Print

Un governo per la Repubblica

Written by Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani La nascita del Governo Renzi è stata per certi versi meno travagliata di quella del Governo Letta perché ha in qualche modo superato quello che era l'ostacolo politico (e psicologico) dell'aprile scorso, ossia la collaborazione fra il Partito Democratico e una forza diametralmente alternativa come il PDL.
Nel frattempo, infatti, il PDL è morto, Berlusconi è stato estromesso dal Parlamento, e molti dirigenti e parlamentari del PDL hanno rifiutato di aderire alla rinata Forza Italia dando vita al Nuovo Centrodestra. In questo senso, la scelta della dirigenza del PD di dar vita ad un nuovo Governo è in qualche modo la presa d'atto di un cambio di stagione.
Infatti, al di là di quelle che possono essere le ambizioni personali – peraltro evidentissime- di Matteo Renzi, era inevitabile che la sua chiara affermazione al recente Congresso del PD avrebbe avuto delle conseguenze sugli equilibri interni politici generali, poiché di fatto essa ha segnato l'accantonamento di una classe dirigente ormai prigioniera di se stessa e dei propri schemi consolidati.
Appaiono quindi incomprensibili i comportamenti di quei settori della minoranza interna (che peraltro è tutto fuorché una falange macedone) che prima hanno premuto perché il neo Segretario definisse i suoi rapporti con il Governo Letta, votando la mozione che sanciva la fine di quell'Esecutivo, e dal giorno dopo hanno incominciato a avanzare dubbi, a protestare, a creare intoppi, dimostrando di non avere ancora del tutto assimilato la dura lezione dell'8 dicembre. Molto più lineare, per quanto astratta, la posizione di Pippo Civati che fin dall'inizio si era rifiutato di votare per il Governo Letta e che ha dato voto favorevole a Renzi solo in base alla considerazione che un ulteriore rifiuto avrebbe sancito la sua esclusione dal partito (come sarebbe accaduto a qualsiasi latitudine).
Suona quindi alquanto patetica la richiesta di Gianni Cuperlo e di altri di rimettere in discussione il ruolo di Renzi come Segretario del partito, perché se c'è una lezione che il Fiorentino ha appreso chiaramente è che da adesso in poi i due luoghi di comando – il Governo ed il Partito- dovranno essere riuniti in una mano sola, per evitare quanto accadde a Prodi nel 1998 e nel 2008. Anche questo, peraltro, rispecchia perfettamente quanto accade nelle altre democrazie europee a base parlamentare.
Ora il Governo c'è, presenta significativi spunti di rinnovamento nelle facce e nei programmi, e deve dimostrare di saper guidare la Repubblica in questa fase di profonda difficoltà agendo insieme con rapidità e discernimento.
Il ruolo del partito evidentemente è diverso, ed è quello di dar voce alla realtà sociale diffusa che si trova sempre più in difficoltà nel rapporto con le istituzioni: è ben vero infatti che il PD ha praticamente vinto tutte le elezioni regionali e amministrative dell'ultimo anno, ma non ci si può nascondere che ciò è accaduto in un contesto di generale disaffezione verso la politica, anzi verso la democrazia rappresentativa in se stessa.
A questo il PD deve saper dare risposta, sia nella sua azione politica sia in quella del Governo, perché alla fine è proprio al PD che verrà imputato quanto di male o di bene accadrà da ora in poi.
Pin It