Una guerra lunga non è interesse dell'UE
Intervista di Avvenire a Marina Sereni.
L’Ue vuole la pace subito perché non ha interesse che la guerra in Europa continui. Restano i due capisaldi dell’alleanza rinsaldata con Washington e dell’aiuto a Kiev per una legittima difesa. Ma per evitare che le conseguenze di medio periodo del conflitto aggravino la crisi economica e sociale è tempo di cambiare marcia I paesi guida dell’Unione facciano sentire la propria voce unita cercando di riannodare i fili del dialogo con Mosca.
Dietro il cambio di rotta del governo sulla questione ucraina, certificato dal colloquio di lunedì scorso alla Casa Bianca di Mario Draghi con Joe Biden, la Vice Ministra degli Esteri Marina Sereni vede la rafforzata sintonia con gli altri paesi europei, in primis Parigi e Berlino.
“La guerra e la crisi – commenta - si stanno svolgendo in Europa e la coinvolgono nella sua interezza. Trovo positivo che davanti all’aggressione russa in queste settimane ci sia stata un’unita sostanziale degli Usa e dell’Ue nel condannare l’invasione e aiutare l’Ucraina. Ma noi l’abbiamo aiutata per fermare il conflitto, questo è il sentimento diffuso oggi in Europa. E il presidente Draghi ha fatto benissimo a presentarlo sollecitando agli Stati Uniti l’urgenza di fermare la guerra, ribadendo che stiamo dalla stessa parte della barricata e che bisogna ritrovare la strada del negoziato”.
Però Washington e Kiev continuano a chiedere armi anche all’Italia e soldati da dispiegare sul confine. Come deve rispondere il governo secondo lei?
Abbiamo il dovere di sostenere la difesa degli ucraini, che è poi il mandato del Parlamento al governo dai primi giorni della crisi. E l’aiuto che consente la difesa è il modo di arrivare al negoziato, a meno che qualcuno non pensi che ci si possa arrivare con la resa dell’Ucraina. Ma questo è per me profondamente sbagliato, non possiamo non sanzionare un’aggressione militare di un Paese nei confronti di un altro paese sovrano. Il negoziato si aprirà se sapremo costringere Putin a fermare l’aggressione militare e a creare le condizioni per una tregua.
Che ruolo deve svolgere l’Ue?
Non è nostro interesse un conflitto protratto nel tempo che continuerebbe a mietere vittime e a seminare distruzione e odio e a creare conseguenze indirette in termini economici e sociali molto ampi. Basta pensare all’insicurezza alimentare globale per la questione del grano bloccato nei porti ucraini. Dobbiamo rivendicare un punto di vista europeo in una crisi europea.
Ma quali sono gli spiragli diplomatici per una tale iniziativa europea?
Stiamo tenendo un filo con i due paesi che hanno sempre tenuto aperta una prospettiva diplomatica e che sono grado di parlare con Russia e Ucraina, vale a dire Israele e Turchia. Ankara ha avviato una facilitazione che ha consentito incontri a livello abbastanza elevato tra i due ministri degli Esteri dei belligeranti.
Ottenendo risultati limitati, però…
È vero, ma l’iniziativa turca ha la struttura più avanzata e possiamo rafforzarla. Siamo sempre in contatto con i negoziatori di Ankara e credo che sia da riprendere la proposta di Enrico Letta che Italia, Germania, Francia, Polonia e Spagna assumano l’iniziativa comune prima di recarsi a Kiev e poi di aprire un dialogo con Mosca. Bisogna assumere l’iniziativa. Con la rielezione del presidente Macron sento una grande sintonia tra le sue parole e quelle del presidente Draghi.
E come deve rapportarsi l’Ue con la Cina?
Va sollecitata perché non si saldi definitivamente con la Russia ma eserciti invece una pressione per far cessare le ostilità, L’Ue deve continuare a considerarla un partner per lavorare nella direzione del dialogo e della tregua.
Anche il segretario del Pd Enrico Letta è passato da una posizione più atlantista e filoamericana a una che vede un ruolo più deciso dell’Europa nella ricerca della pace. Cosa gli ha fatto cambiare idea?
L’obiettivo resta la pace e questa è stata la posizione del partito democratico sin dallo scoppio del conflitto. Ma non ci può essere ambiguità sul fatto che la pace non presuppone la resa dell’Ucraina con l’accettazione del fatto compiuto dell’invasione. Non possiamo immaginare un ordine internazionale che si fondi sulla impunità dell’aggressore. Bene ha fatto Letta ad essere chiaro sin dal principio, l’aggressione è una inaccettabile violazione delle regole del gioco internazionale, E questo ci spinge ad essere a fianco dell’Ucraina rendendo possibile un suo avvicinamento alla famiglia europea, secondo la formula usata da Emmanuel Macron anche se il percorso formale sarà più lungo. Enrico Letta è in sintonia con gran parte del nostro popolo che ritiene la politica la vera alternativa alle armi, anche se per difendersi ogni tanto occorre usarle.
L’Ue vuole la pace subito perché non ha interesse che la guerra in Europa continui. Restano i due capisaldi dell’alleanza rinsaldata con Washington e dell’aiuto a Kiev per una legittima difesa. Ma per evitare che le conseguenze di medio periodo del conflitto aggravino la crisi economica e sociale è tempo di cambiare marcia I paesi guida dell’Unione facciano sentire la propria voce unita cercando di riannodare i fili del dialogo con Mosca.
Dietro il cambio di rotta del governo sulla questione ucraina, certificato dal colloquio di lunedì scorso alla Casa Bianca di Mario Draghi con Joe Biden, la Vice Ministra degli Esteri Marina Sereni vede la rafforzata sintonia con gli altri paesi europei, in primis Parigi e Berlino.
“La guerra e la crisi – commenta - si stanno svolgendo in Europa e la coinvolgono nella sua interezza. Trovo positivo che davanti all’aggressione russa in queste settimane ci sia stata un’unita sostanziale degli Usa e dell’Ue nel condannare l’invasione e aiutare l’Ucraina. Ma noi l’abbiamo aiutata per fermare il conflitto, questo è il sentimento diffuso oggi in Europa. E il presidente Draghi ha fatto benissimo a presentarlo sollecitando agli Stati Uniti l’urgenza di fermare la guerra, ribadendo che stiamo dalla stessa parte della barricata e che bisogna ritrovare la strada del negoziato”.
Però Washington e Kiev continuano a chiedere armi anche all’Italia e soldati da dispiegare sul confine. Come deve rispondere il governo secondo lei?
Abbiamo il dovere di sostenere la difesa degli ucraini, che è poi il mandato del Parlamento al governo dai primi giorni della crisi. E l’aiuto che consente la difesa è il modo di arrivare al negoziato, a meno che qualcuno non pensi che ci si possa arrivare con la resa dell’Ucraina. Ma questo è per me profondamente sbagliato, non possiamo non sanzionare un’aggressione militare di un Paese nei confronti di un altro paese sovrano. Il negoziato si aprirà se sapremo costringere Putin a fermare l’aggressione militare e a creare le condizioni per una tregua.
Che ruolo deve svolgere l’Ue?
Non è nostro interesse un conflitto protratto nel tempo che continuerebbe a mietere vittime e a seminare distruzione e odio e a creare conseguenze indirette in termini economici e sociali molto ampi. Basta pensare all’insicurezza alimentare globale per la questione del grano bloccato nei porti ucraini. Dobbiamo rivendicare un punto di vista europeo in una crisi europea.
Ma quali sono gli spiragli diplomatici per una tale iniziativa europea?
Stiamo tenendo un filo con i due paesi che hanno sempre tenuto aperta una prospettiva diplomatica e che sono grado di parlare con Russia e Ucraina, vale a dire Israele e Turchia. Ankara ha avviato una facilitazione che ha consentito incontri a livello abbastanza elevato tra i due ministri degli Esteri dei belligeranti.
Ottenendo risultati limitati, però…
È vero, ma l’iniziativa turca ha la struttura più avanzata e possiamo rafforzarla. Siamo sempre in contatto con i negoziatori di Ankara e credo che sia da riprendere la proposta di Enrico Letta che Italia, Germania, Francia, Polonia e Spagna assumano l’iniziativa comune prima di recarsi a Kiev e poi di aprire un dialogo con Mosca. Bisogna assumere l’iniziativa. Con la rielezione del presidente Macron sento una grande sintonia tra le sue parole e quelle del presidente Draghi.
E come deve rapportarsi l’Ue con la Cina?
Va sollecitata perché non si saldi definitivamente con la Russia ma eserciti invece una pressione per far cessare le ostilità, L’Ue deve continuare a considerarla un partner per lavorare nella direzione del dialogo e della tregua.
Anche il segretario del Pd Enrico Letta è passato da una posizione più atlantista e filoamericana a una che vede un ruolo più deciso dell’Europa nella ricerca della pace. Cosa gli ha fatto cambiare idea?
L’obiettivo resta la pace e questa è stata la posizione del partito democratico sin dallo scoppio del conflitto. Ma non ci può essere ambiguità sul fatto che la pace non presuppone la resa dell’Ucraina con l’accettazione del fatto compiuto dell’invasione. Non possiamo immaginare un ordine internazionale che si fondi sulla impunità dell’aggressore. Bene ha fatto Letta ad essere chiaro sin dal principio, l’aggressione è una inaccettabile violazione delle regole del gioco internazionale, E questo ci spinge ad essere a fianco dell’Ucraina rendendo possibile un suo avvicinamento alla famiglia europea, secondo la formula usata da Emmanuel Macron anche se il percorso formale sarà più lungo. Enrico Letta è in sintonia con gran parte del nostro popolo che ritiene la politica la vera alternativa alle armi, anche se per difendersi ogni tanto occorre usarle.
Per seguire l'attività di Marina Sereni: sito web