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Il futuro dell'Europa dopo la Brexit

Written by Carlo Borghetti.

Carlo BorghettiA poche ore dall'ennesimo tragico attacco terroristico fondamentalista, e all'indomani della vittoria di chi in Gran Bretagna ha votato per uscire dall'Unione Europea, sento la necessità di condividere in modo più sistematico, con chi ci sta, riflessioni e notizie sul presente e sul futuro dell'Europa, che io credo fondamentale, anzi, decisivo, per il futuro di tutti noi.
Inauguro quindi questa nuova newsletter (chi non è interessato si può togliere), che si affiancherà (con cadenza discreta) alle consuete Note dalla Regione.
Lo faccio anche in virtù del mio nuovo impegno di segretario generale AICCRE Lombardia, sezione regionale del CCRE, il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa, con sede a Bruxelles da oltre 60 anni (CEMR, l'acronimo in inglese).
Scrivo di ritorno da Bratislava, dove sono intervenuto al simposio sul ruolo dei governi locali nella costruzione della UE, ruolo ancora più strategico, dopo la Brexit, se vogliamo una Unione più capace di riscuotere fiducia e di rispondere ai problemi dei cittadini europei oggi.
Sono convinto, infatti, che non è in crisi il concetto di Europa, ma è in grave difficoltà questo tipo di Unione, che negli anni forse non ha coinvolto abbastanza -con un ruolo più diretto, forte e reale- cittadini, Comuni e Regioni nel costruire le politiche europee dal basso.E così le politiche UE sono percepite come fatte "da altri", e da Stati nazionali sentiti "lontani" (spesso anche un po' troppo ingiustamente, a dire il vero). Ma "non si piange sulla propria storia, si cambia rotta", è stato giustamente scritto: a costo di sembrare retorici viene da dire che non basta più una Europa delle nazioni (fondamentale per alcune questioni), ma serve anche una Europa dei popoli e una Europa delle comunità locali.
La UE deve dare velocemente un segnale forte di cambiamento: la sconfitta del "remain" nel Regno Unito è stata decretata soprattutto dagli anziani e dalle fasce di popolazione che fanno più fatica e che sentono più minaccioso il futuro, e questo è il brodo di coltura che alimenta gli euroscettici anche nel continente: dunque servono misure più forti, e costruite dai territori, per affrontare innanzitutto i problemi delladisoccupazione, della povertà, della sicurezza e della immigrazione. Sulla questione migranti, in particolare, non si può più affrontare il problema seguendo una logica emergenziale, ma occorre un piano europeo condiviso, solido e di lungo termine.
Accanto a questo, per rendere l'Unione più vicina ai cittadini, e più democratica, ne va rivista la governance: più potere al Parlamento dove siedono i nostri rappresentanti che abbiamo votato, elezione diretta del Presidente, più collegialità tra gli Stati fondatori, più ruolo e sostegno ai governi locali (sui migranti, ad esempio, sono le città -non "gli Stati"- a soffrire)...
Ma anche i cittadini devono superare la disinformazione e le bugie dell'euroscetticismo, per essere più consci del valore della UE già oggi e nella storia che è stata: l'Unione non è certo solo vincoli, come molti vogliono far credere, e oltre che 70 anni di pace, è stata anche politiche di sviluppo e di solidarietà di cui godiamo ogni giorno senza saperlo. E di questo forse varrà la pena fare prossimamente un ripasso, per rinfrescare la consapevolezza di quali e quanti siano i benefici di cui stiamo godendo proprio grazie all'integrazione europea.

Per seguire l'attività di Carlo Borghetti: sito web - pagina facebook

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