per tutte quelle regioni e Paesi dove l'economia e la finanza offrono grandi opportunità di arricchimento" spiega ancora don Ciotti a LaPresse.

Ciotti: migrazioni forzate indegne nel mondo civile
Il naufragio di Cutro è stata una "strage", che è "figlia dell'ingiustizia di un sistema globale che condanna una parte cospicua di umanità a scappare dalla miseria e dai conflitti che quello stesso sistema determina". Così a LaPresse Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie e del Gruppo Abele, a proposito della strage di Cutro. Domani, in occasione della XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno per le vittime innocenti delle mafie, i nomi dei migranti morti nel Crotonese saranno letti insieme a quelli delle vittime innocenti delle mafie dal palco di Milano, dove si tiene la manifestazione nazionale. "Le migrazioni forzate - di fatto deportazioni indotte - sono indegne di un mondo civile", aggiunge Ciotti.

Ciotti: Giustizia non può essere vendetta
"La giustizia di un Paese civile non può rispondere a logiche di vendetta". Così a LaPresse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, e del Gruppo Abele, a proposito del 41 bis. Al regime del cosiddetto 'carcere duro' è sottoposto, tra gli altri, l'anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame. "Mi limito a dire che, in un Paese civile, la pena del carcere deve mirare al recupero sociale del detenuto, quale che sia il reato commesso", dice ancora don Ciotti, intervistato da LaPresse alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno per le vittime innocenti delle mafie. "Sono temi complessi che non ammettono semplificazioni, giudizi impulsivi, sommari, invece di riflessioni profonde, meditate, articolate - dice ancora don Ciotti -. Il 41 bis nasce come misura di isolamento per impedire che, dal carcere, i boss continuassero a governare le cosche, ed è provvedimento 'emergenziale' che ha consentito risultati significativi nel contrasto alle organizzazioni criminali. Il che non giustifica, ovviamente, azioni puramente vessatorie lesive della dignità della persona. E questo vale anche per i mafiosi, persone non riducibili ai reati commessi, per quanto gravi siano stati".

Ciotti: in 10 anni Papa Francesco ha purificato Chiesa dal potere
"La 'Chiesa povera per i poveri' di Papa Francesco è una Chiesa purificata dal potere. Su questo il Papa ci ha dato in questi dieci anni parole e fatti inequivocabili". Così a LaPresse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, e del Gruppo Abele, a proposito dei dieci anni di pontificato di Papa Francesco. "C'è chi, in questo decennio, ha parlato di Papa Francesco come una figura di rottura, per molti aspetti rivoluzionaria. È indubbio che lo sia stata, ma preferisco considerare il suo pontificato alla luce della parola 'conversione'. Conversione intesa come ritorno al Vangelo, alla sua essenzialità spirituale e intransigenza etica", spiega don Ciotti. Bergoglio "ci ha ricordato che il declino delle istituzioni - politiche, spirituali, economiche - inizia quando il potere prende il posto del servizio, e il principio dell'immunità quello della responsabilità. Ma soprattutto ci ha ricordato che la purificazione dal potere deve partire da noi stessi, altrimenti l'esortazione al cambiamento non è credibile", spiega a LaPresse, a proposito dell'impegno del Papa sul tema delle mafie, il presidente di Libera alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno delle vittime innocenti delle mafie, la cui manifestazione nazionale si tiene domani a Milano. "In tal senso il suo impegno contro le mafie e la corruzione, che delle mafie sono l'anticamera, è più che mai vivo", conclude don Ciotti.

Ciotti: L’80% dei familiari delle vittime innocenti di mafia attende giustizia
Di "verità e giustizia" è ancora in attesa "l'80% cento dei familiari delle vittime" innocenti delle mafie, una "percentuale che non fa onore a un Paese che si definisce una democrazia". Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, intervistato da LaPresse alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno per le vittime innocenti delle mafie. "Fare memoria significa rendere le memorie e le storie presenti, palpitanti - sottolinea -. E, al tempo stesso, chiedere giustizia se ancora manca la verità su quelle morti", commenta don Ciotti, "se manca quest'impegno, la memoria rischia di diventare un innocuo e inutile protocollo, una celebrazione che non graffia le coscienze, una cerimonia fine a se stessa. Questo rischio lo denunciammo ventotto anni fa, quando si svolse la prima Giornata, e ancora oggi lo denunciamo".

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