La somministrazione dei farmaci salvavita a scuola
Intervento in Senato durante la discussione delle mozioni sulla somministrazione dei farmaci.
Questo lavoro è molto più importante di quel che si pensi. Di solito non si discute di simili aspetti perché si ritiene che debbano essere legati ai regolamenti. Però il problema è terribile. Io ho ricevuto, solo in questa settimana, un documento sconvolgente che riguarda un bambino - non faccio nomi naturalmente - di Milano, della mia città. Tralascio di raccontarvi la storia penosissima di questo bambino che aveva crisi epilettiche, a cui hanno dato un farmaco che però la scuola si rifiutava di utilizzare. Pertanto questo bambino è stato mandato in ospedale; gli è stato dato un farmaco per bocca, ma i medici hanno detto che non andava bene.
Ma non c'era nessuno che si sarebbe mai preso la responsabilità di curarlo. Alla fine è arrivata una deliberazione del consiglio di classe, di cui voglio leggere un piccolo pezzo, perché è sconvolgente, così almeno anche i colleghi hanno la percezione di cosa significhi: «I docenti e il dirigente ritengono che in questo momento da parte della scuola non sia possibile garantire la somministrazione del farmaco salvavita nei tempi e nelle modalità richieste dal protocollo. Si concorda pertanto che, non essendo possibile, nelle condizioni attuali, firmare un protocollo d'intesa per la somministrazione di un farmaco» - come se stessimo parlando della legge di stabilità, non di una persona e di un essere umano - «in caso di emergenza si farà ricorso al pronto soccorso». Cioè, quando uno ha una crisi epilettica, notoriamente si telefona e si aspetta che arrivi il pronto soccorso; nel frattempo, hanno detto ai genitori del bambino di tenere un cuscino nell'armadietto. Questo è quanto. Ma quello che è peggio è che si dice: «Il consiglio di classe si rende disponibile ad attivare un progetto di scuola a domicilio, qualora la famiglia lo ritenesse preferibile ed opportuno». Vede, signora Sottosegretaria, io sono certa che lei inoltrerà al Ministro questa che non è una protesta, ma è l'espressione di una vergogna, in una scuola dell'obbligo dove il diritto alla salute viene negato.
Ma non c'era nessuno che si sarebbe mai preso la responsabilità di curarlo. Alla fine è arrivata una deliberazione del consiglio di classe, di cui voglio leggere un piccolo pezzo, perché è sconvolgente, così almeno anche i colleghi hanno la percezione di cosa significhi: «I docenti e il dirigente ritengono che in questo momento da parte della scuola non sia possibile garantire la somministrazione del farmaco salvavita nei tempi e nelle modalità richieste dal protocollo. Si concorda pertanto che, non essendo possibile, nelle condizioni attuali, firmare un protocollo d'intesa per la somministrazione di un farmaco» - come se stessimo parlando della legge di stabilità, non di una persona e di un essere umano - «in caso di emergenza si farà ricorso al pronto soccorso». Cioè, quando uno ha una crisi epilettica, notoriamente si telefona e si aspetta che arrivi il pronto soccorso; nel frattempo, hanno detto ai genitori del bambino di tenere un cuscino nell'armadietto. Questo è quanto. Ma quello che è peggio è che si dice: «Il consiglio di classe si rende disponibile ad attivare un progetto di scuola a domicilio, qualora la famiglia lo ritenesse preferibile ed opportuno». Vede, signora Sottosegretaria, io sono certa che lei inoltrerà al Ministro questa che non è una protesta, ma è l'espressione di una vergogna, in una scuola dell'obbligo dove il diritto alla salute viene negato.
Credo che l'articolo 32 della Costituzione sia molto importante, ma è ancora più importante l'articolo 3, che parla dell'uguaglianza dei cittadini. In questo caso questo piccolo cittadino, naturalmente è cittadino anche lui, si vede negato un diritto e si vede sottoposto ad uno stress - mi permetta - che mai avrei pensato che in una scuola civile pubblica potesse essere causato.
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