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Per i vaccini in Africa, l’Europa crei un fondo da 10 miliardi

Written by Patrizia Toia.

Articolo di Patrizia Toia.

Mentre in Europa ci avviamo verso una fase di miglioramento della situazione sanitaria, con l'allentamento di alcune restrizioni e la ripresa di molte attività, continua a preoccuparci invece l'andamento della crisi nelle altre aree del mondo, dove le campagne vaccinali stentato a decollare, tanto per la mancanza di dosi quanto per le difficoltà pratiche e logistiche legate ai singoli territori.
Oramai si sa che le varianti di questo virus emergono là dove la percentuale di abitanti vaccinata è bassa, prova ne sono la Delta e la Omicron. L'UE è tra i principali donatori a livello globale e primo contributore del meccanismo COVAX.
Basta? Certo che no, il fabbisogno è spropositatamente più elevato, meno del 10% della popolazione dei paesi a medio e basso reddito ha ricevuto la prima inoculazione. Significa miliardi di persone ancora non protetti e a rischio.
Dunque, oltre a rispondere al principio sacrosanto di solidarietà, dobbiamo mettere in campo ogni tipo di strumento a disposizione, dalla facilitazione del trasferimento tecnologico (come sta avvenendo in Senegal), al ricorso delle licenze obbligatorie e, in questa chiave, anche la sospensione temporanea dei brevetti può assumere grande rilevanza.
Siamo in emergenza, e lo saremo per chissà ancora quanto. Occorre dunque che l'Ue si faccia promotrice di azioni innovatrici e creative, come raccontiamo in questo articolo del Corriere della Sera, scritto da me e dal collega Pierfrancesco Majorino, sulla creazione di un Fondo di Solidarietà per l’Africa, così come proposto dai Professori Massimo Florio e Giuseppe Remuzzi.


Articolo degli europarlamentari Pierfrancesco Majorino e Patrizia Toia pubblicato dal Corriere della Sera.

L’Unione europea deve creare un Fondo di Solidarietà con l’Africa da almeno 10 miliardi di euro per finanziare i piani vaccinali dei Paesi poveri. Lo affermiamo, ribadendo un concetto sul quale siamo già intervenuti al Parlamento europeo e condividendo l’appello pubblicato martedì 8 febbraio sul Corriere della Sera da Massimo Florio, docente dell’Università di Milano, e Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto Mario Negri, che abbiamo segnalato con grande convinzione alla Commissaria Jutta Urpilainen.
L’Europa è oggi il più grande donatore di vaccini al mondo e finora ha donato 145 milioni di dosi ai Paesi africani per contrastare la pandemia di Covid-19. In totale l’Ue ha stanziato 300 milioni di euro per favorire la campagna di vaccinazione nei Paesi africani e stanzierà ulteriori 125 milioni di euro per garantire l’obiettivo di raggiungere un totale di almeno 450 milioni di dosi entro la prossima estate. È quanto ha annunciato questa settimana la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen nel corso di una visita in Senegal. Tuttavia gli sforzi attuali dell’Ue, che pure vanno ricordati, non sono all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. Come si sottolinea nell’appello, infatti, «i dati relativi alla somministrazione di vaccini contro il virus Sars Cov-2 nei Paesi a basso reddito (definizione Banca Mondiale) sono allarmanti: solo il 10% della popolazione ha ricevuto almeno una dose. In Africa su 1,37 miliardi di abitanti in 55 stati dell’Unione Africana, comprendenti anche vari paesi a reddito intermedio, quasi il 90% della popolazione non è completamente vaccinato, e in paesi come il Burkina Faso, il Burundi, il Camerun, il Ciad, l’Etiopia, il Madagascar, il Malawi, il Mali, il Niger, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo, la Somalia, il Sud Sudan e la Tanzania le dosi somministrate sono meno di 10 per 100 abitanti ed in alcuni di questi paesi non arrivano neppure a 5 ogni 100 abitanti».
Con numeri simili non solo veniamo meno ai principi basilari e imprescindibili di solidarietà, in un momento in cui le popolazioni europee stanno completando la terza vaccinazione, ma stiamo mettendo a rischio la nostra stessa sicurezza. Lo sviluppo di nuove varianti tra popolazioni non vaccinate è un rischio concreto, come ha già dimostrato la variante Omicron. Come eurodeputati nei mesi scorsi abbiamo chiesto all’Ue di sostenere la richiesta avanzata da India e Sudafrica per una moratoria sui brevetti legati a farmaci e vaccini contro il Covid-19 ai sensi dell’Accordo TRIPS, o quantomeno di rescindere il legame tra proprietà del brevetto e licenza esclusiva a produrlo in tempi emergenziali come questi, permettendo anche attraverso il sistema delle licenze obbligatorie di produrre vaccini in altri siti, coinvolgendo altre aziende e laboratori farmaceutici per produrre la massiccia quantità di vaccini necessaria all’immunizzazione di massa nel periodo dell’emergenza.
La Commissione europea e il Consiglio tuttavia hanno rifiutato di percorrere questa strada, sostenendo che non tutela sufficientemente la ricerca né dona certezze sulla disponibilità dei vaccini nei Paesi poveri. Noi non riteniamo pertinenti queste spiegazioni, ma se è questa la scelta allora l’Unione europea deve farsi pienamente carico della responsabilità dei piani vaccinali in Africa, senza trincerarsi dietro la scarsa volontà degli altri partner internazionali (che hanno fatto ancora meno). Allo stesso modo condividiamo l’appello per quanto riguarda gli altri aspetti delle campagne di vaccinazione, che spesso non dipendono solo dalla disponibilità di vaccini, ma riguardano la logistica, la distribuzione, il personale medico e le campagne di informazione. Tutti aspetti su cui l’Ue deve intervenire e deve farlo senza pensare di utilizzare strumentalmente i dati riguardanti il presunto «scarso impatto» della pandemia nei Paesi africani. Dati che dipendono dall’età media e da numerosi altri fattori (quali pure la scarsa capacità di «tracciamento» in campo medico) e che non possono autorizzare nessuno a tirare strani sospiri di sollievo, come spiegano proprio Florio e Remuzzi.
Infine, nel contesto della creazione di una vera Unione della Salute, condividiamo la proposta, elaborata dallo Science and Technology Options Assessment STOA Panel del Parlamento europeo sulla base di uno studio da noi richiesto, di creare un’infrastruttura pubblica sovranazionale di iniziativa dell’Unione Europea che concorra a sostenere e incentivare la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci innovativi e accessibili. In questi due anni l’Unione europea ha dimostrato di essere unita, efficace e di conoscere il valore della solidarietà tra Paesi europei. Ora però, mentre molti governi allentano le restrizioni e si sentono già fuori dall’emergenza, è il momento di allargare lo sguardo a livello globale e agire concretamente per mettere in sicurezza non solo l’Europa ma anche il Continente africano, ricordando che in una pandemia nessuno si salva da solo.

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