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Europa: difficoltà attuali e riforme future

Written by Patrizia Toia.

Patrizia ToiaQuesto scorcio di anno ha messo quasi brutalmente a nudo le "pecche" di una costruzione europea incompiuta e soprattutto la fragilità della zona euro, che condizionerà negativamente la capacità di crescita e di sviluppo dell'Europa se non si procederà a fare le riforme, questa volta europee, indispensabili. Il doloroso caso della Grecia è stato la cartina di tornasole o il detonatore di questa situazione e l'Europa si è rivelata divisa e quasi incurante di mettere in gioco il suo futuro, pur di salvare il principio della intangibilità del rispetto delle regole di controllo dei bilanci. 
Si è resa manifesta soprattutto la mancanza di solidarietà che è un elemento fondante dell’unità perchè sta a indicare la consapevolezza del legame inscindibile tra i paesi e i popoli.
Noi, cioè i Socialisti & Democratici, abbiamo sempre sostenuto la ricerca di una soluzione ad ogni costo, nella convinzione che l’uscita di un Paese dall'euro o, peggio ancora, dall'Ue, segnasse l'inizio di una disgregazione.
Ci siamo opposti a coloro che, apertamente o sotto traccia, lavoravano per il Grexit e abbiamo spinto la Grecia ad assumere un comportamento che dimostrasse la volontà di arrivare ad un accordo, comprendendo bene che la sostenibilità sociale delle misure imposte fosse un punto sensibile e non un alibi e che il rispetto di un popolo è un principio basilare della democrazia.
Ora, conseguentemente, dobbiamo trarre noi per primi una lezione dalla Grecia.
Ritengo che dobbiamo rifiutare una lettura troppo semplificata che vede da un lato la Germania, difensore delle regole e dei parametri e, dall'altro, la Grecia che non riesce a rispettarli (non che non voglia).
E dobbiamo chiederci se non siano le regole stesse ad essere sbagliate o superate, se non sia un'altra la strada per raggiungere il risultato della crescita e della stabilità del continente europeo.
Altre regole e un'altra strada significano molte cose ma voglio qui evidenziarne almeno due:
1) una nuova politica economica espansiva che punti agli investimenti e abbandoni l'ossessione dei parametri e dei numeri per cogliere più intelligentemente il rapporto tra deficit/debito sul PIL. L'obiettivo va ribaltato, fino ad oggi è stato quello di diminuire deficit e debito, da ora deve essere quello di far crescere il PIL.
Tra l'altro, occorre superare il tabù del debito esistente che è un grande macigno che impedisce ad alcune economie europee di crescere. Le soluzioni tecniche per "allentare" o "diluire " questo peso ci sono (dalle proposte italiane a quelle dei tecnici di Schauble).
2) nuove riforme strutturali, cioé di impianto, per una maggiore unione fiscale etc, ma soprattutto un salto avanti di unità politica. Guai se ancora una volta, come quando fu varato l 'euro, noi ci illudessimo che l'economia e la moneta possano automaticamente creare anche la dimensione politica.
Cosi non é stato dopo l' euro (ecco perché parlo di Europa incompiuta) e così non sarà se ci si limitasse alle proposte che circolano (vedi il Rapporto dei 5 presidenti Un'Unione economica e monetaria più profonda e più equa) senza affrontare il nodo della governance della politica nell'Unione europea.
Con questo compito molto molto grande noi ci stiamo cimentando, ben sapendo che trai paesi europei l'Italia dovrà essere in primo piano e nel Parlamento Europeo il nostro gruppo e la nostra delegazione dovranno essere il motore.
Lo dico non per orgoglio di parte, ma per una sincera convinzione: se non si muovono i progressisti europei il processo non partirà, naturalmente noi dovremo costruire alleanze con altri gruppi, dai Popolari europeisti (non tutti lo sono), a partire dai tedeschi, alleati indispensabili, dai Verdi dai liberaldemocratici, a tutte le forze che saranno disponibili a costruire questa nuova e più complessa Europa.
UNIONE EUROPEA
Di fronte al crescente antieuropeismo (da destra si invoca la nazione autarchica, da sinistra si condanna la deriva monetarista, dal populismo si rifiuta ogni misura lungimirante e razionale) dobbiamo risalire al nodo della stessa idea di Europa per renderci conto che l'Europa nasce per la pace e di nuovo oggi si cimenta con la sfida della convivenza nella pace e sicurezza.
"Se veramente si vuole mettere in campo una forza politica capace di competere con le potenze illegittime che piegano il mondo ai propri interessi, l' unica chance per noi resta l'Unione europea, nonostante e forse proprio nel momento della sua massima crisi" Roberto Esposito su Repubblica del 20 luglio; insomma è il pilastro europeo l'ultima garanzia contro il disordine mondiale che annulla il senso stesso dei nostri ordinamenti giuridici e dei loro valori.
Non vorrei che queste parole vi sembrassero troppo enfatiche, ma basta pensare ai fenomeni sconvolgenti come l 'Isis, alle nuove diffuse realtà belliche, a quella terza guerra, evocata dal Papa, mondiale frammentata e feroce per capire la portata di questa sfida.
Ma l'Europa ha anche un grande compito economico e sociale per una transizione produttiva che valorizzi il capitale umano (debellando la disoccupazione) e trovi il giusto equilibrio di una crescita sostenibile (si pensi all' energia e al clima).
E infine l'Europa è la patria dei diritti e dei valori umani in nome della propria civiltà e cultura.
Questo e tutto ciò che dobbiamo rilanciare o perdere, rassegnandoci a veder soccombere un progetto, come quello europeo, che è tra i più grandiosi mai concepiti nella storia delle istituzioni.
Ha fatto molto bene Renzi a lanciare l'idea di una grande conferenza a Ventotene per risalire alle origini per capire se "ci crediamo ancora", ma anche se ci credono gli altri Paesi e che idea di Europa hanno in testa, cosa son disposti a metter in gioco per questo risultato, quale solidarietà quale sovranità comune, quali maggiori competenze comunitarie (non più intergovernative), quali nuovi e più forti organi, quale maggiore democrazia etc etc
EUROZONA
Riforme urgenti occorrono anche per governare in modo più equo ed efficace la zona euro, cioé i Paesi che condividono una moneta, ma non una vera politica economica, fiscale e sociale comune.
La grande crisi finanziaria scoppiata nel 2008 e la recessione con la conseguente paurosa disoccupazione, specialmente giovanile, non hanno trovato una risposta adeguata nelle politiche della zona euro, anzi molti studi dimostrano che le politiche attuate hanno aggravato le condizioni economiche e sociali nei paesi meno forti o maggiormente caratterizzati da alti deficit e debiti.
La colpa o la responsabilità non stanno solo, come spesso denunciamo, nelle politiche della maggioranza conservatrice che ha governato le istituzioni europee, ma risiedono anche nella debolezza istituzionale e politica degli organismi preposti o nella loro mancanza.
Questo significa che anche una volontà politica di cambiare le scelte di fondo e l'indirizzo generale sarebbe incapace di raggiungere grandi risultati, perché mancano:
- gli strumenti
-gli organi
-le procedure democratiche
Anche chi invoca maggiore rapidità ed incisività nelle scelte economiche deve comprendere che non è solo un problema di integrazione economica dell’UE, ma é un problema di ordine politico e istituzionale da cui non si puo’ più sfuggire.
Se le decisioni del Consiglio europeo in materia, ad esempio, di "salvataggi " di un paese membro o se le analoghe decisioni dell’Eurogruppo devono passare, in alcuni casi, dall’approvazione dei parlamenti nazionali o di altri organi, quanto possono essere efficaci davanti, ad esempio, alla speculazione finanziaria?
“Troppo tardi e troppo poco" è stata spesso la sintesi delle scelte europee.
La mancanza di organismi comunitari veramente sovrani a livello comunitario lascia la decisione al livello degli stati (intergovernativo) dove la regola è la composizione degli interessi nazionali, lo scambio, il compromesso illusorio e sfugge il vero interesse comunitario, anzi le intese spesso si raggiungono a scapito di questo interesse comune.
Insomma vincono tutti, ma perde l'Europa!
Occorrono dunque organi nuovi capaci di gestire la zona euro e le sue politiche con la forza della sovranità, occorre un Ministro del tesoro della zona euro che sappia fare scelte autonome di investimento e di sviluppo per aumentare la convergenza delle economie (non l'allargamento delle differenze) perché questo è un interesse comune e aiuta anche i paesi più forti.
Occorre anche un rafforzamento della democrazia in Europa per bilanciare, col controllo democratico, la più forte sovranità.
Per questo si ipotizza un Parlamento della zona euro, che non significa un Parlamento in più, ma l'insieme dei deputati europei eletti nei paesi euro con un più stretto raccordo con i Parlamenti nazionali.
Queste le proposte sul tappeto che vanno ben oltre le idee lanciate dal Rapporto dei 5 presidenti, già superato dagli eventi, ma semmai si trovano nel Paper del governo italiano sul tema e nel documento del gruppo S&D su cui abbiamo svolto un ristretto seminario a Roma a luglio e su cui lavoreremo con gli esperti In questo quadro si inserisce anche il lavoro sulle Own Resources, cioé il gruppo insediato lo scorso anno sulle Risorse proprie per il bilancio europeo, presieduto da Mario Monti.
L’avvio di questo lavoro per dotare il bilancio europeo di risorse proprie (che non vuol dire tasse in più per i cittadini) è stata una condizione posta dal nostro gruppo per approvare il bilancio 2014 2020, per dare più forza al budget europeo, per superare la ristrettezza di un budget che vive sostanzialmente della devoluzione di circa l'1/% dei PIl nazionali.
Oggi sulla stampa si confonde questo obiettivo ambizioso, che non deve vedere aggravi fiscali per i cittadini, con la proposta maldestra e impropria, che noi rifiuteremmo, di una eurotassa.
Ma su tutti questi temi con più dettagli tornerò a settembre perché non si tratta di concepire riforme in una ristretta cerchia di addetti ai lavori ma, al contrario, è indispensabile coinvolgere e far discutere tutti i cittadini per far rinascere e alimentare democraticamente un forte e consapevole sentimento europeista.

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