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Stato inefficiente, economia ferma

Written by Lorenzo Borla.

(lb) Il problema dell’economia italiana, come tutti sappiamo, è che non cresce. Anzi, è ferma da venti anni, che coincidono più o meno con il ventennio berlusconiano. Mettiamo da parte le ragioni dei fautori della non crescita, o addirittura della decrescita: magari sono buone ragioni, ma contrastanti con la realtà. La cruda realtà è che la recessione, o non crescita, vuol dire disoccupazione e indigenza. La ragione per cui l’Italia non cresce, è che a questo scopo, negli ultimi vent’anni, sono state dedicate dalla politica scarsa attenzione e risorse largamente insufficienti. Oggi, per di più, la possibilità di spendere da parte dei nostri governi è limitata, non solo dal controllo stringente delle Ue, ma dall’entità stessa del debito pubblico. Un deficit di bilancio pari al 3%, come avremo quest’anno, vuol dire aggiungere al debito una cinquantina di miliardi e pagare due miliardi di interessi in più.
Il Prodotto interno lordo del nostro Paese era all’incirca di 1570 miliardi. Adesso ci hanno comunicato ufficialmente che il debito è salito al 134% del Pil, il che significa che il Pil è sceso, all’incirca, a 1550 miliardi. La spesa pubblica è di 808 miliardi. I fondi dedicati alla crescita e cioè, nella fattispecie, all’abbattimento del cuneo fiscale per mettere in tasca ai lavoratori più soldi da destinare al consumo (o meglio sarebbe dire, alla sopravvivenza) saranno nel 2014 di circa 1,5 miliardi, il che significa, sulla base di calcoli approssimativi, 200 euro in più in busta paga, una tantum, per l’intero anno: insomma, un’inezia. Ma torniamo su un punto. 807 miliardi di spesa nel 2013, su un Pil di 1555 miliardi, rappresentano il 52%, cioè più della metà. Non è poco. Come mai questa spesa è inefficace? La spiegazione può essere soltanto che gli 808 miliardi sono spesi male, cioè in maniera inefficiente: non riescono a far funzionare meglio lo Stato, le istituzioni, i servizi di cui siamo carenti. E non riescono a spingere la crescita. Ora, si spera molto nella spending review ad opera del commissario Carlo Cottarelli. Spending review vuol dire riduzione della spesa: la differenza è da destinare o alla riduzione delle tasse, come vorrebbe la destra, nella speranza che i soldi prelevati in meno (sia ai ricchi che ai poveri) siano destinati ai consumi. Oppure da destinare alla fascia più svantaggiata della popolazione, come vorrebbe la sinistra.
Ma un Cottarelli da solo, per quanto in gamba, per quanto dotato di ampi poteri non può fare il miracolo. Il nostro Paese è indietro su tutti i fronti: la scuola, la giustizia, le istituzioni, la burocrazia. Solo un governo con una forte e univoca volontà potrebbe fare le riforme, ridurre la spesa improduttiva, aumentare la spesa produttiva, far crescere l’economia. Bisogna prendere atto che un governo così, al momento non c’è. E’ un governo, questo, del . Resta ancora un punto: il macigno rappresentato dall’enorme debito pubblico e dal costo degli interessi, che ci penalizzano ogni anno per quasi cento miliardi: qui il modo per ridurre drasticamente il debito è uno solo. Una imposta sui patrimoni dei ricchi: quel 10% della popolazione che, come è noto, detiene quasi il 46% della ricchezza nazionale privata, calcolata in circa 9000 miliardi.
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