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Casa: inquietudine e speranza dei cooperatori

Scritto da Alessandro Maggioni.

Articolo di Alessandro Maggioni pubblicato da Il Sicomoro.

L’Arcivescovo nel “Discorso alla città” ha detto parole forti e chiare sulla nostra Diocesi parlando anche di casa: “Dove troveranno casa le famiglie giovani, il futuro della città? Dove troveranno casa coloro che in città devono lavorare, studiare, invecchiare?”.
Una voce ben più autorevole della nostra ha detto quanto da tempo sosteniamo: un mercato non domato genera disuguaglianza che, a sua volta, produce ripercussioni economiche, sociali ed esistenziali che a lungo andare intaccano la natura stessa di una città.
A Milano, che continua a essere un crogiolo di investimenti internazionali, la distanza tra i costi medi degli alloggi e i redditi medi dei lavoratori è ormai un problema.
Il nostro “Osservatorio sulla Casa Affordable (OCA)” stima che una persona con un reddito medio di 1.500 euro/mese – ossia circa il 25% dei percettori di reddito a Milano – che si carichi un mutuo ventennale secondo i parametri classici, possa comprarsi 18mq sul mercato del nuovo: un lavoratore o lavoratrice che contribuisce al funzionamento della scintillante Milano dovrebbe dunque vivere in un garage. Oppure essere obbligato a trasferirsi a 20, 30, 40 km di distanza, con il corollario di alienazione esistenziale che tale pendolarismo non scelto si porta dietro.
Che fare? Penso che serva uscire dal “radicalismo posturale” per entrare nel “realismo della speranza” indicato da Delpini.
In primis avendo il coraggio di reintrodurre più ampie e articolate categorie di edilizia convenzionata; oggi tra l’edilizia libera e quella agevolata c’è un vuoto, colmabile con l’edilizia convenzionata ordinaria che consentirebbe altresì di trasferire per estrazione obbligata di redditività risorse per edilizia sociale in affitto. Servirebbe meno postura e più realismo sulle quote di Edilizia Residenziale Sociale (ERS) in proprietà o in affitto: se non c’è sussidio pubblico strutturale e diffuso su più soggetti le risorse, come detto, arrivano dal mercato. Ma le norme, come scritte oggi, non sono efficaci: hanno portato alla quasi totale sostituzione dell’edilizia residenziale in affitto con quella universitaria, certamente necessaria ma anche più redditizia e in un certo senso distorsiva del mercato.
Sull’affitto agevolato continuiamo a ribadire la nostra posizione: non dovrebbe superare il canone di 110 €/mq anno, per essere considerato realmente “sociale”. Da ultimo – e da partigiano – dico che serve più autentica cooperazione di abitanti. Se a Milano si afferma una grande forza e vitalità del “capitale” è bene che, proprio nel solco della grande tradizione ambrosiana, si creino nuove alleanze tra soggetti differenti.
Solo così Milano continuerà a essere non solo brillantemente “grande” ma riuscirà a tornare a essere anche, indelebilmente, “giusta”.
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