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Un racconto di effetti a catena

Written by Roberto Pecoraro.

Roberto PecoraroIn questi giorni si sta parlando tanto dei cambiamenti climatici; sui social network impazzano centinaia di post sul tema, è la moda del momento!
Approfittando di questo, ho voluto studiare ed approfondire meglio il tema e proverò, nel seguito, ad esporre quello che ho capito.
Racconterò una storia di effetti a catena; di come le attività svolte dagli umani hanno modificato, si spera non irreversibilmente, l’habitat naturale.
Iniziamo quindi dai cosiddetti “gas ad effetto serra”.

I gas serra avvolgono la terra, più o meno come fa con il nostro corpo un qualsiasi indumento. Tali gas fanno in modo che il sole possa riscaldare il pianeta, trattenendo, in parte, il calore che altrimenti verrebbe disperso nello spazio.
Immaginiamo quindi la nostra terra, prima dello sviluppo industriale, con il suo involucro protettivo di gas serra che la avvolge. Chiamiamolo, in questa sede, “involucro pre-industriale”.
L'attività umana, in particolare l’evoluzione industriale, ha modificato l'equilibrio dei vari gas atmosferici. Cina e Stati Uniti sono i maggiori responsabili delle emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra, seguiti dall'Unione Europea.
La maggior parte delle emissioni di gas serra deriva dall’utilizzo di combustibili fossili: carbone, petrolio e derivati, gas naturale; altre emissioni provengono ad esempio dall'agricoltura e dall'allevamento del bestiame.
Le emissioni di anidride carbonica (CO2) rappresentano il problema più grande.
L'anidride carbonica è prodotta, naturalmente, da molte fonti: ogni volta che espiriamo, per esempio.
Gli oceani la assorbono, e le piante la usano per la fotosintesi. Esiste, in natura, un ciclo di rilascio e cessione dell’anidride carbonica, chiamato “ciclo del carbonio”.
L'anidride carbonica, però, viene immessa in atmosfera anche da alcune attività umane (es. l’industria) e rappresenta la gran parte delle emissioni di gas serra (ad esempio negli Stati Uniti, circa l’82 per cento).
I sistemi naturali, oceani e piante, non riescono ad assorbire questi quantitativi aggiuntivi; a ciò si aggiunge la deforestazione, che riduce ulteriormente la capacità naturale del pianeta di assorbire anidride carbonica.
E’ come se l’involucro pre-industriale fosse stato rivestito con un’imbottitura supplementare che ha l’effetto di trattenere più calore!
Prima della rivoluzione industriale, l'atmosfera conteneva circa 280 parti per milione di anidride carbonica. Nel 2015, la media annuale è stata superiore a 400 parti per milione, secondo l'Associazione Meteorologica Mondiale (World Meteorological Association).
Alcuni scienziati dicono che abbiamo già immesso in atmosfera due terzi della quantità di carbonio in grado di causare un riscaldamento irreversibile, oltre la "zona di pericolo", che molti considerano essere due gradi Celsius sopra le medie storiche.
A causa dell’incremento delle emissioni di anidride carbonica, gli oceani ne assorbono più di quanto dovrebbero secondo natura e si verifica un altro problema: le acque diventano più acide.
L’acidità viene misurata dal pH, valori più bassi di pH rappresentano maggiori livelli di acidità.
Il pH dell'oceano è sceso dal livello pre-industriale di 8.21 a meno di 8.1, secondo il National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti. Ciò equivale ad un aumento di circa il 30 per cento.
Gli oceani assorbono annualmente più di un quarto dell’anidride carbonica prodotta nel pianeta. L'anidride carbonica, reagendo con le acque dell’oceano, forma acido carbonico che divora tutto ciò che è carbonato, lasciandone meno per le creature del mare che ne hanno bisogno per fare conchiglie, scheletri e per le barriere coralline. Tra le creature danneggiate vi è il plancton, un elemento fondamentale della catena alimentare. Un altro gas ad effetto serra è il metano che ad esempio viene immesso in atmosfera a causa della digestione del bestiame.
Al metano è anche collegato il tema dello scioglimento del permafrost, che in parte è un fenomeno naturale ed in parte può essere facilitato dal riscaldamento globale della terra.
Il permafrost, o permagelo, è un terreno tipico delle regioni dell'estremo nord Europa dove il suolo è perennemente ghiacciato (non necessariamente con presenza di masse di acqua congelata). Convenzionalmente, con questo termine, si indica un terreno ghiacciato da almeno due anni.
Intrappolato sotto il permafrost, che funge da copertura impermeabile, si può trovare anche in grande quantità gas metano, accumulatosi nel corso dei millenni. Ad oggi questi giacimenti metaniferi sono naturalmente sigillati verso l'alto dalle vaste estensioni di terreni congelati, impermeabili quindi ai gas. Nel territorio artico dell'emisfero boreale (dove sono la maggior parte di terre emerse del pianeta, e quindi esposte al congelamento e scongelamento), si teme, come conseguenza dello scioglimento del permafrost, la liberazione di grandi quantità di metano nell'atmosfera terrestre, che si aggiungerebbero agli altri gas che già favoriscono l'effetto serra, innescando così, in circolo vizioso, un ulteriore riscaldamento globale.
Ma anche le attività industriali emettono metano. Altri grandi produttori di metano sono le discariche e l'agricoltura, soprattutto la coltivazione del riso.
Nel 2014, il metano nell'atmosfera è stato misurato in concentrazioni pari a più di due volte e mezzo il livello pre-industriale.
Il metano è una parte molto più piccola e meno duratura nell'atmosfera dell’anidride carbonica, ma è molto più efficiente nell’intrappolare calore.
Proviamo a ricapitolare quanto detto sinora: produzione di anidride carbonica in eccesso rispetto alla capacità della terra di assorbirla tramite piante ed oceani - emissioni di metano – minore capacità dell’atmosfera di disperdere il calore verso lo spazio.
Quindi la superficie terrestre si riscalda!
L’aria, diventando più calda contiene più umidità, quindi più temporali, più acqua. Ciò mette in crisi, come spesso drammaticamente vediamo, i sistemi idraulici a protezione dei centri abitati.
Anche le temperature degli oceani aumentano.
L'acqua, all’aumentare della temperatura, si espande, contribuendo all’innalzamento del livello del mare. Ma gli effetti vanno al di là di questo. L’acqua più calda assorbe meno anidride carbonica.
Più caldo diventa l'oceano, meno sarà quindi in grado di contribuire a rimuovere l’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera.
Atro tema, collegato al riscaldamento della terra, è lo scioglimento dei ghiacciai.
In Groenlandia il meccanismo sembra abbastanza chiaro: l'aria più calda scioglie il ghiaccio sulla parte superiore e l’acqua più calda, legata ai cambiamenti delle correnti oceaniche, scioglie le parti sommerse dei ghiacciai. Una considerazione ovvia è che tutta l'acqua in eccesso, proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai, contribuisce ulteriormente all’innalzamento del livello del mare.
Un altro fenomeno che si riscontra è lo scioglimento anomalo del ghiaccio marino nei mari artici. Tale ghiaccio, naturalmente, si scioglie un po’ in estate per poi riprodursi in inverno. Negli ultimi anni, tuttavia, si sta sempre più sciogliendo e sempre meno ricongelando.
La fusione del ghiaccio marino crea una spirale discendente. Il ghiaccio infatti, essendo bianco, riflette bene i raggi del sole; venendo a mancare superfici ghiacciate (bianche) che si sciolgono, l'acqua marina (scura) assorbe maggiormente il calore del sole e diventa ancora più calda, causando un ulteriore scioglimento del ghiaccio. Questa è un’altra causa dell’aumento del livello dei mari!
In tutto il mondo, il livello medio del mare è più di 83 millimetri più alto di quanto non fosse nel 1993 (NASA).
Livelli del mare più alti fanno aumentare il rischio di inondazioni e mareggiate; inoltre, l'intrusione di acqua salata in acqua dolce, può sconvolgere alcuni ecosistemi fragili e le economie che dipendono da loro.
La storia che ho provato a raccontare, spero senza troppe imprecisioni, narra di come l’uomo abbia modificato, si spera non irreversibilmente, l’ambiente naturale del pianeta. Certamente, per molti aspetti, ciò è avvenuto in modo inconsapevole, non essendo in passato noti tutti gli elementi scientifici di cui abbiamo coscienza oggi.
Grazie allo sviluppo delle conoscenze chi ha il potere di prendere decisioni è in grado oggi di sapere quali azioni vanno messe in atto. Si è parlato tanto e tanto si parla dei temi ambientali ed in particolare dei cambiamenti climatici (è chic, anzi eco-chic!) ma purtroppo non basta. Occorre agire, come si suol dire, sul “ferro”, tramite l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e studiandone sempre di nuove. Bisogna farlo, però, in modo sostenibile, tenendo conto anche degli aspetti economici e sociali.
Le conseguenze di un intervento inadeguato non riguarderanno nessuno di noi ma le generazioni future; proprio per questo bisogna agire con un maggiore senso di responsabilità!

Per contattare Roberto Pecoraro e seguire la sua attività: Twitter @RoPecoraro - Pagina Facebook - Sito web

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