Sperimentazioni, speranze e tisane
Per la serie ma chi l’ha detto che i parlamentari non lavorano vi do il buon anno con ritardo, dopo essere stata letteralmente travolta dalle cose da fare, dalle leggi da approvare, dai convegni da preparare. Ieri successone all’incontro su “sperimentazione animale e diritto alla conoscenza e alla salute”, il secondo del ciclo sulla ricerca scientifica e le istituzioni, che ho voluto con tutta la Commissione Sanità del Senato, perché convinta che su temi difficili e delicati un parlamentare debba essere messo in condizione di decidere in modo informato, e perché è pure ora che si ristabilisca un rapporto fra ricerca, mondo scientifico e istituzioni.
Dobbiamo tornare a parlarci, e solo il confronto può aiutarci a colmare l’abisso che si è creato in questi anni fra società, politica e Parlamento. I temi sono caldi, e le opinioni sono differenti, ma il problema non è stabilire chi è pro e chi è contro all’uso degli animali a fini scientifici, che fra parentesi non è vivisezione, vietata dalle leggi italiane e internazionali, ma capire come migliorare la ricerca nel suo complesso, anche dal punto di vista dei finanziamenti, con un’attenzione alla ricerca di metodi alternativi, ma non esclusivi, poiché la sperimentazione animale resta a tutt’oggi l’unica strada per individuare metodi, farmaci, strumenti per curare malattie gravissime, per esempio il Parkinson, o per migliorare i trapianti di organi.
So che qualcuno storcerà il naso, ma oggi è così. Vedremo cosa ci riserva il futuro. Le leggi italiane ed europee in materia cercano e trovano un difficile equilibrio fra benessere umano e animale, fra esigenze della ricerca e nuove frontiere alternative. I fondamentalismi in questo campo sono inutili e dannosi, come dimostra il caso di Caterina, che ha subito un’inaudita violenza via web per aver dichiarato di amare gli animali ma di essere consapevole che la sua sopravvivenza è legata alla sperimentazione animale, oppure il caso dei nomi dei ricercatori sbattuti sui muri di Milano con tanto di indirizzo e numero di telefono, o ancora la manifestazione fatta contro l’Istituto di ricerca Mario Negri. No, non ci siamo proprio. Un conto sono le opinioni, un conto è la violenza, che tutti dobbiamo condannare sempre e comunque. L’unica strada è il confronto, e chi decide di rinunciarvi ha già perso in partenza. Abbiamo tutti bisogno di capire per farci un’opinione corretta, che non nasca dalla pancia, ma dalla testa. Con pacatezza, in modo mite e paziente, ma tenace.
Prossimamente vi dirò anche del “Caso Stamina”, quantomai torbido, su cui abbiamo aperto un’indagine conoscitiva.
A me la politica piace quando sa collegare il pensiero alle proposte e alle decisioni. L’ho detto a Matteo Renzi negli incontri di lavoro che abbiamo avuto nelle sere scorse: ci sono urgenze di cui il governo deve occuparsi rapidamente e ci sono riforme istituzionali che richiedono un approfondimento, come il superamento del Bicameralismo paritario e il chiarimento sulle future funzioni del Senato. Il tempo è poco, Diamoci da fare!
Nel frattempo, grande notizia, siamo alle soglie della nuova legge elettorale. Era ora! Non viviamo più di tisane e di speranze, per dirla con Queneau, uno scrittore immenso nella capacità di descrivere, con anni di anticipo, l’incertezza paralizzante del nostro tempo.
Articolo pubblicato per RollingStone.