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Combattere le mafie al Nord: il ruolo della politica per una cultura della legalità

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIntervento ad un incontro a Sant'Angelo Lodigiano (video).

Le questioni di cui parliamo partono ciò che ha rivelato la magistratura attraverso numerose inchieste e sono il frutto di studi che, proprio a partire da quelle inchieste, l’Università degli Studi di Milano con Nando Dalla Chiesa hanno fatto per cercare di capire e di spiegare cos’è la mafia oggi e, in particolare, cosa sono le mafie oggi al Nord.
Fino alla precedente Legislatura, infatti, anche la Commissione Parlamentare Antimafia non aveva fatto un lavoro su questo tema specifico.
Oggi questo lavoro c’è e il risultato mostra che ci dobbiamo dimenticare i termini come “infiltrazione” e prendere atto che le mafie sono insediate su tutto il territorio nazionale. Le ultime inchieste sulle mafie, infatti, hanno riguardato Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna.
Le organizzazioni mafiose sono insediate nei territori e, in particolare, la ‘ndrangheta è insediata in tutto il Paese ma è anche presente in 50 Stati del mondo, dal Canada, agli Stati Uniti fino all’Australia.
Recentemente, con la Commissione Parlamentare Antimafia, siamo stati a New York a incontrare l’FBI e chi fa la lotta alla mafia.
La ‘ndrangheta è qualcosa di molto diverso dallo stereotipo che solitamente abbiamo in mente o che vediamo nei film come “Il Padrino”.
Stiamo parlando di una struttura piramidale in cui tutto si decide nella terra madre ma che da lì ha fatto partire un’organizzazione capillare sui territori. Le “locali” si insediano e agiscono sui territori.
Se c’è un contenzioso da risolvere, però, decide tutto il boss in Calabria, che spesso è una persona dimessa, che fa lavori come il vendere gli uccellini al mercato, perché la ‘ndrangheta non ha come finalità l’arricchimento personale ma il potere.
La ‘ndrangheta non è l’unica mafia presenta in Italia ma è ormai una delle più importanti organizzazioni criminali al mondo; ha rapporti diretti con i produttori dell’America Latina e ha la possibilità di agire come poche altre organizzazioni.
La ‘ndrangheta è insediata anche sul nostro territorio e, da tempo, ha fatto la scelta di sparare il meno possibile perché così facendo suscita poco allarme sociale e ha più possibilità di agire indisturbata.
Il fatto che la ‘ndrangheta non spari, però, non vuol dire che non abbia gli arsenali, come è emerso nell’inchiesta Aemilia e recentemente anche a Vibo Valentia hanno trovato un arsenale sott’acqua: la possibilità di sparare c’è sempre.
La scelta di non sparare è coerente con l’idea che gli ‘ndranghetisti hanno in mente e cioè che bisogna che le persone non abbiano paura.
A proposito di questo, va ricordato che Salvini, quando ha fatto i Decreti Sicurezza, si è occupato dei mendicanti, dei posteggiatori abusivi e dei reati predatori che suscitano allarme sociale ma non si è occupato della lotta alla mafia.
Le persone sono più preoccupate di quello che vedono e, se non vedono, non riescono a percepire la pericolosità dei fenomeni.
Gli incontri che organizziamo sui territori, quindi, devono servire a far capire cosa abbiamo di fronte.
Le mafie sono pericolose per ognuno di noi, per il nostro Paese e non solo.
Le inchieste mostrano che il nostro territorio è particolare e la ‘ndrangheta si è insediata in Lombardia.
Le inchieste mostrano anche che la ‘ndrangheta preferisce insediarsi nei Comuni piccoli, dove ci sono meno riflettori puntati, dove è più facile essere accettati, comportandosi normalmente e integrandosi perché serve questo mentre non c’è interesse ad avere visibilità.
Tutti i capi delle “locali” che sono stati arrestati in questi anni facevano lavori umili.
La ‘ndrangheta è al Nord perché sta aggredendo la nostra economia legale: cerca di entrare nelle aziende e di prenderle per utilizzarle per avere appalti e subappalti da distribuire per alimentare il proprio consenso.
La ‘ndrangheta cerca anche di entrare nella Sanità pubblica perché lì, oltre a poter avere gli appalti per i servizi, c’è la possibilità di aumentare il proprio prestigio sociale.
La ‘ndrangheta entra in tutti i gangli dell’economia legale in cui è possibile investire e guadagnare.
La ‘ndrangheta ha anche la possibilità di spostare enormi quantità di droga ma sta abbastanza delegando lo spaccio a organizzazioni straniere per dedicarsi principalmente a entrare nell’economia legale e, soprattutto in periodi di crisi, trova molte disponibilità.
Ci sono, infatti, imprenditori che si sono fatti coinvolgere, a volte non sapendo con chi avevano a che fare e si sono poi visti prendere le aziende.
Di fronte alla crisi, il bassissimo allarme sociale ha portato al fatto che la ‘ndrangheta si sia potuta proporre agli imprenditori anche come un’agenzia di servizi, dalla fornitura di finanziamenti al recupero crediti fino alla garanzia di sicurezza.
Qui c’è il nesso tra cultura della legalità e lotta alla mafia: quando si abbassa la cultura della legalità, si aumenta la corruzione e la mafia trova uno spazio enorme.
In merito alle recenti inchieste riguardanti il Veneto, Prefetto e Procuratore hanno spiegato che quel territorio è il luogo con la più alta evasione fiscale d’Italia e il primo obiettivo di ciascuno è quello di guadagnare il più possibile e chi pensa questo non ha remore ad accettare la proposta della ‘ndrangheta.
Gli imprenditori e le categorie professionali devono capire che su questo problema devono alzare l’attenzione e mettere in guardia i propri associati di ciò che rischiano.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Milano si è confrontata più volte con imprenditori che hanno negato di avere rapporti con la ‘ndrangheta anche di fronte all’evidenza e si sono trovati nelle condizioni di passare da vittime ad accusati di associazione mafiosa.
L’omertà impedisce di dare colpi più duri alle organizzazioni criminali.
Questa è la situazione concreta che emerge dalle inchieste.
L’Italia, però, è un Paese che fa davvero la lotta alla mafia.
Noi abbiamo le leggi migliori per il contrasto alle mafie, a partire da quelle che intervengono sui patrimoni, quindi il sequestro e la confisca, le norme che costringono le banche a segnalare la transazioni sospette, le regole per gli appalti e le interdittive, la modifica della legge per punire il voto di scambio inteso come voto in cambio di favori e non più solo di denaro, la legge sull’antiriciclaggio.
La stagione di Falcone e Borsellino è stata importante perché ha lasciato cose importanti per il contrasto alle mafie.
La base dell’FBI di Quantico ha come unica statua commemorativa quella di Giovanni Falcone perché, anche negli Stati Uniti come in Italia, il nostro magistrato ha insegnato che la lotta alla mafia si fa seguendo i soldi e colpendo sul patrimonio con le confische e coordinando le attività.
La Direzione Nazionale Antimafia è l’idea che probabilmente è costata la vita a Falcone e oggi ha una capacità di intervento, di prevenzione, di raccolta dei dati, di coordinamento di lavoro delle forze dell’ordine straordinaria e questo permette alla Giustizia di ottenere grandi e importanti risultati in questa guerra.
Non è un caso se abbiamo affidato alla Direzione Nazionale Antimafia anche la lotta al terrorismo nel momento in cui si è profilata la minaccia del terrorismo internazionale: lì ci sono le capacità, il know how, gli strumenti per fare questo lavoro.
È evidente che tutto questo comunque non basta perché le mafie hanno una grande capacità di cambiare pelle e, soprattutto, hanno assunto ormai una dimensione internazionale e la guerra va fatta a quel livello. Le mafie hanno saputo interpretare la globalizzazione a loro vantaggio.
Bisogna sapere, quindi, che se si confisca il patrimonio ai mafiosi in Italia ma negli altri Stati anche vicini come la Slovenia o la Francia non c’è una legislazione che prevede misure analoghe, poi succede che i criminali andranno ad investire i loro patrimoni in quei Paesi per sfuggire ai meccanismi delle confische.
Allo stesso modo, se il reato associativo di stampo mafioso non c’è in molti Paesi come il Canada o l’Est Europa significa avere uno strumento in meno per combattere le mafie.
Oppure il fatto che in alcuni Paesi sembra essere un merito il far entrare tutti i capitali possibili senza guardare a cosa c’è dietro i flussi finanziari, come fa ad esempio il Canada, è chiaro che lì c’è un aiuto alle mafie.
Così come se ci sono Paesi che negano di avere insediamenti ‘ndranghetisti in molte realtà, come fa la Germania, diventa poi più difficile combattere.
La lotta alle mafie è una battaglia grande che si deve fare a livello europeo e mondiale.
C’è poi anche un tema che riguarda la politica.
Il vecchio modello delle mafie che cercano di condizionare la politica per appropriarsi degli appalti non è più attuale.
Le mafie dalla politica vogliono riferimenti che possono consentire loro di sveltire una pratica, di fare un cambio di destinazione d’uso, di accelerare alcune operazioni o di avere alcune persone dentro le amministrazioni che quando decidono sui sussidi delle politiche sociali scelgano di darli a chi viene indicato dalla criminalità organizzata.
Il rapporto tra politica e mafia, quindi, è pericoloso tuttora ma è un rapporto diverso da prima.
Oggi le mafie non sparano e, dunque, non creano allarme sociale ma sono un pericolo anche nell’attività amministrativa se non c’è attenzione rispetto alla trasparenza e alla consapevolezza che alcune cose quando c’è corruzione e illegalità aprono spazi alle mafie. Inoltre, se non c’è questa consapevolezza, come politici e amministratori non facciamo il nostro dovere.
La politica deve alzare il livello di guardia, anche nelle istituzioni: deve sapere che ci possono essere le mafie, che ci sono reati spia, che ci sono fatti che possono suggerire la presenza di qualcosa che non va e che bisogna essere capaci di combattere.
La politica deve anche essere capace di fare le liste.
Il Partito Democratico ha scritto nello Statuto che i candidati nelle liste del PD devono rispettare il codice etico di autoregolamentazione elaborato dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Il PD, quindi, assume il tema del fare attenzione a come si compongono le liste perché lì si possono creare situazioni problematiche e si possono infiltrare soggetti legati alla criminalità organizzata.
L’altro compito della politica è poi quello di continuare a spiegare all’opinione pubblica che le mafie ci sono - anche se non si vedono e non c’è il siciliano con la coppola che arriva con la valigia piena di soldi da investire in Borsa a Milano - e sono pericolose perché inquinano la nostra economia e, di conseguenza, anche la nostra democrazia.
Ho partecipato ad un’iniziativa in Calabria dal titolo “Legalità e Libertà” che era azzeccatissimo perché noi dobbiamo spiegare alle persone ogni giorno che un Paese in cui c’è la criminalità organizzata e in cui ci sono miliardi di euro di provenienza illecita che entrano nell’economia legale è meno libero e ognuno di noi rischia di essere meno libero.
Se ci battiamo per la libertà, la prima cosa che dobbiamo fare è contrastare le mafie sapendo che ogni cittadino deve fare la sua parte.
Ognuno di noi deve sapere che il problema c’è.
Bisogna premiare chi garantisce la trasparenza e la legalità e bisogna sapere che oggi il problema dal punto di vista della sicurezza e della legalità non è rappresentato dall’immigrato o dal posteggiatore abusivo o da chi chiede l’elemosina ma è il fatto che ci sono miliardi di euro in mano a persone della criminalità organizzata (non interessate né alla nostra qualità della vita, né alla nostra democrazia, né alla crescita del Paese) che condizionano la nostra economia anche se non li vediamo.

Video dell’intervento»  

Il contrasto alle mafie in Europa
In Europa c’è bisogno che il tema della lotta alla criminalità organizzata venga assunto come decisivo. Alcune cose si stanno facendo, come ad esempio la Procura Europea e questo può costituire un passo avanti rispetto al centralizzare il contrasto alle mafie.
L’Europa può decidere meglio di altri Paesi di estendere alcune norme, dalla confisca dei beni al reato di associazione mafiosa. Il primo passaggio, però, è che l’Europa riconosca che c’è il problema delle mafie.
In questi anni, con la Commissione Parlamentare Antimafia abbiamo viaggiato e ci sono ancora dei Paesi europei che non vogliono toccare il tema delle mafie perché lo vedono come un fattore negativo per la loro immagine, come ad esempio la Germania.
Non ci dobbiamo stupire di questo perché anche in Lombardia fino a pochi anni fa si negava l’esistenza delle mafie.
Io penso che l’Europa debba essere più forte e coesa nel contrasto al riciclaggio e, quindi, nella verifica della provenienza dei capitali.
Ci sono Paesi che vivono grazie al fatto che consentono di trasferire soldi in modo più semplice, come ad esempio i Paesi Bassi o il Canada. C’è, quindi, il tema di come garantire che le operazioni sospette vengano segnalate.
Video dell’intervento» 

Il rapporto tra mafie e religione e l'educazione alla legalità
Il rapporto tra mafie e religione è molto stretto, viene usato dalla criminalità organizzata per farsi accettare come parte di una cultura in cui la religione è qualcosa di fondamentale. Non è un mistero che per un lungo periodo i vertici ‘ndranghetisti si sono svolti in un Santuario a Polsi, raggiungibile solo attraversando strade complicate e controllate.
Nelle scuole credo che sia utile raccontare ancora di Falcone e Borsellino ma anche raccontare che oggi le mafie sono cambiate. Oggi i temi sono la legalità, la lotta alla corruzione, la richiesta di trasparenza.
Inoltre, dobbiamo spiegare che le mafie portano via qualcosa a ognuno di noi perché sono in grado di determinare il futuro della nostra vita. In alcuni luoghi, se una persona vuol fare il commerciante rischia di non essere libero se non si sconfigge la mafia perché ci saranno i tentativi di condizionare le attività e di avere dei soldi. Se qualcuno vuol fare l’imprenditore deve sapere che in un regime in cui la mafia è in grado di dare servizi ad alcune aziende, chi agisce nella legalità rischia di essere perdente nella concorrenza.
Ho la preoccupazione che se continuiamo a parlare di mafie senza spiegare ciò che c’è oggi ma parlando solo di Falcone e Borsellino, non ce la facciamo a spiegare quanto è cruenta oggi la mafia anche se non spara e quanto è serio il quadro che abbiamo di fronte.
Video dell’intervento»  

Valorizzare le leggi e attenzione da parte dei cittadini
Io penso che il legislatore debba fare le leggi per contrastare la mafia, che poi devono essere fatte applicare dalla Magistratura. In più, noi abbiamo anche la fortuna di avere una struttura a parte dedicata alla lotta alla criminalità organizzata che è la Direzione Nazionale Antimafia.
Penso che ci siano alcune cose che è giusto valorizzare, come ad esempio la legge Rognoni-La Torre, con il principio che Salvini ha cercato di mettere in discussione, cioè la confisca dei beni alle mafie e il fatto che questi devono poi tornare a disposizione della società civile. Questa, a mio avviso, è una legge da valorizzare e da far conoscere. Molto su questo fronte lo fanno i campi di Libera ma anche le amministrazioni comunali che inaugurano sedi e fanno bene perché bisogna farlo sapere che quelle cose sono state realizzate con beni della criminalità organizzata che vengono rimessi a disposizione della società.
Rispetto alla conoscenza delle norme, però, poi è ovvio che le imprese sono tenute a conoscere le leggi, allo stesso modo chi fa operazioni finanziarie deve sapere a cosa attenersi.
I cittadini, più che sulla conoscenza delle leggi, devono essere avvertiti del fatto che il rischio delle mafie c’è: la criminalità organizzata c’è e la si trova anche vicina a noi e questo può spiegare anche perché a volte vengono bruciate automobili o le saracinesche dei negozi.
Bisogna essere avvertiti che c’è il problema delle mafie in modo che si possano attivare le forze dell’ordine ma anche una comunità che, se non resta indifferente di fronte a questi segnali, può aiutare a sconfiggere le mafie.
Video dell’intervento»  

Video dell’incontro»  
Roberta Vallacchi (Segretaria Provinciale PD Federazione di Lodi)»  
Silvana Tomaselli (Agenzia dei Beni Confiscati)»  
Giuseppe Di Silvestre (Vicesegretario Provinciale PD Federazione di Lodi)»  
Claudia Peciotti (Segreteria PD Lombardia, Responsabile Giustizia e Lotta alle mafie)» 
Franco Mirabelli (Capogruppo PD in Commissione Parlamentare Antimafia)»  
Foto» 

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