Mobilità e cambiamenti
Intervento di Arianna Censi al convegno “Il futuro di Milano tra continuità e innovazione. Idee per un nuovo progetto di città” (pdf).
Sono proprio contenta di avere partecipato all’incontro di questa mattina perché finalmente ho ascoltato una riflessione sulla nostra città, sul ruolo della politica e del nostro partito determinante.
Gli amministratori devono essere interpreti dell’obiettivo che la politica si pone: dove vogliamo andare, perché e attraverso quali strumenti? Gli amministratori sono quelli che cercano di tradurre in azioni concrete questo percorso.
Silvia Roggiani ha messo in evidenza un punto importante che riguarda le città e le contraddizioni che ci sono. In Italia e in Europa ci sono contraddizioni più marcate e complessità più grandi perché il 60% dei cittadini europei vive nelle aree metropolitane (in Italia il 50%).
Quelle contraddizioni devono trovare una risposta che tenga insieme gli obiettivi e tutelare coloro che sono maggiormente vittime di coloro che sono incapaci di risolvere le contraddizioni.
Un primo tema che ci è stato consegnato negli ultimi anni in maniera determinante a partire dalla pandemia riguarda la nostra salute, il nostro benessere, l’aria che respiriamo.
Siamo riusciti a trasformare queste politiche che hanno caratterizzato Milano negli ultimi anni in qualcosa di popolare o, come diceva Alexander Langer, di “socialmente desiderabile”? Non completamente, per cui credo che la frontiera che abbiamo davanti sia esattamente questa. Dobbiamo tradurre tutto ciò che si sta facendo in protagonismo: “tutto ciò che si sta facendo in città mi riguarda, ne sono protagonista e riguarda anche la modifica della mia vita”.
Stiamo chiedendo di cambiare ma è chiaro che cambiare è difficile e la resistenza al cambiamento è forte.
La destra sta mettendo in pratica questo dal punto di vista culturale e politico.
La destra sta cavalcando la conservazione.
La destra dice che le nostre politiche escludono i poveri e, invece, noi stiamo agendo proprio per tutelare le persone che stanno peggio. Un po’ come è stato con la Brexit: l’hanno votata le classi sociali più povere e adesso sono massacrate dalle conseguenze che ne sono derivate.
Anche il tema della mobilità e delle politiche per la mobilità si inscrivono in questo quadro.
Oggi i cambiamenti della città si giocano sullo sviluppo di uno degli elementi di libertà che ci caratterizzano: il muoversi. La libertà di movimento è sempre stata legata alla macchina e al possesso dell’auto.
Oggi stiamo proponendo per le città un modello differente ma non è facile. È più facile dentro la città urbanizzata ma non lo è al di fuori, nella metropoli.
A Milano c’è un servizio di trasporto pubblico eccellente, costa molto ma trasportiamo più di 1.300.000 persone al giorno e circa 350 milioni di persone all’anno.
Appena fuori dai confini della città le cose cambiano e il trasporto pubblico è insufficiente.
Il trasporto pubblico fuori dalla città costa poco più di 100 milioni (mentre dentro la città costa circa 1 miliardo) ma la popolazione è la stessa, quindi vuol dire che molto resta scoperto.
Non possiamo continuare a farci osservare il trasporto pubblico milanese da coloro che hanno la responsabilità di gestire un trasporto pubblico regionale che non è degno della Lombardia.
Il passante ferroviario sarebbe una straordinaria opportunità perché attraversa la città da ogni direzione ma a volte i treni saltano delle corse oppure quelli che ci sono in alcuni orari sono troppo pieni oppure alcuni servizi sono sospesi. Questo trasporto deve essere potenziato da un investimento di metodo e di sostanza.
Non possiamo, quindi, concentrarci sulla piccola questione su cui il centrodestra sposta l’attenzione, ma dobbiamo essere in grado di aprire la riflessione ad un ragionamento prospettico più ampio.
Il trasporto pubblico locale deve rispondere a esigenze diverse, non solo a chi deve correre ma anche a chi deve essere collegato da un punto all’altro della città.
Oggi il servizio lo abbiamo ma dobbiamo fare di più.
Bisogna, quindi, capire come i poteri e le risorse della Città Metropolitana sono orientati a raggiungere quell’obiettivo dei collegamenti.
Dobbiamo essere capaci di fare politica e costruire un punto di vista che è politico e culturale. Poi la politica si sottopone al giudizio degli elettori. Non dobbiamo parlare alla pancia delle persone ma costruire una consapevolezza perché Milano ha queste contraddizioni, che a volte ci sono anche nel resto del Paese e che ci sono in tutte le metropoli europee.
Qui verifichiamo la complessità, anche rispetto agli investimenti fatti sul trasporto, come le nuove linee delle metropolitane, gli autobus elettrici per non inquinare. Tutti questi investimenti uniti al PNRR riguardano la parte non corrente del bilancio ma produrranno un costo sulla parte corrente. Questo sta accadendo a Milano prima che altrove perché gli investimenti sono arrivati prima. C’è, quindi, un legame profondo tra quello che accade nelle città e nelle aree metropolitane e quello che accadrà nelle elezioni europee.
Tra qualche mese, infatti, dovremo decidere qual è la linea: tornare indietro o essere in grado di continuare questo grande investimento. I finanziamenti non devono più essere per delle sperimentazioni ma dovranno essere il sostegno alle pratiche e alla gestione. Non possiamo costruire una metropolitana senza domandarci dove trovare i soldi per farla funzionare.
A Milano stiamo anticipando un processo, per cui la politica nazionale deve provare a guardare qui come ad un processo che prima o poi riguarderà anche altre aree.
C’è un tema che riguarda la contraddizione tra le aree interne e le altre che pensavamo di aver superato da dopo la pandemia ma credo che ci avvieremo ad una nuova contraddizione su questo terreno e dobbiamo costruire delle politiche adeguate.
Sono proprio contenta di avere partecipato all’incontro di questa mattina perché finalmente ho ascoltato una riflessione sulla nostra città, sul ruolo della politica e del nostro partito determinante.
Gli amministratori devono essere interpreti dell’obiettivo che la politica si pone: dove vogliamo andare, perché e attraverso quali strumenti? Gli amministratori sono quelli che cercano di tradurre in azioni concrete questo percorso.
Silvia Roggiani ha messo in evidenza un punto importante che riguarda le città e le contraddizioni che ci sono. In Italia e in Europa ci sono contraddizioni più marcate e complessità più grandi perché il 60% dei cittadini europei vive nelle aree metropolitane (in Italia il 50%).
Quelle contraddizioni devono trovare una risposta che tenga insieme gli obiettivi e tutelare coloro che sono maggiormente vittime di coloro che sono incapaci di risolvere le contraddizioni.
Un primo tema che ci è stato consegnato negli ultimi anni in maniera determinante a partire dalla pandemia riguarda la nostra salute, il nostro benessere, l’aria che respiriamo.
Siamo riusciti a trasformare queste politiche che hanno caratterizzato Milano negli ultimi anni in qualcosa di popolare o, come diceva Alexander Langer, di “socialmente desiderabile”? Non completamente, per cui credo che la frontiera che abbiamo davanti sia esattamente questa. Dobbiamo tradurre tutto ciò che si sta facendo in protagonismo: “tutto ciò che si sta facendo in città mi riguarda, ne sono protagonista e riguarda anche la modifica della mia vita”.
Stiamo chiedendo di cambiare ma è chiaro che cambiare è difficile e la resistenza al cambiamento è forte.
La destra sta mettendo in pratica questo dal punto di vista culturale e politico.
La destra sta cavalcando la conservazione.
La destra dice che le nostre politiche escludono i poveri e, invece, noi stiamo agendo proprio per tutelare le persone che stanno peggio. Un po’ come è stato con la Brexit: l’hanno votata le classi sociali più povere e adesso sono massacrate dalle conseguenze che ne sono derivate.
Anche il tema della mobilità e delle politiche per la mobilità si inscrivono in questo quadro.
Oggi i cambiamenti della città si giocano sullo sviluppo di uno degli elementi di libertà che ci caratterizzano: il muoversi. La libertà di movimento è sempre stata legata alla macchina e al possesso dell’auto.
Oggi stiamo proponendo per le città un modello differente ma non è facile. È più facile dentro la città urbanizzata ma non lo è al di fuori, nella metropoli.
A Milano c’è un servizio di trasporto pubblico eccellente, costa molto ma trasportiamo più di 1.300.000 persone al giorno e circa 350 milioni di persone all’anno.
Appena fuori dai confini della città le cose cambiano e il trasporto pubblico è insufficiente.
Il trasporto pubblico fuori dalla città costa poco più di 100 milioni (mentre dentro la città costa circa 1 miliardo) ma la popolazione è la stessa, quindi vuol dire che molto resta scoperto.
Non possiamo continuare a farci osservare il trasporto pubblico milanese da coloro che hanno la responsabilità di gestire un trasporto pubblico regionale che non è degno della Lombardia.
Il passante ferroviario sarebbe una straordinaria opportunità perché attraversa la città da ogni direzione ma a volte i treni saltano delle corse oppure quelli che ci sono in alcuni orari sono troppo pieni oppure alcuni servizi sono sospesi. Questo trasporto deve essere potenziato da un investimento di metodo e di sostanza.
Non possiamo, quindi, concentrarci sulla piccola questione su cui il centrodestra sposta l’attenzione, ma dobbiamo essere in grado di aprire la riflessione ad un ragionamento prospettico più ampio.
Il trasporto pubblico locale deve rispondere a esigenze diverse, non solo a chi deve correre ma anche a chi deve essere collegato da un punto all’altro della città.
Oggi il servizio lo abbiamo ma dobbiamo fare di più.
Bisogna, quindi, capire come i poteri e le risorse della Città Metropolitana sono orientati a raggiungere quell’obiettivo dei collegamenti.
Dobbiamo essere capaci di fare politica e costruire un punto di vista che è politico e culturale. Poi la politica si sottopone al giudizio degli elettori. Non dobbiamo parlare alla pancia delle persone ma costruire una consapevolezza perché Milano ha queste contraddizioni, che a volte ci sono anche nel resto del Paese e che ci sono in tutte le metropoli europee.
Qui verifichiamo la complessità, anche rispetto agli investimenti fatti sul trasporto, come le nuove linee delle metropolitane, gli autobus elettrici per non inquinare. Tutti questi investimenti uniti al PNRR riguardano la parte non corrente del bilancio ma produrranno un costo sulla parte corrente. Questo sta accadendo a Milano prima che altrove perché gli investimenti sono arrivati prima. C’è, quindi, un legame profondo tra quello che accade nelle città e nelle aree metropolitane e quello che accadrà nelle elezioni europee.
Tra qualche mese, infatti, dovremo decidere qual è la linea: tornare indietro o essere in grado di continuare questo grande investimento. I finanziamenti non devono più essere per delle sperimentazioni ma dovranno essere il sostegno alle pratiche e alla gestione. Non possiamo costruire una metropolitana senza domandarci dove trovare i soldi per farla funzionare.
A Milano stiamo anticipando un processo, per cui la politica nazionale deve provare a guardare qui come ad un processo che prima o poi riguarderà anche altre aree.
C’è un tema che riguarda la contraddizione tra le aree interne e le altre che pensavamo di aver superato da dopo la pandemia ma credo che ci avvieremo ad una nuova contraddizione su questo terreno e dobbiamo costruire delle politiche adeguate.
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