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Storie di Jobs Act

Written by Stefano Pasta.

Stefano Pasta
Articolo pubblicato da Famiglia Cristiana.
Per Matteo, milanese di 29 anni, il tempo indeterminato vuol dire il sogno della casa e il progetto del matrimonio. È stato assunto da pochi giorni con il nuovo contratto a tutele crescenti dalla Bauer Ambienti srl, l’azienda tedesca che ha un importante stabilimento a Lomazzo, nel Comasco. Risponde mentre sta tornando da una trasferta a Pesaro, dove ha controllato l’installazione di un impianto per la depurazione delle acque, mentre la settimana scorsa era a Bologna in un cantiere di Trenitalia, per seguire la bonifica di una cisterna.
«Ci occupiamo di riqualificazione ambientale e smaltimento di rifiuti», ci spiega. È proprio il settore per cui Matteo ha studiato all’Università di Milano, dove si è laureato l’anno scorso in Scienze della Terra. È un geologo, insomma.
Dopo la laurea, il ragazzo ha mandato il curriculum in tutti i modi, portandolo di persona nelle aziende e spedendolo per posta oppure per email. Ma la Bauer lo ha contattato grazie a Linkedin, la rete social che sul web favorisce i contatti tra professionisti. «Ho usato la tattica – spiega – di aggiungere al mio contatto più profili possibili che fossero attinenti alle mie competenze. E così è arrivato l’aggancio con il mio attuale responsabile, il colloquio e poi l’assunzione». A tempo indeterminato: «Significa finalmente poter fare progetti sul lungo periodo». Quelli di Matteo, che oggi vive ancora con sua madre, sono di cercare una casa in affitto dove creare una famiglia con la sua fidanzata, che fa la psicoterapeuta.
«Prima era difficile anche solo ipotizzarlo, non avendo un contratto a tempo indeterminato». Durante gli ultimi anni di liceo e in quelli dell’università, Matteo ha fatto una serie di lavoretti: barista, traslochi, inserimento di dati informatici per una ricerca, magazziniere. «Per pagarmi gli studi e perché mi pesava dipendere economicamente dai miei genitori», dice. Quasi sempre il contratto non c’era, il più lungo era a progetto e durava tre mesi, qualche volta veniva pagato come collaborazione occasionale. «Tutto sommato – dice – qualche soldo riuscivo a recuperarlo, ma le certezze erano sempre solo sul brevissimo periodo. Per me avere un lavoro fisso vuol dire preoccuparsi di meno per le spese di ogni giorno e passare a concentrarsi su quelle di lungo periodo, per costruirsi il futuro». Insomma, la vicenda di Matteo spiega bene come l’incertezza lavorativa e la precarietà esistenziale siano strettamente legate nelle vite dei giovani italiani. E le tutele per mantenere il lavoro? «Certo – risponde Matteo – so che questi nuovi contratti ne hanno di meno rispetto ai precedenti a tempo indeterminato, soprattutto in caso di possibile licenziamento. Ma per me, a 29 anni, conta di più altro, cioè avere finalmente la possibilità di crescita professionale nel settore che mi appassiona. È quello che ho trovato alla Bauer Ambienti, dove respiro efficienza e affidabilità: qui spero di mantenere il posto fisso, ma perché rendo, per merito».
Questa sfida è per Matteo la priorità: «Maggiori tutele ovviamente sarebbero importanti, ma appartenevano a un momento storico ed economico ben diverso da quello attuale, quando i giovani potevano ottenere facilmente il posto di lavoro».

Articolo pubblicato da Famiglia Cristiana
TXT e-solutions è un’azienda con casa-madre a Milano ma con sedi in varie città del mondo, che produce software di gestione a tecnologia avanzata per aziende di settori molto diversi (aerospaziale, bancario, produzione di autoveicoli e autocarri, moda e lusso). Francesco Cusaro, 54 anni, ne è il responsabile delle risorse umane per tutto il mondo, cioè assume i dipendenti (ora 500) delle sedi italiane (Milano, Varese, Torino, Genova, Vicenza e Bari), ma anche di quelle in Spagna, Germania, Francia, Canada, Australia e Hong Kong. Del Jobs Act ha un’opinione “estremamente favorevole” e la TXT e-solutions sta già stabilizzando i propri dipendenti con i nuovi contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Il Jobs Act è solo un annuncio o ha effetti concreti?
"Le novità introdotte sono drastiche e positive. Il nostro settore, quello informatico, è da sempre caratterizzato dalla necessità di lavoro flessibile a seconda del variare delle commesse. Molti nostri dipendenti, soprattutto giovani, hanno avuto dei contratti da collaboratori a progetto: ora non ne abbiamo più, abbiamo normalizzato 70 dipendenti con tempo indeterminato a tutele crescenti. Un grande aiuto sono stati anche gli sgravi fiscali da 8.000 euro per ogni nuova assunzione, previsti dall’ultima Legge di Stabilità. I cosiddetti CoCoPro erano già stati superati: la legislazione Fornero, che tuttavia non si poteva applicare a chi già stava lavorando in azienda, li aveva sostituti con l’apprendistato, ma ora il nuovo contratto del Jobs Act è migliore, perché permette maggiore garanzia di flessibilità in uscita".
Flessibilità in uscita vuol dire licenziare…
"È vero, ma il mondo è cambiato. Soprattutto nel nostro settore, dove si può lavorare anche da casa, il mercato del lavoro è globale e i vincoli legati allo Statuto dei lavoratori non esistono in altri Paesi, come quelli asiatici, dove si trova manodopera altrettanto competente. È una delle ragioni per cui molti gruppi stranieri non investono in Italia. Quelle tutele lasciavano sicuri chi le aveva già, ma di fatto precludevano molte possibilità ai giovani, la generazione di mio figlio per intenderci. Nell’attuale situazione economica, chi non aveva quelle tutele non riusciva a entrare stabilmente nel mondo del lavoro, insomma.
E quindi un giovane dovrebbe essere contento delle nuove regole?
"Sì, purtroppo i “vecchi” contratti, solidi sulla carta ma non più applicabili, di fatto non avevano più senso. Ora il Jobs Act offre maggiori possibilità ai giovani almeno per ipotizzare prospettive a lungo termine, in caso di azienda sana e buona prestazione lavorativa".
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