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La reazione alla corruzione

Written by Patrizia Toia.

Articolo di Patrizia Toia.

La prima reazione è stata di choc, poi subito di indignazione e di rabbia.
Choc perché non ci si poteva credere.
Indignazione perché i fatti sono gravissimi e, al di là dei reati di cui si occuperà la magistratura, c’è una ferita sanguinosa, che non si può in alcun modo minimizzare.
Rabbia perché queste condotte vergognose hanno provocato tanti danni: un danno agli italiani, per la loro immagine, un danno al mondo socialista e progressista, perché è all’interno di questo mondo che, sia pure con diverse appartenenze, i soggetti in questione stavano, e un danno, il peggiore forse, alla dignità e onorabilità di un’istituzione come il Parlamento Europeo.
Ora, dopo la condanna senza sconti e senza alcuna sfumatura, si deve reagire con molta durezza e con mosse concrete. Le parole, anche le più sincere, non bastano più.
Qui si è in presenza di vergognosi traditori dei propri ideali e il PD è perciò “parte lesa”, ma noi dobbiamo essere “spietati” anche con il nostro mondo.
Da un lato è giusto rimarcare che il gruppo e la nostra delegazione non sono stati condizionati né compromessi.
Infatti, se questa azione di corruzione tendeva ad addolcire le posizioni della delegazione sul Qatar, l’obiettivo non è andato in porto, anzi la delegazione PD ha votato tutti gli emendamenti che accusavano il Qatar per le morti dei lavoratori non tutelati e per molti altri punti.
Tutto vero, noi non ci siamo fatti né condizionare né influenzare, né tantomeno corrompere.
Ma, dall'altro lato, dobbiamo avere il coraggio di capire, pur se si tratta di casi limitati, come sia stato possibile che nella nostra famiglia progressista sia avvenuto un tale SOVVERTIMENTO dell’onestà personale e politica, dei valori di base, delle idee, e della dignità che il vincolo del pubblico incarico comporta.
È vero che le responsabilità sono personali, ma che ciò sia avvenuto in “casa nostra” con un ex deputato del gruppo e una vicepresidente del parlamento del gruppo S&D è grave e ci chiama in causa.
Capire non vuol dire minimizzare, anzi! Vuol dire che occorre ancor più irrobustire la nostra formazione personale e politica e selezionare più accuratamente la classe dirigente.
Quello che posso assicurare è che l’immagine del Parlamento che emerge NON È QUELLA VERA. Si tratta di un caso, forse di pochissimi casi, MA NON È UN SISTEMA.
Il Parlamento è aperto, frequentato dei rappresentanti degli interessi costituiti, cioè gli stakeholder, ma questo è un bene perché ciò avviene nella trasparenza e “sotto gli occhi di tutti”.
Il parlamento è “la casa dei cittadini europei” ed è una CASA PULITA, con regole chiare e all’insegna della trasparenza.
È un luogo dove si lavora (e molto), ci si confronta col mondo esterno nella chiarezza dei ruoli e, per quanto mi riguarda, nel rispetto soprattutto della funzione rappresentativa del deputato eletto, che è al servizio dell’interesse dei cittadini e del bene comune.
Certo occorre chiarezza, dignità di sé, saldezza di comportamenti, amore per la legalità, sobrietà nella condotta pubblica e privata, rispetto dei diritti di tutti a partire da quelli dei cittadini che ci hanno mandato qui, in Parlamento.
Oggi emerge però che le regole attuali non bastano. Ecco perché, oltre alle decisioni prese in questi giorni (destituzione della Vicepresidente, creazione di una commissione di inchiesta) dobbiamo dotarci di altri strumenti che ci aiutino a prevenire e a contenere eventuali comportamenti devianti.
Va rilanciata la proposta di un registro obbligatorio per ogni deputato per dar conto degli incontri con le lobby e va formalizzata l’istituzione di un Comitato Etico (che era già pronto) che va reso più impegnativo e penetrante.
Va inoltre superato il cosiddetto sistema delle revolving doors che consente di passare senza stacco da una funzione parlamentare o di responsabilità politica a una funzione di rappresentanza di interessi specifici dentro al Parlamento e vanno stabilite regole per impedire viaggi non a spese proprie e impedire doppi lavori, salvo esplicita autorizzazione.
Queste sono le prime riforme per ridare trasparenza e lustro al Parlamento e dunque fiducia ai cittadini verso “la casa comune”.
Poi, naturalmente, c’è la politica che dovrà essere più sobria, più severa e anche più intransigente.

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