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Sull'utero in affitto

Written by Stefano Facchi.

Stefano FacchiLo scrivo con molta sofferenza, ma voglio esprimere, con tutta la sincerità di cui sono capace, il disagio interiore che mi accompagna ogni volta che leggo o vengo a conoscenza di vicende che riguardino un utero in affitto. Non riesco a togliermi dalla testa l'idea di una madre disperata che, per vivere o sopravvivere, rinunci alla cosa più preziosa e intima che la natura le possa dare: veder crescere, amare, educare, curare la creatura che per sette o nove mesi ha portato dentro di se.
Non mi interessa che a crescere questa nuova persona sia una ricca famiglia californiana eterosessuale o un ricca famiglia italiana omosessuale o un single o un generale argentino come usava ai tempi dei desaparecidos (le donne incinte venivano ospitate in apposite strutture fino al parto, poi il bambino veniva "adottato" dal militare in lista d'attesa e la madre diventava "dispersa" a tutti gli effetti).
Sono di destra? Integralista?
No, non credo.
Sono per la libertà di ognuno di vivere come meglio ritiene beneficiando della sacrosanta protezione di tutti i diritti civili.
Sono perchè ognuno, nel rispetto delle libertà altrui, possa ricercare la propria felicità là dove lo porta il cuore e il vento della vita.
Sono perchè l'amore possa vivere e trionfare fuori da ogni gabbia, sia questa religiosa o sociale.
Ma non riesco a togliermi dalla mente la disperazione di quella madre che, dopo averla partorita, abbandona o è costretta ad abbandonare la propria creatura per mantenere fede ad un contratto.
Troppo crudele, per il mio modo di intendere i sentimenti.
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