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L’Italia non è solo degrado

Written by Dario Franceschini.

Dario Franceschini
Intervista a Dario Franceschini pubblicata da La Stampa.
Accogliendo a Expo 83 delegazioni di altrettanti Paesi per il Forum internazionale dei ministri della Cultura, Dario Franceschini li ha convinti a lanciare un’iniziativa comune, guidata dall’Unesco, per proteggere le opere d’arte quando sono oggetto di calamità naturali o attacchi terroristici.
Lei ha parlato di “caschi blu” della cultura. Pensava un po’ anche a Roma e all’Italia?
«No, non confondiamo i piani. Sarebbe una semplificazione eccessiva e sbagliata. Un conto è dire che Roma ha dei problemi, un conto metterla sullo stesso piano di patrimoni dell’umanità che rischiano la distruzione. Spesso abbiamo fretta di elencare i problemi, ma questi arrivano anche da un dato positivo: il turismo internazionale verso il nostro Paese è cresciuto. E nel 2014, in un anno di crisi, abbiamo superato i 50 milioni di arrivi».
Ma un ministro della Cultura come si sente quando su giornali come il New York Times e Le Monde escono articoli durissimi sul degrado di Roma?
«Sono giornali che scrivono pezzi negativi, ma capaci anche di fare fotografie positive del nostro paese. Dopo la visita alla Villa dei misteri, hanno scritto che Pompei è uscita dalla crisi, non se ne sono vergognati. Noi siamo capaci di fare denunce ma poi ci vergogniamo di avere orgoglio nazionale, quello che invece coltivano francesi o americani. L’Italia è piena di storie di successo e non dovrebbe essere avvilente parlarne, per snobismo invece non lo si fa. Lunedì inaugureremo a Pompei la Palestra grande e gli affreschi di Moregine dopo un periodo di restauro: sono curioso di vedere se la cosa avrà lo stesso spazio di un’ora di assemblea sindacale (era il 24 luglio ndr)».
In fin dei conti la scelta di mettere un generale dei Carabinieri - Giovanni Nistri - come direttore generale di Pompei è un po’ come scegliere un casco blu.
«Bisogna riconoscere che ha fatto un gran lavoro di trasparenza e ha vigilato affinché venissero spesi in modo regolare tutti i fondi italiani ed europei stanziati».
Tornando a Roma: L’impressione è di una città un po’ seduta sulle sue bellezze, e poco attenta ai servizi necessarie per viverle.
«È una questione italiana e non romana. Abbiamo una grande tradizione e forza nella tutela del patrimonio, ma a lungo non abbiamo investito abbastanza nella sua valorizzazione. Quando io sono diventato ministro della Cultura e ho detto che mi sentivo alla guida del più importante ministero economico del Paese, qualcuno si è offeso. Invece tutela e valorizzazione insieme - e non in alternativa - possono essere un motore di sviluppo e occupazione».
Anche i privati possono avere un ruolo? È per questo che ha accolto i ministri della Cultura di tutto il mondo alla fondazione Prada?
«La vastità del nostro patrimonio richiede costantemente risorse, e a fianco di quelle pubbliche - che non potranno mai essere sostituite - è bene che ci sia l’intervento privato. Dopo anni di attesa c’è l’Art bonus, un incentivo fiscale che dà agevolazioni del 65%o per chi investe in cultura. L’hanno fatto Prada, Armani e Feltrinelli, con le loro fondazioni. In America è normale: è l’idea che un pezzo del valore della mia impresa è quanto io restituisco al mio Paese. Lì lo chiamano “Give back”».
Ieri nell’editoriale di questo giornale si chiedeva agli italiani di rimboccarsi le maniche per fare la propria parte, un tema che scatena polemiche, come è successo quando Alessandro Gassman ha invitato i romani a scendere in strada per pulire la loro città.
«È un bel segnale se i cittadini scelgono di prendersi cura delle città in cui vivono, ma è il pubblico che deve risolvere i problemi, non possiamo chiedere agli italiani di sostituirsi allo Stato. Mi accontenterei se recuperassimo un po’ di senso civico, se diminuissero gli atti vandalici, se si deturpasse meno: troppo spesso ci dimentichiamo che se è sporco significa che qualcuno ha sporcato».
E da dove si parte per far crescere anche l’occupazione, il tema del giorno?
«Nel mondo globale ogni Paese deve capire qual è la sua vocazione, il settore dove sei più forte e competitivo e questo per noi non può che essere il patrimonio culturale. L’Italia è un grande museo diffuso, è questo il nostro motore di crescita, perché significa turismo ma anche attrazione di capitali e investimenti. Non dobbiamo puntare solo su fontana di Trevi, ponte di Rialto e Uffizi, ma moltiplicare l’offerta a tutto il patrimonio italiano. Continueremo a lavorare sulla tutela, ma dobbiamo crescere, non solo difendere l’esistente. Crescere su tutto ciò che sta attorno ai Beni Culturali: trasporti, ospitalità e accoglienza. Portare avanti la riforma per rendere lo straordinario patrimonio dei musei anche veicolo di attrazione. E far crescere finalmente anche le industrie creative e culturali, che hanno fatto la fortuna di Paesi come la Gran Bretagna. Lì abbiamo terreno da recuperare, e lì vanno ben 114 dei 490 milioni di fondi europei strutturali».
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