Una crescita inclusiva
Intervento di Alessandro Capelli al convegno “Il futuro di Milano tra continuità e innovazione. Idee per un nuovo progetto di città” (pdf).
Ringrazio i tanti e le tante che hanno partecipato al percorso congressuale, non ho ancora avuto modo di farlo e lo faccio ora.
La discussione su Milano penso che debba essere il cuore di ciò che facciamo. Le elezioni saranno tra tre anni e, quindi, non è il caso di infilarsi in un dibattito tutto giornalistico sul toto-nomi di chi farà il candidato sindaco ma dobbiamo essere molto sinceri nell’analisi di ciò che facciamo sulla città.
La mia valutazione parte dal fatto che abbiamo iniziato un ciclo nel 2011 che oggi è finito perché quell’idea di città è ormai cambiata.
Con le primarie del 2010, l’idea di fondo era che volevamo cambiare completamente la città. Milano, all’epoca, iniziava ad attrarre grandi investimenti ma non aveva un’anima, non aveva una visione, non aveva coraggio, teorizzava il coprifuoco nelle zone difficili, come via Padova, pensava di mettere più rotonde al posto delle piazze per far andare più veloci le auto private.
Noi, allora, volevamo cambiare Milano, creare una città capace di crescere e di non lasciare indietro nessuno: era il rovesciamento vero del Governo del centrodestra della città.
Milano doveva diventare una grande capitale europea, anche per la sua storia di “Mediolanum”, cioè città di mezzo all’Europa. La città storicamente è diventata grande quando si è aperta al mondo per cui l’idea della destra regressiva, di crescere mettendo muri intorno, era sbagliata.
In questi anni siamo sicuramente riusciti nella missione di far diventare Milano una grande metropoli europea.
Abbiamo investito moltissimo sulle trasformazioni della viabilità.
Abbiamo lavorato tantissimo per trasformare l’aggregazione della socialità in un momento di coesione sociale, anche per creare maggior sicurezza.
Siamo stati attenti a cercare di redistribuire la ricchezza nella forma in cui lo può fare un’amministrazione locale.
Abbiamo cercato di capire come la crescita della città potesse essere accogliente per tutti e venire redistribuita.
Su alcune sfide abbiamo raggiunto l’obiettivo mentre su altre no.
Dobbiamo dirci, però, che non può esistere una crescita fine a sé stessa e se non riguarda tutto e tutti.
Le grandi metropoli europee crescono sulla capacità di attrarre da fuori e tenere dentro chi già c’è.
Oggi abbiamo da affrontare il tema della classe media che, storicamente, è stata anche il motore propulsivo della crescita delle città, con un reddito medio ma che oggi a Milano fa fatica a stare rispetto ad altri luoghi.
Il reddito medio a Milano è di 36mila euro all’anno, di cui a quarto oggiaro 18mila e in centro 50mila. Con questi redditi però la città non riesce a essere accessibile a tutti.
Dobbiamo essere noi del PD a stare più attenti a questo aspetto e dobbiamo rendere tutti parte della crescita di Milano. Oggi è obsoleto il modello della città che corre.
Milano appare come un posto luccicante ma una parte della popolazione che pure sta e vuole stare a Milano vede che quella crescita come qualcosa che non gli appartiene e questo genera rabbia sociale. Accade in molte grandi città europee.
Cambiare questo aspetto è il compito vero che ci dobbiamo dare come PD.
Questo è il compito della rappresentanza politica: valutare le priorità e su quelle dare battaglia alla Regione e al Governo.
Quando siamo riusciti a comporre il centrosinistra nel 2011 è perché siamo riusciti a capire che questo non poteva essere solo un’alleanza tra partiti perché questo oggi è debole nella società.
Il centrosinistra è forte quando c’è una grande coalizione civica e sociale che tiene dentro i corpi politici che fanno rappresentanza ma anche i corpi sociali, l’associazionismo, la cittadinanza attiva.
Questo a Milano siamo riusciti a farlo bene.
Il centrosinistra milanese, dal 2010 in poi, non era solo una coalizione di partiti ma aveva intorno una città.
A marzo faremo un evento che metta al centro l’idea di costruire una grande coalizione civica, sociale e una città con cui costruire insieme le prossime battaglie.
Ora c’è un’ampia discussione sul PGT ma ci sono tante questioni.
Milano è al centro di discussioni economiche ma le persone guardano anche ad altro, l’essere milanesi si compone di tante altre cose.
Inoltre, non riusciremo ad affrontare le sfide di oggi se continuiamo a ragionare in un’ottica che guarda solo dentro i confini della città. Milano è una realtà metropolitana e i temi si declinano su questo, a partire dalla mobilità ma anche la vicenda della Stadio.
Noi dobbiamo spingere per una riforma della legge sulle Città Metropolitane. Cambiare Milano si fa se si ha uno sguardo metropolitano.
Ringrazio i tanti e le tante che hanno partecipato al percorso congressuale, non ho ancora avuto modo di farlo e lo faccio ora.
La discussione su Milano penso che debba essere il cuore di ciò che facciamo. Le elezioni saranno tra tre anni e, quindi, non è il caso di infilarsi in un dibattito tutto giornalistico sul toto-nomi di chi farà il candidato sindaco ma dobbiamo essere molto sinceri nell’analisi di ciò che facciamo sulla città.
La mia valutazione parte dal fatto che abbiamo iniziato un ciclo nel 2011 che oggi è finito perché quell’idea di città è ormai cambiata.
Con le primarie del 2010, l’idea di fondo era che volevamo cambiare completamente la città. Milano, all’epoca, iniziava ad attrarre grandi investimenti ma non aveva un’anima, non aveva una visione, non aveva coraggio, teorizzava il coprifuoco nelle zone difficili, come via Padova, pensava di mettere più rotonde al posto delle piazze per far andare più veloci le auto private.
Noi, allora, volevamo cambiare Milano, creare una città capace di crescere e di non lasciare indietro nessuno: era il rovesciamento vero del Governo del centrodestra della città.
Milano doveva diventare una grande capitale europea, anche per la sua storia di “Mediolanum”, cioè città di mezzo all’Europa. La città storicamente è diventata grande quando si è aperta al mondo per cui l’idea della destra regressiva, di crescere mettendo muri intorno, era sbagliata.
In questi anni siamo sicuramente riusciti nella missione di far diventare Milano una grande metropoli europea.
Abbiamo investito moltissimo sulle trasformazioni della viabilità.
Abbiamo lavorato tantissimo per trasformare l’aggregazione della socialità in un momento di coesione sociale, anche per creare maggior sicurezza.
Siamo stati attenti a cercare di redistribuire la ricchezza nella forma in cui lo può fare un’amministrazione locale.
Abbiamo cercato di capire come la crescita della città potesse essere accogliente per tutti e venire redistribuita.
Su alcune sfide abbiamo raggiunto l’obiettivo mentre su altre no.
Dobbiamo dirci, però, che non può esistere una crescita fine a sé stessa e se non riguarda tutto e tutti.
Le grandi metropoli europee crescono sulla capacità di attrarre da fuori e tenere dentro chi già c’è.
Oggi abbiamo da affrontare il tema della classe media che, storicamente, è stata anche il motore propulsivo della crescita delle città, con un reddito medio ma che oggi a Milano fa fatica a stare rispetto ad altri luoghi.
Il reddito medio a Milano è di 36mila euro all’anno, di cui a quarto oggiaro 18mila e in centro 50mila. Con questi redditi però la città non riesce a essere accessibile a tutti.
Dobbiamo essere noi del PD a stare più attenti a questo aspetto e dobbiamo rendere tutti parte della crescita di Milano. Oggi è obsoleto il modello della città che corre.
Milano appare come un posto luccicante ma una parte della popolazione che pure sta e vuole stare a Milano vede che quella crescita come qualcosa che non gli appartiene e questo genera rabbia sociale. Accade in molte grandi città europee.
Cambiare questo aspetto è il compito vero che ci dobbiamo dare come PD.
Questo è il compito della rappresentanza politica: valutare le priorità e su quelle dare battaglia alla Regione e al Governo.
Quando siamo riusciti a comporre il centrosinistra nel 2011 è perché siamo riusciti a capire che questo non poteva essere solo un’alleanza tra partiti perché questo oggi è debole nella società.
Il centrosinistra è forte quando c’è una grande coalizione civica e sociale che tiene dentro i corpi politici che fanno rappresentanza ma anche i corpi sociali, l’associazionismo, la cittadinanza attiva.
Questo a Milano siamo riusciti a farlo bene.
Il centrosinistra milanese, dal 2010 in poi, non era solo una coalizione di partiti ma aveva intorno una città.
A marzo faremo un evento che metta al centro l’idea di costruire una grande coalizione civica, sociale e una città con cui costruire insieme le prossime battaglie.
Ora c’è un’ampia discussione sul PGT ma ci sono tante questioni.
Milano è al centro di discussioni economiche ma le persone guardano anche ad altro, l’essere milanesi si compone di tante altre cose.
Inoltre, non riusciremo ad affrontare le sfide di oggi se continuiamo a ragionare in un’ottica che guarda solo dentro i confini della città. Milano è una realtà metropolitana e i temi si declinano su questo, a partire dalla mobilità ma anche la vicenda della Stadio.
Noi dobbiamo spingere per una riforma della legge sulle Città Metropolitane. Cambiare Milano si fa se si ha uno sguardo metropolitano.