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Finalmente l'Europa sta cambiando sui flussi migratori

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIl fenomeno dei migranti ormai ha assunto un’evidenza tale che si può sgombrare il campo da una serie di valutazioni propagandistiche che sono state volutamente utilizzate in questi mesi per portare a casa qualche voto in più.
Credo che ormai sia chiaro che non siamo di fronte ad un fenomeno migratorio legato al “buonismo” dell’Italia o alla sensazione che hanno gli immigrati di poter trovare qui un certo lassismo ma siamo di fronte ad un fenomeno per cui alcuni, pur di scappare dalle loro condizioni e cercare di garantire ai loro figli condizioni migliori, sono disposti a rischiare molto.
Orbàn in Ungheria, ad esempio, ha sempre mostrato il volto più feroce e ha preannunciato la costruzione di un muro ma le immagini della stazione di Budapest di qualche giorno fa dimostrano che siamo di fronte ad un fenomeno che non è nella responsabilità di un governo buonista o malvagio ma accade comunque e occorre governarlo.
Su queste vicende, finalmente, l’Europa si sta muovendo e le cose sono cambiate in maniera evidente e concreta. Oggi il compito dell’Europa finalmente viene assunto: si parla di governare l’assistenza e distribuire gli oneri tra tutti i Paesi. Si assume un principio che noi abbiamo richiamato già da tempo e cioè che se c’è un’Europa politica - e non solo un’unione finanziaria o economica - è il momento di dimostrarlo nell’affrontare questa emergenza e mi pare che si stia andando in questa direzione.
In questi giorni, stiamo ascoltando molte cose che il Governo e il Parlamento italiano sostenevano da mesi.
Sicuramente Austria e Germania, aprendo le frontiere ai profughi siriani, hanno contribuito molto a questo cambio di clima. Da lì, infatti, è arrivato un messaggio forte.
L’esempio della Merkel, in particolare, ha dato a tutti - anche a Salvini - un avvertimento sul fatto che è ora di prendere atto della realtà.
Purtroppo un messaggio forte è venuto anche da alcune tristi immagini mostrate sui media di tutto il mondo che, però, hanno avuto il merito di responsabilizzare non solo la politica ma anche tante comunità di cittadini. Oggi è evidente a tutti che siamo di fronte ad un fenomeno che non può essere contrastato pensando di chiudere le frontiere: ci sono persone che scappano da una guerra e, purtroppo, le migliaia di morti che ci sono state in questa fuga dimostrano che non c’è rischio che non siano disposte a correre pur di fuggire.
Gli interventi da mettere in atto saranno diversi: ci sarà sicuramente una ripartizione delle quote dei profughi più consona rispetto a quelle vigenti, una modalità più efficace per accogliere quelli che sono i profughi (cioè coloro che scappano dalle guerre) e anche fare uno sforzo comune per gestire il respingimento di altri tipi di migranti che non fuggono da guerre. Inoltre, sarà molto importante la riunione prevista il 30 settembre all’ONU perché l’azione politica sarà volta a chiedere alle Nazioni Unite di poter intervenire in Libia e nei Paesi da cui provengono i flussi migratori, non con interventi militari ma creando le condizioni affinché si possa andare ad accogliere i profughi lì e costruire dei corridoi umanitari, evitando che vengano messe in mare le scialuppe che portano solo morte e contrastando così anche i trafficanti di uomini.
Dopodiché occorre distinguere tra i migranti in arrivo. Ci sono dei Paesi – come la Siria ma non solo – in cui c’è la guerra e in cui ci sono problemi di libertà e di violenze e chi viene da lì deve avere diritto all’accoglienza e all’asilo, mentre gli altri devono essere rimpatriati.
Non tutti, infatti, sono profughi.
Al fine di garantire accoglienza a chi chiede asilo politico, più saranno chiari i criteri meglio sarà.
Probabilmente, occorrerà potenziare ulteriormente le commissioni preposte a distinguere i richiedenti asilo dagli immigrati economici per velocizzare il vaglio delle richieste e dell’identificazione dei soggetti che, oggi, richiedono tempi ancora troppo lunghi.
Gli altri migranti che fuggono dai loro Paesi per motivi economici dovranno essere rimpatriati ma per farlo non è sufficiente l’impegno di un singolo Paese.
L’Italia, anche in anni passati, ha già fatto dei rimpatri, tuttavia anche questa è una funzione che deve svolgere tutta la Comunità Europea, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista degli strumenti che vengono messi in campo, sia dal punto di vista delle regole, perché occorre anche che ci sia una comunità internazionale che garantisca il rientro di queste persone nei loro Paesi. Il respingimento, infatti, prevede anche che ci siano un luogo e un Governo che riaccolgano queste persone.
Attualmente, c’è un riconoscimento generale del fatto che l’Italia ha fatto ciò che poteva e di un’istanza che abbiamo più volte messo in campo, cioè il dire che o l’Unione Europea c’è per affrontare questi problemi oppure non esiste più l’Europa.
Se di fronte ad un problema come questo l’Europa non riesce a superare le divisioni e i micro-interessi nazionali, non esiste.
Serve, poi, uno sforzo di tutta l’Europa, anche per continuare ad insistere perché ci sia una politica per il Mediterraneo e per i Paesi africani. Questo non risolve l’emergenza immediata, ma in Africa stanno sparendo interi Stati e c’è il rischio che questo processo di disgregazione porti nuovi problemi, nuovi fenomeni, nuove pressioni su di noi.
Per questo, bisogna intervenire lì, cambiando anche gli orizzonti della nostra politica estera e facendola ritornare sulle priorità che l’Italia ha avuto per tanto tempo: occuparsi del Mediterraneo e occuparsi dell’Africa.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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