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Il silenzio degli indifferenti

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIntervento in un incontro a Cadorago (Como).
Nelle ultime settimane sono stato in alcuni luoghi in cui le inchieste hanno segnalato la presenza della ‘ndrangheta, come a Sedriano in cui si è poi arrivati allo scioglimento del Comune o Viadana nel mantovano, ma mentre in molte realtà si trova una grande attenzione attorno a questi temi, in quei Comuni vi è stata una partecipazione esigua. È bene, quindi, che a Cadorago e nella realtà comasca, coinvolta dalle ultime inchieste, ci sia una risposta così importante da parte dei cittadini che mostra una comprensione del problema e un bisogno di reagire.
La prima questione che va affrontata, infatti, a mio avviso è quella di come riuscire a capire e poi a spiegare ai cittadini cos’è la ‘ndrangheta al Nord.
Non comprenderlo vuol dire produrre ciò che si è creato oggi e cioè una distanza grandissima tra la percezione che ha l’opinione pubblica e la reale pericolosità della ‘ndrangheta. Dato che gli esponenti della ‘ndrangheta non rubano i portafogli, non svaligiano gli appartamenti o non rapinano i negozi, la percezione della pericolosità di questa organizzazione criminale è scarsa.
A questo si aggiunge il fatto che, come ha spiegato un Presidente di un’associazione importante emiliana durante le audizioni della Commissione Parlamentare Antimafia a Modena, si pensava che questi territori fossero immuni.
Se continuiamo a pensare che questi territori siano immuni, non solo facciamo un errore drammatico ma teniamo bassa la guardia e non riusciamo a vedere le “spie” che segnalano che c’è qualcosa che non va e lasciamo un campo grande all’attività della criminalità organizzata e, in particolare, della ‘ndrangheta.
Il dato che abbiamo verificato in questi mesi, attraverso le varie inchieste e le audizioni svolte con la Commissione Antimafia (in cui abbiamo fatto della questione delle mafie al Nord una priorità, anche grazie all’apporto della consulenza dell’Università degli Studi di Milano e di Nando Dalla Chiesa) è che bisogna sfatare tantissimi luoghi comuni, a partire dall’idea che la ‘ndrangheta si infiltra: purtroppo, la ‘ndrangheta è insediata in questi territori in modo stabile e ben radicato; non c’è il criminale che arriva dalla Calabria con la valigetta con il denaro derivato dal traffico di droga che vuole reinvestire ma è qualcosa di molto di più e di molto diverso.
La ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale che secondo alcuni è la più forte del mondo e che è in grado di muovere tonnellate di droga senza dover dare a nessuno garanzie, perché è arrivata nei Paesi del “cartello” e si è comprata i terreni per produrre direttamente la droga e, quindi, può contare su una forza economica straordinaria.
Si tratta, inoltre, di un’organizzazione che ha una struttura molto forte, che nasce in Calabria e si riproduce in altre realtà territoriali in modo identico con delle “locali”, ciascuna delle quali ha una propria autonomia ma nel momento in cui si verificano problemi di difficile soluzione la decisione viene presa direttamente dalla casa madre.
È un’organizzazione che ha una forte impronta familiare, per cui il pentitismo - che è stato uno degli strumenti più forti che abbiamo avuto per assestare colpi molto pesanti alla mafia - diventa più difficile da ottenere perché chi si pente si ritrova poi a dover denunciare dei familiari.
Inoltre, la ‘ndrangheta è un’organizzazione che è riuscita ad infiltrarsi in una grande zona grigia. Sappiamo bene quali sono le attività della ‘ndrangheta (il riciclo di denaro attraverso i compro oro, il gioco d’azzardo ecc.), però quello che sta emergendo dalle inchieste è che ciò che vuole fare la ‘ndrangheta è penetrare nell’economia legale e condizionarla.
L’idea che l’interesse esclusivo della ‘ndrangheta siano gli appalti pubblici è sbagliata. Al Nord, i soldi che girano sono soprattutto privati. La cosa che interessa di più alla ‘ndrangheta è stare dentro all’economia privata e condizionare l’economia privata, utilizzando anche metodi mafiosi.
Le inchieste che hanno riguardato il territorio del comasco raccontano di un’organizzazione criminale a cui spesso si rivolgono gli imprenditori per avere dei prestiti e, a partire da questi, i criminali condizionano e vessano quelle aziende; oppure gli imprenditori cercano la ‘ndrangheta per esigere crediti in tempo di crisi e poi sia l’imprenditore che ha richiesto il credito sia quello debitore diventano vittime di ricatto; inoltre c’è un’area grigia fatta da tanti professionisti a cui viene consentito di arricchirsi.
La ‘ndrangheta, quindi, riesce a condizionare l’economia privata mimetizzandosi esattamente come si mimetizzano sui territori.
Inoltre, va chiarito che la ‘ndrangheta si insedia prevalentemente nei piccoli Comuni, lontana dai riflettori, dove è più facile essere accettata, dove è possibile conoscere tutti e avere quella gratificazione importante di persone che ti offrono il caffè, ti stringono la mano. Nell’anonimato si riesce ad avere quell’accettazione sociale che per un ‘ndranghetista è molto importante.
Se guardiamo i mestieri svolti dai capi delle locali di ‘ndrangheta lombarde che sono stati arrestati ci sono gruisti, manovali, parrucchieri; avevano le mogli che lavoravano come donne di servizio. La priorità, quindi, non è l’arricchimento personale ma è il potere, il controllo, il condizionamento sociale.
Quando diciamo che la mafia e la ‘ndrangheta si insediano diciamo anche questo, non solo che ci sono persone che cercano di condizionare la nostra economia ma la nostra convivenza civile e la percezione di ciò nell’opinione pubblica è bassissima. Il fatto che questo sia un rischio per le nostre libertà e per la nostra democrazia non riusciamo a coglierlo.
Come non riusciamo a cogliere un altro dato: la ‘ndrangheta non spara perché adesso non serve.
La locale che ha in mano tutta la criminalità organizzata in Emilia non spara perché non serve ma hanno scoperto arsenali spaventosi e moderni sia di armi sia di strumenti tipici della criminalità organizzata.
Tutte queste cose le sappiamo perché ci sono state delle inchieste e a queste organizzazioni lo Stato ha assestato un colpo forte. Lo Stato, quindi, è in grado di contrastare le mafie.
In Italia c’è una legislazione antimafia importante e anche in questi mesi si sono fatte alcune norme in materia di lotta alla mafia, per aiutare i magistrati a contrastare la criminalità organizzata.
La modifica dell’articolo 416ter del codice penale con cui viene punito il voto di scambio inteso come voto in cambio di favori e non più solo voti in cambio di soldi è stata una scelta legislativa importante. Nei giorni scorsi è stato anche applicato e il braccio destro di Setola è stato condannato a 7 anni con questa accusa. 
E' stato istituito il reato di autoriciclaggio e l’Agenzia Nazionale Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, che è considerata da tutti come uno strumento importante, il migliore messo in campo per intervenire e prevenire l’aggiustamento degli appalti.
Auspico che il Parlamento approvi in breve tempo anche la legge anticorruzione e la legge sul falso in bilancio su cui si sta lavorando.
Non è sufficiente, tuttavia, che la lotta alla mafia la faccia solo la politica perché, con un quadro come quello che ho presentato, le imprese devono comprendere che c’è un problema anche sull’alzare il livello di guardia, così come devono farlo le associazioni dei commercianti e le associazioni dei professionisti (perché non deve più accadere che un avvocato condannato per associazione mafiosa venga espulso dall’Ordine Professionale di Palermo e, dopo pochi mesi, torni ad operare iscrivendosi all’Ordine Professionale di Caltanissetta). C’è, quindi, uno sforzo che devono fare tutti.
C’è un lavoro che devono fare anche gli amministratori pubblici perché, è vero che al Nord la ‘ndrangheta non ambisce ai soldi pubblici, però sicuramente la politica serve per aggiustare dei permessi, per cambiare delle destinazioni d’uso, per accelerare autorizzazioni. Per questo serve che la politica alzi l’attenzione: bisogna saper cogliere alcuni segnali, saper adeguare le prassi.
Tra le cose positive che sono state fatte in questi mesi per contrastare la criminalità organizzata ci sono i protocolli per Expo che hanno portato ad interdire per mafia 42 aziende che avevano iniziato a lavorare e sono poi stati introdotti sistemi nuovi di contrasto a partire da una rete più aggiornata per accertare la provenienza dei capitali fino all’accesso ai cantieri e verificare chi ci lavora e la provenienza dei macchinari. Tutto questo, ovviamente, sta dando dei buoni risultati.
A mio avviso, però, credo che occorra dare un messaggio alle persone: la ‘ndrangheta, anche se non la vediamo, anche se non ci disturba, è pericolosa per la nostra libertà, per la nostra democrazia e i metodi che usa sono metodi mafiosi e violenti perché l’intimidazione, il ricatto, la possibilità di agire sempre nell’illegalità sono una cosa che rischia di minare la nostra convivenza civile.

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