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Sette Anni e non sentirli

Scritto da Emilia De Biasi.

Emilia De BiasiArticolo pubblicato su RollingStone.
Pensavo che il giorno dopo sarebbe stato un “day after”, con tanto di catastrofismo e di pubblica agitazione. Le sentenze non si commentano, va da sé, eppure quei sette anni balzano agli occhi di tutti, macigni sul diretto interessato e, forse, sul Governo di larghe intese, da sinistra detto di servizio, definizione che preferisco.
E invece no, non un sussurro, un intervento, una sceneggiatina.
Certo musi lunghi e facce preoccupate, nessuna voglia di scherzare, qualche nervosismo mitigato da un understatement inusuale per le istituzioni italiane sono gli atteggiamenti che prevalgono in Aula.
Mi chiedo se sia solo il rinvio di una battaglia o il paesaggio dopo la battaglia. Enrico Letta ha appena svolto l’intervento in vista del Consiglio Europeo di fine giugno, accompagnato da applausi stanchi e convinti, come la situazione che viviamo, contraddittoria e incerta, ma necessaria.
Il lavoro in Commissione Sanità procede a velocità variabile e alcuni colleghi si sono lamentati perché la medesima viene riunita anche a fine aula, e non capisco il perché. Non mi pare che siamo qui a timbrare il cartellino e non credo proprio che possiamo considerare gli straordinari. Del resto la diaria che riceviamo serve anche a fermarsi a Roma la notte, e magari ricominciare il mattino dopo alle 8.30, orario più che urbano. Poi ognuno è libero di rendicontare le spese a chi vuole, s’intende, e anche di non farlo, perché mi dovete spiegare per quale motivo devo raccontare dove dormo o mangio. Almeno questa privacy lasciamola, per favore.
Mentre scrivo Calderoli, il noto autore del Porcellum, si aggira nel banco della Presidenza con il regolamento fra le mani e una cravatta verde a pallini coordinata agli occhiali con la montatura verde.
Purtroppo ora si è seduto e non riesco a vedere il colore dei calzini. Si accettano ipotesi.
Emilio Colombo, senatore a vita, ci ha lasciati. Era l’ultimo protagonista della Costituente. Verrebbe da dire che, senza padri, non abbiamo più scuse per diventare adulti.
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