Le vicende romane di M5S
Se qualcuno di noi pensa che le vicende romane portino come conseguenza la fine del Movimento Cinque Stelle, secondo me, si sbaglia di grosso.
Per me la riflessione è un'altra e più profonda.
Il candidato premier Di Maio, lo dimostrano le prove esibite ieri e oggi dai quotidiani, ha mentito più volte sulla vicenda, conosceva esattamente la situazione, era stato informato con diversi mezzi (così anche la Sindaca e altri) ma ieri la sua platea, quella dei militanti, lo ha comunque scusato e osannato, magari meno che a Di Battista, ma lo ha comunque difeso e protetto.
Significa che il rapporto affettivo, fideistico, ideologico, tra quella base e i loro rappresentanti non utilizza più il filtro della razionalità coerente per consegnare il proprio consenso. O più probabilmente non l'ha mai usato.
La bugia di un capo è un errore, la bugia di un nemico è una condanna definitiva senza appello.
La psicologia di massa del movimento cinque stelle, per motivi vari, di rabbia sociale, di schifo per il passato, di delusione e riscatto delle fasce più colpite dalla crisi, ha moltissimo della struttura ideologica delle idee assolutistiche del secolo scorso.
Purezza, incorruttibilità, complotti, la piazza, epurazioni, violenza verbale, odio sociale, comunicazione di massa teleguidata.
Questo è l'armamentario classico delle ideologie assolutistiche del passato, che infiammavano le folle, illudevano i diseredati, nutrivano il cerchio magico, nascondevano la verità.
Qualcosa di simile accade in tutta Europa.
Gli errori dell'Europa, le omissioni dell'Occidente, la crisi dei modelli istituzionali, il conservatorismo di certa sinistra e di certa destra, sono il terreno fertile per la forza dei movimenti antisistema.
Solo la capacità di governare la crisi e cambiare le strutture allo stesso tempo può salvarci dalla democrazia delle folle che perdonano o condannano per alzata di mano. Dei capipopolo improvvisati e pericolosi.
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