La Festa dell'Unità
Articolo pubblicato da Arcipelago Milano.
Ogni anno nel mese di luglio, talvolta anche prima, nel Partito Democratico milanese si apre un breve ma acceso dibattito sulla localizzazione della Festa dell’Unità. Nel 2015 la scelta di collocarla presso i Giardini Montanelli, in pieno centro storico, dopo anni in cui si è svolta prima nel parcheggio di Lampugnano e poi al Carroponte di Sesto San Giovanni, ha generato non pochi malumori.
In molti hanno infatti giudicato questa nuova localizzazione troppo centrale e patinata, lontana dai veri problemi del territorio urbano.
L’altra critica, non secondaria, è relativa invece alla scelta di svolgere un grande evento, perché di tale si tratta visto che per dieci giorni migliaia di persone affollano l’area tra i dibattiti politici e gli stand commerciali, all’interno di un giardino monumentale. E quest’ultima osservazione vale per altri eventi (la festa di Wired sempre ai Giardini Montanelli, il luna-park e altri eventi sportivi collocati nel Parco Sempione, ecc.).
Ora, chi scrive quest’articolo non ha una posizione preconcetta contro un utilizzo eteogeneo di parchi e giardini urbani, siano anche monumentali e di altissimo volare storico-ambientale come sono il Montanelli e il Sempione. Ritengo che il verde urbano debba essere qualcosa di dinamico, fruibile dalla cittadinanza, un vero e proprio servizio alla persona e al suo benessere, in grado anche di “contaminarsi”, in senso buono ovviamente, ad eventi, installazioni provvisorie o definitive come ad esempio è stato il Teatro Continuo di Burri che la Giunta di Giuliano Pisapia ha scelto di ricollocare, nella sua posizione originaria, al centro dell’asse prospettico tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace. Come Consigliere di Zona 1 negli scorsi anni ho difeso e sostenuto questa scelta di fronte a chi, pur legittimamente, gridava alla violenza e alla cementificazione, mentre secondo me si è creato un bel presidio in grado di alzare il valore dell’offerta culturale della nostra città.
Tuttavia un’eventuale collocazione presso i Giardini Montanelli, oggi, mi troverebbe sempre più contrario e non solo per un tema di tutela ambientale, che pure non è indifferente ma che, va detto ad onore del vero, è anche garantito dagli organizzatori, i quali si impegnano regolarmente con l’amministrazione a riconsegnare gli spazi assegnati nelle condizioni originarie. Il tema che vorrei porre, e su cui mi piacerebbe si riflettesse maggiormente, è quello strategico che esprime in qualche modo la prima critica di cui ho parlato: ovvero il rapporto tra centro e periferia (mi si perdonerà la semplificazione lessicale che oggi dovremmo superare, parlando di città policentrica). È opportuno infatti che la scelta di dove realizzare la Festa, diventi strategica anche dal punto di vista politico.
Nelle scorse settimane ho avuto occasione di fotografare la situazione politica che le recenti elezioni amministrative ci hanno consegnato, ovvero 5 Municipi in mano al Centrodestra: via Padova e la Stazione Centrale, Forlanini e il Corvetto, Vigentino e Gratosoglio, Baggio e San Siro, Bovisa, Affori e Bicocca vedono il Pd in difficoltà. È così peregrina la polemica sulla festa troppo “milanocentrica” oppure, proprio partendo dai tanti dibattiti che vi si svolgono, possiamo ridiscutere una collocazione e farla diventare occasione di rilancio del nostro Partito (che pur a Milano ha conseguito un risultato importantissimo e prezioso con la vittoria di Beppe Sala e di 4 Municipi)?
È di lunedì sera l’ufficializzazione nella Direzione Metropolitana del PD milanese, di localizzare la Festa presso lo Scalo di Porta Romana e questa decisione mi rende soddisfatto, non tanto perché usciamo dall’imbarazzo dell’utilizzo di un giardino monumentale nel Municipio in cui governiamo, lo dico senza retorica. Esistono infatti alcuni luoghi, a Milano, sinceramente suggestivi, dove valutare possibili ubicazioni, con un’ottica di valorizzazione di quei luoghi stessi. Li unisce un filo conduttore che è quello del riuso temporaneo, un tema ormai parte integrante del nostro amministrare.
In un’epoca di scarsità di risorse per le casse pubbliche, spesso non si è in grado di “riempire” tutti i vuoti urbani o rivitalizzare definitivamente tanti luoghi abbandonati e degradati. L’area Expo o gli Scali ferroviari sono esempio primario di questo problema. Anche gli operatori privati non sono in grado di proporre progetti organici di rilancio delle intere aree (ci riescono solo per parti), se non a rischio di meccanismi speculativi che vanno assolutamente prevenuti.
Se quanto descritto è un tema dirimente per le politiche di governo del territorio dei prossimi anni, è molto interessante allora l’idea di una Festa dell’Unità in uno degli ex scali ferroviari. L’esempio del Mercato Metropolitano a Porta Genova e di The Tank a Porta Romana, esperienze caratterizzanti l’anno di Expo in città, ha rappresentato infatti un interessante precedente da cui prendere spunto, per collocare appunto gli stand Democratici, per oltre due settimane, sull’area dello scalo di piazzale Lodi e viale Isonzo. Si tratta non solo di un’ipotesi di organizzazione logistica che permetterà attività all’aperto come cinema e concerti, oltre ai classici stand di somministrazione e spazi per i dibattiti, al riparo da problemi di compatibilità socio-ambientale e con un ottimo grado di accessibilità (metropolitana, passante, linee ATM). La Festa allo Scalo Romana costituisce, nei fatti, anche un’occasione per il Partito Democratico di intestarsi uno dei fondamentali obiettivi della Giunta guidata da Beppe Sala, ovvero il rilancio di aree di abbandono e degrado urbano per le quali è richiesta immediata attenzione e cura.