Referendum è la battaglia cruciale
«Ha fatto un discorso forte che propone una visione dell'Italia e dell'Europa, nonché del ruolo che il Pd deve giocare per rilanciare una fase di crescita e sviluppo».
È inevitabile, come ha ribadito il premier, che se il referendum costituzionale andrà male il governo ne trarrà le conseguenze?
«Mi pare che Renzi abbia reso evidente quanto il referendum sia strategico per le prospettive del Paese e quanto si tratti di una battaglia decisiva che non può essere gestita in modo burocratico. È un passaggio cruciale per la modernizzazione dell'Italia ed è coerente con la nostra sfida per una nuova idea di Europa».
Esiste una questione sul doppio ruolo di Renzi? Dovrebbe dimettersi da segretario del partito?
«Guardando all'Europa si può individuare una soluzione. In tutti i Paesi europei il leader che vince diventa primo ministro mantenendo la leadership del partito e poi sceglie sulla base di un rapporto fiduciario il numero due che gestisce la quotidianità del partito. È un modello semplice che può essere la soluzione ai nostri problemi».
A mente fredda, quanta parte della sconfitta di Torino è frutto di dinamiche nazionali anziché locali?
«Il voto torinese è stato forse quello che ha determinato maggiore stupore rispetto alle aspettative in una città che, non solo nel mio quinquennio, è stata ben governata e mostra oggi segnali di ripresa. Eppure, l'esito è stato quello che sappiamo. Torino non è un`isola. Si sono manifestate dinamiche generali. Un vento di cambiamento che lì ha spirato più forte perché il centrosinistra governava da un quarto di secolo. Poi, una forte sofferenza sociale negli strati più umili della popolazione».
Lei ha ricordato che due anni fa il vento del cambiamento spirava a favore del Pd e che bisogna chiedersi cosa è cambiato. La sua risposta?
«Io ho sostenuto le riforme del governo, le condivido e trovo che sia stato fatto poco per valorizzarle. Ma bisogna essere consapevoli di quello che una volta si chiamava il “nodo dei due tempi”: il momento delle riforme non coincide con quello della distribuzione dei suoi benefici. Dicendo che tra un anno arriva il piano periferie, non rassicuriamo chi adesso lì vive con 400 euro al mese. Ha ragione Renzi nel sottolineare la necessità di tenere uniti l`orizzonte con la quotidianità. È questo il punto».
Come se ne esce?
«Non rinunciando alla tensione verso innovazione e cambiamento. Questo sarebbe un errore. Ma non c'è cambiamento senza equità. Bisogna accompagnare la trasformazione e le riforme con un cantiere sociale. Quando si dice riformismo con l`anima, si sottolinea la necessità di connetterci a una visione del futuro capace anche di dare risposte immediate».
C`è stato un eccesso di arroganza nell'atteggiamento del Pd?
«Il riformismo deve alimentare un rapporto costante con i cittadini. Il riformismo dall'alto non paga. Io credo che le politiche che stiamo facendo siano giuste, ma senza questa connessione con la quotidianità stiamo attenti: gli elementi di regressione possono essere rapidi e con conseguenze devastanti. Sono stato molto colpito dal fatto che nelle classi popolari l'immigrazione è un tema sempre più drammatico. C'è paura, inquietudine. Si vive ogni migrante come un competitore sulla casa popolare, la scuola, il posto in ospedale, l'asilo nido. Dobbiamo vedere queste contraddizioni ed essere capaci di dare risposte».
La soluzione può essere il reddito di cittadinanza che propongono i Cinquestelle?
«No. In campagna elettorale ho girato moltissimo e nessuno me lo ha chiesto. La gente chiede lavoro. La povertà si combatte producendo ricchezza, ma dobbiamo sapere che la redistribuzione non è immediata. Per questo a una politica di investimenti dobbiamo accompagnare una strategia di sostegno a chi è insidiato da povertà e precarietà».
Intervista a Piero Fassino pubblicata dal Corriere della Sera (PDF)»»
Video dell’intervento di Piero Fassino alla Direzione Nazionale PD»Intervista a Piero Fassino pubblicata dal Corriere della Sera (PDF)»»