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A Maroni non resta che dimettersi

Written by Sara Valmaggi.

Sara Valmaggi
Articolo pubblicato da ArcipelagoMilano.
Leges sine moribus vanae. Mai detto fu più vero in Lombardia. A pochi mesi dall’approvazione della nuova riforma la sanità in regione è stata travolta da una nuova inchiesta che ha visto l’arresto di 21 persone, fra cui Fabio Rizzi, presidente della Commissione sanità e relatore della riforma, l’uomo a cui Maroni aveva affidato le sorti del sistema sanitario lombardo. Un fatto grave, che fa seguito all’arresto di pochi mesi fa dell’allora vicepresidente e assessore alla Sanità Mantovani e all’avviso di garanzia inviato all’assessore al Bilancio, Garavaglia. L’ennesima conferma, dunque, che dal sistema formigoniano, caduto proprio per mano della Lega, sotto il peso degli scandali della sanità, al sistema maroniano nulla è cambiato.
Il rapporto malato fra sanità e politica in Lombardia continua a esistere. Le ramazze e le scope agitate da Maroni, solo tre anni fa, nella campagna elettorale e le garanzie di discontinuità rispetto al passato appaiono quanto mai fasulle.
Al contrario i fatti dei giorni scorsi testimoniano la mancanza di una vera volontà politica di rinnovamento. Maroni ha ormai troppe volte scelto di porre ai vertici della sanità le persone sbagliate, salvo poi prenderne sprezzantemente le distanze una volta cadute in disgrazia. Ma è sempre più difficile credere che questo sia stato casuale. Ha varato una riforma spacciandola per innovativa, improntata alla trasparenza e alla meritocrazia ma ha lasciato che ha realizzarla fossero persone che nulla avevano da invidiare ai loro predecessori formigoniani. La legge, peraltro già nata zoppa, si è così ridotta all’irrilevanza. Un’operazione da vero gattopardo, che ha già mostrato la sua vera natura.
Che a fare la differenza nella gestione della sanità siano le persone lo dimostra anche il modo in cui è nata l’ultima inchiesta, che si è poi estesa a decine di affidamenti sospetti. Tutto è partito dai controlli certosini di una commercialista, componente del collegio sindacale dell’azienda ospedaliera di Vimercate, Giovanna Ceribelli, che ha rilevato un’irregolarità in un contratto del 2009 e ha sporto denuncia alla Procura di Monza. Un caso di efficienza dei controlli che rischia di diventare ancora più raro. La nuova legge di riforma della sanità, che in realtà non è ancora a regime, rende per certi versi i controlli più difficili. È vero che è stata istituita, anche se non ancora resa operativa, l’Agenzia di controllo, nominata dai gruppi di minoranza, ma è altrettanto vero che il suo direttore generale è indicato dal Presidente della Regione e i compensi dei suoi componenti sono di molto inferiori a quelli dei membri dell’Agenzia di promozione del sistema sanitario lombardo.
Ma non solo. I Collegi dei revisori delle aziende sanitarie sono passati da cinque a tre componenti, due di nomina ministeriale e uno solo nominato dal Consiglio regionale, e i loro compensi sono stati ridotti. In sostanza le minoranze non possono più indicare alcun componente il che, di per se, porta a una minor garanzia dei controlli. Meglio sarebbe stato, come accade al Comune di Milano, far indicare dalle opposizioni l’unico revisore da nominare.
Del resto la disinvoltura leghista nel vanificare anche le buone norme si era già vista in occasione delle nomine dei direttori generali e sociosanitari. Con la nuova legge, su proposta del Partito democratico, i manager sanitari non sono più scelti discrezionalmente dalla Giunta ma individuati in una short list, selezionata da una commissione indipendente per criteri di merito. Nonostante questo la giunta di Maroni è riuscita ad aggirare la legge e a indicare nella short list solo professionisti vicini alla maggioranza, secondo l’antica consuetudine spartitoria.
In sostanza il governo Maroni ha fallito. Ha commesso troppi errori per meritare un nuovo appello. È stata superata, come era già accaduto ai tempi dell’ultimo governo Formigoni, la soglia oltre la quale il tentativo di tenere in piedi la giunta diventa accanimento terapeutico. Per questo, come Pd, insieme al Patto civico, abbiamo presentato una mozione di sfiducia, che sarà discussa in Consiglio il 1 marzo prossimo e promosso una petizione in cui chiediamo a Maroni di dimettersi (per firmare si può cliccare qui). Per la Lombardia è ora di voltare pagina.

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