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La scelta del governo Renzi

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliRispetto a quanto accaduto in questi giorni, capisco che la reazione di molti amici e compagni sia di disorientamento. Molti giudizi che sono stati espressi, probabilmente, sono fondati sulle semplificazioni giornalistiche e al modo in cui i media hanno raccontato gli eventi, parlando di “staffetta” o “duello di potere”.
Evidentemente non siamo stati capaci di spiegare le ragioni di questa scelta, tuttavia, è bene ricordare che c’è stata una riunione della Direzione Nazionale in cui si è discusso e 136 persone hanno votato il documento proposto dal Segretario mentre 16 non lo hanno votato.
Oggi abbiamo la necessità di guardare avanti ma, per riuscirci, abbiamo anche bisogno di comprendere le scelte che abbiamo fatto e le ragioni che ci hanno portati a compierle e che sono ragioni che riguardano l’interesse del Paese.
Dobbiamo riconoscenza a Letta per gli 8 mesi di governo e gli dobbiamo anche qualche scusa, non solo per l’ultima fase. Avremmo dovuto lavorare per valorizzare un po’ di più i risultati positivi che fino a dicembre il Governo Letta ha ottenuto e che oggi si trasferiscono sui numeri: l’economia è tornata a crescere dopo 9 trimestri in cui scendeva, lo spread è stabile sotto i 200 punti. C'è un merito se ci sono 20 miliardi di giro d’affari prodotti dal decreto legge sul bonus ambientale, se è stato approvato un decreto che da qui al 2017 abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Questi sono risultati dell’azione del Governo Letta vanno riconosciuti, mentre noi, invece, siamo stati un po’ timidi su queste cose.
Enrico Letta è stato indubbiamente trattato male, però, dietro a questo passaggio che si è compiuto ci sono delle ragioni politiche: non è possibile ridurre tutta la vicenda di questi giorni all’aver “fatto fuori Letta”, come qualcuno ha detto.
Ripercorrendo le tappe che ci hanno portato a questo scenario, dobbiamo ricordare che dopo le elezioni ci siamo trovati con un Parlamento in cui nessuna forza politica aveva la maggioranza e abbiamo deciso di dar vita ad un governo di larghe intese che aveva come obiettivo quello di riformare le istituzioni di questo Paese facendo la riforma della legge elettorale e una serie di riforme costituzionali.
Quel ragionamento si fondava su una riflessione che è stata fatta anche da Matteo Renzi durante tutta la campagna congressuale cioè il prendere atto che il risultato elettorale ci ha detto che il 30% circa dei cittadini italiani non sono andati a votare, il 25% circa dei cittadini italiani ha scelto di votare un partito antisistema quale è M5S e, quindi, c’è un problema democratico in questo Paese e, se noi non siamo capaci di fare le riforme in questa legislatura, il prossimo passaggio potrebbe essere molto pericoloso per la democrazia italiana.
In altre parole, se si tornasse a votare anche con una legge elettorale diversa ma per lo stesso numero di parlamentari e ancora con il bicameralismo, la politica non avrebbe la credibilità che deve riuscire invece a recuperare.
Il problema, quindi, non è il PD o Renzi: il problema è l’Italia, la democrazia e le istituzioni di questo Paese. Se vogliamo ridare credibilità alla politica, abbiamo bisogno di fare delle riforme.
Questa è la ragione per cui abbiamo fatto tutto questo.
Lo aveva chiesto anche il Presidente della Repubblica Napolitano alle Camere nel primo discorso della legislatura, ricordandoci che avevamo la responsabilità di difendere la democrazia e di cambiare, di smettere di pensare agli interessi di parte perché oggi c’è un problema di credibilità della politica e di credibilità delle istituzioni.
Sarebbe meglio avere elezioni in cui i cittadini scelgono chiaramente chi vogliono avere come leader, però, sappiamo tutti che se si andasse a votare - in particolare adesso, dopo che c’è stata la sentenza della Corte Costituzionale - avremmo un sistema proporzionale che ci riconsegnerebbe un quadro di ingovernabilità e costringerebbe nuovamente alle larghe intese e, quindi, tutt’altro rispetto alla scelta di chi deve governare il Paese.
Anche per questo, trovo assurda questa idea di andare a votare e di dire che in Italia non si vota mai: abbiamo votato un anno fa e i cittadini, se li si porta a votare una volta all’anno, si disaffezionano alla democrazia.
Questo è il quadro in cui si inserisce anche quest’ultimo passaggio.
In questi ultimi mesi ci sono stati 3 fatti nuovi e qui sono da ricercare le ragioni della scelta che è stata compiuta:
1) Ci sono state le primarie in cui Matteo Renzi ha avuto un’investitura significativa. Dopo le primarie il PD e il suo Segretario hanno impresso un’accelerazione sul terreno delle riforme e lo abbiamo fatto come si doveva fare e come abbiamo sempre detto agli altri che si sarebbe dovuto fare, cioè con un coinvolgimento di tutto il Parlamento (delle forze di maggioranza e delle forze di opposizione, poi che la seconda forza politica di questo Paese sia rappresentata ancora da Silvio Berlusconi non è una scelta che abbiamo fatto noi, l’hanno fatta gli elettori). Ricordo che tutte le riforme istituzionali e anche quelle elettorali fatte solo da una parte del Parlamento (il titolo V dal centrosinistra e il Porcellum dal centrodestra) sono state fallimentari per il Paese.
Abbiamo impresso un’accelerazione, abbiamo fatto fare alla riforma elettorale un passo avanti molto importante, si è trovato un compromesso ma che comunque porta a raggiungere gli obbiettivi che volevamo e cioè che il giorno dopo le elezioni si sa chi ha vinto e che potrà governare con una maggioranza propria. Abbiamo detto che servivano 3 riforme: la legge elettorale, la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie composta da rappresentanze già elette altrove, che hanno già un ‘indennità e devono rappresentare interessi di Regioni ed enti locali e governare il tema del rapporto tra Stato-Regioni-enti locali-Europa, e infine abbiamo chiesto di cambiare la riforma del titolo V della Costituzione che aveva fatto il centrosinistra e che ha attribuito alle Regioni un eccesso di competenze concorrenti che non stanno facendo funzionare lo Stato.
2) Dopo la legge di stabilità, ci siamo trovati con un governo che ha segnato una grandissima difficoltà, condannato all’immobilismo da una maggioranza confusa ed era un governo che era arrivato al livello più basso del consenso nell’opinione pubblica mentre tutti i soggetti sociali, economici, le rappresentanze di questo Paese chiedevano un cambio di fase (che è la prima cosa che c’è scritta nel documento che abbiamo votato in Direzione).
3) In questa situazione, nelle ultime settimane abbiamo sentito il rischio concreto che saltasse tutto, che se non ci fosse stato un impegno diretto nel governo del Partito Democratico e del suo Segretario sarebbero saltate le riforme. Non è un’invenzione, è sufficiente riguardare i giornali di questo mese per vedere che sia Alfano che Scelta Civica hanno detto più volte che ci voleva un coinvolgimento diretto del Segretario del PD. La minoranza interna al PD ha detto la stessa cosa e ha sollecitato un’anticipazione della direzione per porre questa questione.
Allora se, come detto, l’obiettivo è quello di portare a casa le riforme, dobbiamo privilegiarlo su tutto e, per fare questo, abbiamo scelto di fare la cosa più difficile per il PD e soprattutto per Matteo Renzi: abbiamo scelto di rischiare con coraggio, metterci in campo e provare a fare un governo che avesse anche la capacità di cambiare i ritmi, di fare delle cose anche sulle questioni politiche e sociali, economiche, per dare risposte e un messaggio di innovazione.
È difficile ma è l’unica possibilità.
Oggi abbiamo definito una maggioranza, che si ricompone intorno ad un programma che Matteo Renzi ha consegnato alle Camere e che non sarà fatto solo di riforme istituzionali ma anche di interventi politici e economici concordati da fare subito.
Questo non è più il governo Letta-Alfano: questo è il governo Renzi. C’è una maggioranza che ha chiara qual è la guida e i primi obiettivi sono la sburocratizzazione, mettere mano alle questioni del lavoro e dell’abbassamento delle tasse sul lavoro e sulle imprese. Se questo si riuscirà a fare sarà grazie al fatto che oggi c’è una maggioranza diversa rispetto a quella che c’era all’inizio della legislatura e che ci ha obbligato a mettere 4 miliardi per esentare tutti dall’IMU sulla prima casa (compresi quelli che non ne avevano bisogno) e forse, se quei 4 miliardi fossero stati messi sul cuneo fiscale per abbassare le tasse sul lavoro, sarebbe successo qualcosa di meglio per l’economia.
Non è più possibile che un artigiano, un lavoratore dipendente o un commerciante debbano pagare quasi il 50% di tasse su ogni lira di profitto e, invece, su rendite e transazioni finanziarie si continua a pagare il 20% che è la percentuale minore di tutta Europa. E da lì si cominceranno a liberare risorse. Poi c’è la questione della Pubblica Amministrazione, la questione delle norme per facilitare le assunzioni ecc.
Renzi, per lo stile, risponde a una domanda di cambiamento e di rinnovamento della politica che c’è nel nostro Paese.
Intanto, siamo passati da 20 a 16 Ministri (e non è scontato dopo che per anni si è parlato di taglio ai costi della politica). Il fatto che ci siano 8 donne e 8 uomini è un altro dato importante: abbiamo fatto per anni la battaglia perché fossero riconosciute le pari opportunità e il valore che possono portare le donne dentro la politica e dentro al governo e ora è stato messo in pratica e sono inaccettabili i discorsi che si sentono in giro sul fatto che le donne messe lì sono solo ornamentali.
È il governo più giovane della storia della Repubblica e, anche su questo punto, abbiamo parlato per anni di cambiamento e rinnovamento e adesso lo stiamo facendo.
Abbiamo fatto poi delle scelte di discontinuità: a parte i 3 Ministri del Nuovo Centro Destra, tra gli altri non c’è più un Ministro che sta al posto in cui stava prima, sono pochissimi quelli riconfermati e c’è una discontinuità su terreni dove il Governo Letta ha comunque avuto problemi.
Tutti questi sono segnali positivi, poi tutto andrà verificato: dobbiamo vedere cosa saremo capaci di fare nei prossimi due o tre mesi.
Ci sono le elezioni europee alle porte e, già in vista di quell’orizzonte, questo Governo dovrà fare delle cose perché bisogna dare dei messaggi forti di capacità di cambiare passo e di capacità di concretezza.
Personalmente, resto convinto del fatto che questa legislatura sia l’ultima spiaggia non per noi del PD, ma per costruire un processo di riforme in grado di ridare credibilità alle istituzioni, senza le quali la democrazia italiana va in crisi. O mettiamo in campo le riforme oppure perdiamo l’ultima occasione che abbiamo. Matteo Renzi lo ha detto il giorno dopo essere stato eletto che questa è l’ultima occasione ma ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. Se lo dice il nostro popolo, se lo dicono quelli che vengono ancora a votare alle primarie, immaginiamoci che cosa possono pensare i cittadini che non vanno neanche più a votare alle elezioni.
Tutte le critiche sono legittime; è sicuramente giusto discutere delle modalità in cui sono avvenuti alcuni fatti, così come dobbiamo sapere che abbiamo un Segretario che rompe tutti gli schemi e questo piace perché dà un segno di novità concreta che gli costruisce una credibilità agli occhi di chi non crede più nella politica, (anche se rompere gli schemi porta pure ad alcuni eccessi, a degli errori di stile). Però, adesso abbiamo bisogno di un partito che investa consapevolmente su questa fase, perché questa è l’ultima spiaggia e se questa è l’ultima spiaggia, allora, dobbiamo sapere che dobbiamo discutere del Paese, non di noi.
Il partito non può perdersi in una discussione autoreferenziale. Il PD adesso si deve assumere a pieno questa responsabilità del governo: non dobbiamo discutere di noi ma dobbiamo discutere del Paese e di quello che possiamo fare per il Paese, anche confrontandoci tra idee diverse.

Testo dell'intervento fatto al Circolo Pd del Gratosoglio (video 1° parte - video 2° parte).
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