Diario di un'elezione
Ecco il percorso che, passo dopo passo, ci ha portato all'elezione di Sergio Mattarella come dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana. Visto dai miei occhi.
Giovedì 29 gennaio.
Ed ecco il grande giorno. E naturalmente a Roma piove, dopo freddissime giornate di sole. Ma come, proprio oggi? Oggi che il nome condiviso innanzitutto dal Pd e speriamo non solo dal Pd, il nome di Sergio Mattarella illumina di nuove speranze un'elezione che mai e poi mai dovrà ripetere lo scempio dei 101!
Speriamo porti bene.
Il teatro in cui si svolge la riunione dei grandi elettori del PD è pieno zeppo. Fa un caldo insopportabile, ma gli animi sono lieti. E' come se ci fosse un unico respiro di sollievo collettivo che prorompe in un grande applauso a Giorgio Napolitano, e in un voto, stavolta si è votato, all'unanimità per Sergio Mattarella candidato unico del PD. Tutti umidi camminiamo sotto la pioggia alla volta della Camera per il primo voto, indicazione scheda bianca.
Ogni volta che ritorno, la Camera mi emoziona e mi avvolge di ricordi. Una collega senatrice in aula dice che c'è buio e che il Senato è più luminoso. Per forza, è così piccolo... Ma bando alle nostalgie.
Mi siedo nei banchi di SEL, precisando che non si illudano. Sono con le ragazze PD della Commissione. Ci muoviamo a falange. Si associa anche Amedeo Bianco, l'unico uomo PD in sanità. Non lo invidio.
L'emiciclo è brulicante di deputati e senatori, prevalgono i toni del grigio e del nero, complessivamente l'impressione è di sobrietà. A un certo punto, mentre Laura Boldrini apre la seduta scoppia un lungo, lunghissimo applauso. E' arrivato Giorgio Napolitano. Mi commuovo come una mammoletta, ma la lacrimuccia uccisa lascia lo spazio ad una risatina sarcastica quando Monti si precipita a salutare il senatore Giorgio come se fosse il padrone di casa. La classe non è acqua...
I senatori a vita sono al completo. Inizia la chiama. Il resto è prassi consueta.
Unica novità: le quattro donne che dirigono Camera, Senato e relative Segreterie generali. Sostituite da altrettanti uomini durante la chiama dei deputati, alla lettera effe.
Mattarella mi piace, l'ho conosciuto e ho lavorato con lui. Persona squisita, grande competenza, onestà e valore. Lo voto volentieri.
E però non posso nascondere che nel fondo del cuore c'è la piccola amarezza di non avere, neanche stavolta, un Presidente donna. Prima o poi, mi dico, ce la faremo. E vado a mettere nell'urna la mia scheda bianca della prima votazione, come da indicazioni.
Venerdì 30 gennaio.
Terza votazione, venerdì pomeriggio. Il tempo continua a essere incerto, ma speriamo che il vento mandi via le nuvole e i malumori di Forza Italia. A guardare Verdini non parrebbe, poichè manca solo che gli fumino le orecchie.
Una collega forzista mi sibila "sempre meglio, cara, sempre meglio". Insomma da quella parte dell'emiciclo siede la tribù dei musi lunghi. I grillini sono enigmatici e stranamente silenti, la Lega è in ordine sparso, forse appagata dall'ironia di ieri, quella copia del manifesro col famoso titolo "non moriremo democristiani", sventolato in apertura di seduta, fotografato giusto in tempo prima dell'intervento censorio degli assistenti parlamentari. I leghisti hanno sempre avuto il senso scenico sviluppato, anche quando, come in questo caso, non hanno molto da dire. Man mano che le sedute si accumulano l'Aula perde l'aspetto sacrale dell'istituzione per diventare una specie di sussurrata assemblea permanente, con gente che va e gente che viene, in un indistinto chiacchiericcio di tutti con tutti.
Per non continuare ad illudere i colleghi di Sel mi sono spostata nei banchi del PD. Dietro di me siede Bersani, ed è bello rivederlo. Di fianco ho una deputata molto simpatica che mi guarda dagli occhiali abbassati sulla punta del naso e, con forte accento toscano, lingua ufficiale, come sapete, mi apostrofa con un fantastico "via, dai, che domani è finita! Speriamo".
Questo è infatti il mood dei democratici: felici dell'unità ritrovata, speranzosi sul futuro, preoccupati nel presente. In una parola, il PD.
Anche la terza andrà in bianco. La notte porterà consiglio ai perplessi alleati di governo?
Forza Italia se ne farà una ragione, e se sì, la userà?
I grillini dismetteranno almeno per una volta i panni antisistema e, pur con la mano anchilosata, scriveranno Mattarella? Di Sel sappiamo l'intenzione di votare Mattarella al quarto scrutinio. Così come i centristi vari, troppi per ricordarseli tutti.
Scendono le luci della sera sulla Capitale e sui volti dei grandi elettori. La nottata passerà.
Come andrà a finire lo scopriremo solo vivendo. Che é il bello della politica.
Sabato 31 gennaio.
È l'ora della quarta. In Aula c'è un'aria di euforia tendente all'isterico. I capannelli seriosi di ieri fanno spazio a gruppi politicamente eterogenei che si spiegano, si parlano, alla buon'ora!, si sorridono. Gli unici cupi e disciplinatamente seduti sono i grillini. Ma la Storia, quella con la maiuscola non li sfiora nemmeno. Ed è giusto che sia così.
Votare un Presidente è sempre emozionante: ho scritto Mattarella e poi ho riletto, mica di aver sbagliato qualcosa, che so, saltato una doppia… No tutto perfetto. Piego la scheda, esco, la inserisco nell'urna e accelero verso l'uscita, come se ci fosse una porta blindata che si chiude alle mie spalle. Tento di guadagnare il posticino che mi consentirà di assistere comodamente allo spoglio, vicino a chi sa far di conto, la senatrice Dirindin, detta il capitano, e chi la conosce capisce il perchè.
La chiama procede veloce, buon segno.
Anche i delegati regionali hanno finito di votare.
Comincia lo scrutinio. Uno sfinimento di tensione. Man mano che i Mattarella aumentano la sensazione che supererà molto bene il quorum richiesto di 505 voti si fa realtà ed é un'escalation di gioia. Come al solito ci sono quelli che non sanno contare e applaudono prima del tempo, venendo zittiti da un'Aula concentratissima e corale. Il gran momento viene scandito da un conto alla rovescia, come si fa quando si attende l'arrivo dell'anno nuovo. E poi un unico, e liberatorio applauso, lungo come gli anni che ci separano dalla vergogna dei 101, grande come il riscatto morale del PD, finalmente unito anche nella gioia, commovente per un Parlamento che si ritrova in larghissima parte nella figura di un Presidente per il Paese.
Qualche faccia appesa dalle parti di Forza Italia, ma passerà. Dalle parti pentastellate imbarazzato, o sconcertato, (o invidioso?) silenzio, che purtroppo passerà.
Le foto delle agenzie consegnano alla Storia un Napolitano Commosso, e non è il solo. Abbiamo attraversato il fiume, possiamo proseguire il cammino.
Auguri carissimo Presidente Mattarella, Presidente di tutti. E buon lavoro.
Per seguire l'attività della Senatrice Emilia De Biasi: sito web - pagina facebook