La Riforma sanitaria di Maroni non funziona
Torno a scrivere della Riforma sanitaria di Maroni, perché a oltre tre anni dal suo annuncio (2013) e a oltre un anno e mezzo dal voto in Consiglio regionale (5 agosto 2015) è ormai tempo di bilanci. E da più parti (cittadini, operatori, associazioni, sindacati...) arriva ormai la stessa identica valutazione: la Riforma non funziona.
Le liste d'attesa sono lunghe come prima, soprattutto per chi non ha i soldi per pagarsi visite ed esami nel privato;
i Pronto Soccorso sono intasati come prima, e addirittura -secondo i dati raccolti in alcuni ospedali- sono aumentati i codici bianchi (cioè le prestazioni "leggere" che dovrebbero essere date in strutture alternative ai Pronto Soccorso, che però non sono ancora nate);
i servizi territoriali (consultori, ambulatori, punti prelievi…) sono indeboliti o addirittura chiusi in molti territori, anziché rilanciati come promesso, a dispetto dell'obiettivo della maggiore "presa in carico" declamato dalla Riforma (che a Milano città non è nemmeno ancora partita per i servizi territoriali!);
il "ticket zero" annunciato da Maroni sui manifesti che hanno tappezzato la Regione durante le campagne elettorali, è rimasto uno slogan, a dispetto dell’obiettivo della rimodulazione per fasce di reddito approvato dal Consiglio regionale;
le strutture intermedie tra l’ospedale e la famiglia, nella Riforma immaginate per la degenza leggera, la riabilitazione e la cronicità, che in Lombardia non erano mai state realizzate, non sono ancora nemmeno oggetto di una programmazione regionale (solo 4 strutture POT avviate in 19 mesi), a dispetto dell'obiettivo della “continuità assistenziale” declamato dalla Riforma;
i Comuni (che si occupano dei servizi sociali) non sono stati considerati nella programmazione dei servizi socio-sanitari, come del resto avevamo tristemente pronosticato, visto che la Riforma li aveva esclusi, e così i Piani di zona sociali dei Comuni continuano a non essere integrati con i Piani organizzativi fatti dalle nuove aziende socio-sanitarie (i POAS, tra l'altro ancora in attesa di approvazione da parte della Regione!), a dispetto dell'obiettivo della “integrazione” declamato dalla Riforma;
i medici di famiglia, che dovevano negli auspici di tutti essere coinvolti nella Riforma, non solo non sono stati coinvolti ma, per effetto di recenti atti regionali, tra qualche mese saranno di fatto clamorosamente esclusi dalla gestione dei loro pazienti cronici, sostituiti da “enti gestori” (ne parleremo prossimamente)...
Del resto di tutto ciò non c'è da stupirsi così tanto: con riferimento alle tante scadenze della Riforma non rispettate -e votate dalla maggioranza di centrodestra esattamente 19 mesi fa-, non c'è soltanto la mancata revisione del sistema informativo sanitario (fondamentale), o la mancata costituzione del gruppo GATTS (per la farmacovigilanza e tanto altro), ma addirittura c'è il mancato avvio della stesura del Piano socio-sanitario regionale, che avrebbe dovuto essere il primo atto dopo la Riforma, visto che l'ultimo Piano del 2010 è scaduto nel 2014, e si tratta per legge dello strumento di programmazione fondamentale, che la Regione deve trasferire a tutti i livelli di governo del sistema socio-sanitario per garantire la coerenza del sistema.
Con la Riforma sanitaria Maroni ha voluto una vera rivoluzione, cancellando le Asl e le aziende ospedaliere per creare le nuove ATS e ASST (con lo stesso numero di poltrone), ma degli obiettivi (condivisibili) di questa rivoluzione non si vede dunque nemmeno l'ombra dopo tutto questo tempo, e -anzi- per molti il sistema è a rischio di collasso. E non lo diciamo noi: ha usato questo stesso termine l’assessore regionale al Welfare (!) in un convegno venerdì 3 marzo a Milano, dicendo per l'ennesima volta che stanno lavorando perché i risultati arrivino prossimamente. Ma quando?!
La nostra speranza è nulla, perché nessun passo avanti si è visto in questi anni. E non si dica che c'è un problema di soldi o che il Governo romano è cattivo con la Lombardia: ci sono una infinità di buone cose che potevano essere già state fatte da tempo, a parità di costi per il sistema, e in autonomia, ma non c'è stata la capacità o la volontà politica di farlo.
Noi abbiamo fatto e depositato in Consiglio regionale le nostre proposte mille volte, sempre con spirito costruttivo. Ma ora pare proprio che la Riforma sanitaria di Maroni si avvii a diventare non "un" fallimento della sua legislatura, ma "il" fallimento, considerato che si tratta della salute dei lombardi e che la materia vale oltre 18 miliardi di euro all'anno, il 75% del bilancio regionale...
E pensare che Maroni vorrebbe gestire più risorse…
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