Brexit: a che punto siamo?
Il Consiglio europeo, riunito a Bruxelles nel formato a Ventisette, ha adottato le linee guida sul futuro delle relazioni fra l'Ue e il Regno Unito dopo la Brexit e mi sembra importare fare un po’ il punto della situazione. Rimane il fatto che la ferita comportata dal voto del referendum è stata molto dura e ha aperto un periodo di incertezza, che ci rimanda all’incertezza politica anche italiana, che getta ombre sul futuro della prospettiva europea, anche se siamo certi che 60 anni di europeismo nel nostro Paese non possono finire da un giorno all’altro. Dopo il voto inglese si è sperato per un po’ che si potessero trovare la possibilità di un’inversione di rotta e di un ripensamento, ma tutto ciò è venuto meno di fronte alla decisione presa per cui l’unica strada possibile è stata quella di lavorare insieme per definire un “buon divorzio” e per scegliere il quadro giuridico e legale dei futuri rapporti tra Gran Bretagna e Ue.
Un’osservazione positiva va fatta sulla coesione dell’Unione Europa e la priorità data ai diritti dei cittadini sia nell’affrontare la prima fase del negoziato, che è finita a dicembre, sia questa seconda conclusa con l’approvazione del Parlamento e del Consiglio della proposta di accordo di transizione.
E siamo certi che la stessa compattezza e unità caratterizzerà l’UE nell’ultima fase che prospetterà gli assetti futuri.
L’UE è stata unita non per un atteggiamenti punitivo, ma per salvaguardare fin quando possibile l’aquis communitaire al di sotto del quale non si può andare.
Con questo atteggiamento, che deve valere anche per la definizione della relazione futura, l’Unione è stata chiara nel ribadire alla Gran Bretagna un no secco al metodo cherry picking, cioè la scelta selettiva dei soli punti interessanti da parte degli inglesi (ad esempio il passaporto finanziario).
Lunedì è stato annunciato dal negoziatore Barnier l’accordo Ue- Gran Bretagna sulla fase “di transizione”, di qui fino al 31 dicembre 2020 che intende facilitare il percorso verso una futura relazione permanente.
La scorsa settimana a Strasburgo abbiamo approvato una risoluzione “Orientamenti sulle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito” (trovate qui il testo approvato) http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2018-0069+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT chiedendo un accordo di associazione tra UE e Regno Unito, come possibile quadro per le future relazioni dopo la Brexit, volto a:
Nella risoluzione abbiamo chiesto che le relazioni tra UE e Regno Unito si fondino su quattro pilastri:
Abbiamo anche insistito sul fatto che il nuovo quadro debba includere un sistema di governance coerente, con un solido meccanismo di risoluzione delle controversie e la necessità del rispetto dell’integrità del mercato interno, dell’Unione doganale e delle quattro libertà, senza consentire un approccio settoriale (il “cherry picking”di cui parlavo prima) della legislazione UE, preservando anche l’indipendenza del processo decisionale e dell’ordinamento giuridico UE, compreso il ruolo della Corte di giustizia.
Un altro punto cardine è quello relativo all’importanza di garantire un trattamento equo e paritario ai cittadini europei (e alle loro famiglie) che vivono nel Regno Unito e ai cittadini britannici che vivono nell’UE: si tratta di 4,5 milioni di europei nel Regno Unito e di 1,2 milioni di cittadini britannici nell'UE dopo la Brexit.
Cosa si è deciso nell’accordo di transizione?
C’è ora un testo legale di accordo per la Brexit che copre la maggior parte delle questioni: è infatti completo sui diritti dei cittadini e sui “conti del divorzio”, ma resta da chiudere la questione irlandese. E’ stato comunque compiuto un passo decisivo.
Un aspetto importante per questo periodo di transizione è che i cittadini Ue che arriveranno in Gran Bretagna di qui al 2020 avranno gli stessi diritti di chi è arrivato prima della Brexit. Londra inoltre dovrà rispettare tutti gli obblighi Ue ma godrà anche dei benefici che ne derivano, incluso il mercato interno.
Continueranno nei prossimi giorni le discussioni sull'Irlanda per arrivare a una soluzione pratica e che funzioni, per evitare una “frontiera dura" tra Irlanda e Irlanda del Nord, che è un confine che si è superato con l’Accordo del venerdì Santo, che per noi deve valere.
Lì si è infatti consumata una lunga stagione di lotte che non può essere ignorata. L’Europa ha fatto una proposta e sarebbe antistorico ripristinare una frontiera dura.
La speranza è che, una volta ratificato l’accordo di transizione, i negoziati possano concentrarsi sul tipo di relazione permanente futura che il Regno Unito e l'UE avranno, con l'obiettivo di un accordo concordato in autunno per concedere tempo agli Stati membri dell'UE e al Regno Unito.
Accordo che il Parlamento dovrà ratificare prima della Brexit del prossimo marzo.
La Gran Bretagna deve decidere se uscire dal mercato interno rimanendo nell’unione doganale e il tipo di accordo di associazione con l’Europa.
I passi avanti che sono stati compiuti mettono al riparo dal rischio di un divorzio non consensuale e confuso, ma rimane la ferita di un distacco di un Paese che è stato sempre importante nell’Unione europea e rimaniamo nella convinzione che questa è stata una scelta storicamente sbagliata che pagheremo cara, cittadini europei e cittadini inglesi.
L’impegno dell’Europa tutta e del Parlamento è quello di tenere il massimo delle relazioni possibili, tutelando al massimo i cittadini e i valori alla base del progetto europeo.
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