Politiche attive del lavoro
Le Politiche attive del lavoro sono l’aspetto decisivo del Jobs Act. Siamo ultimi in Europa: 5 miliardi, contro i 20 per politiche passive. Con il D.lgs. 150/15 è nata l’ANPAL, l’Agenzia nazionale per le Politiche attive, che metterà a sistema il molto che c’è, governerà e sosterrà le regioni rimaste al palo. E il presidente Maurizio Del Conte – pronto ad “anticipare le crisi aziendali” – apre al sano concorrere tra pubblico e privato sulla ricollocazione dei senza lavoro (con pagamento a risultato ottenuto e secondo la difficoltà: un aiuto al Sud). Ottima cosa.
Dunque, i nodi adesso sono le Regioni e le strutture di territorio, Agenzie locali e Centri per l’impiego (potenziati con mille assunzioni). Il nuovo rapporto tra Ministero e Regioni è legato – ovvio – alla riforma sottoposta a Referendum. Un motivo per dire Sì.
Tenuto conto che “in nessun Paese i dati medi sono così fuorvianti come da noi” (Maurizio Ferrera), la Lombardia e Milano devono uscire dal torpore. Se ne parli. Milano ha molto investito sulla sua Agenzia Formazione Orientamento Lavoro metropolitana – AFOL. Ha messo a sistema una bella tradizione e preziose risorse. Per discuterne apertamente (Istituzioni, parti sociali, società) stiamo sull’attualità.
Il 3 settembre Maurizio Sacconi (intervista al Corriere) spinge sul salario flessibile aziendale, “esteso ai contratti individuali, purché certificati“. È per una “politica liberale crash” – dice – che elimini ogni freno al fare impresa. Il 4 settembre Dario Di Vico (sempre sul Corriere) rende conto che a Cernobbio Pier Carlo Padoan e poi il vice presidente della Ce Timmermans e altri sottolineano i temi della disuguaglianza e della mobilità sociale. “Cernobbio – dice Di Vico –generosamente si gira verso il lato dei perdenti della mondializzazione“. Serve più equità e uguaglianza, ha ribadito Renzi il 5 settembre al G20 di Pechino.
Che il Governo faccia sul serio lo dimostra anche la riforma delle Camere di Commercio (Decreto del 25.08): da 105 a 60, con l’esplicito compito di contribuire alle Politiche attive del lavoro. Indicazione di straordinario valore strategico. Bene il Governo. Intanto 52.000 giovani italiani cercano lavoro in Europa. E l’Agenzia europea che li aiuta a prendere contatti – Eures – si sta trasformando in un Centro europeo per l’impiego. Fatto splendido. A cui si aggiunge il bel progetto francese di un “Erasmus per apprendisti”. Eppure, temo che Sacconi ci porti davvero allo schianto. Cosa manca? Milano e il suo traino. Anche il Sindacato sta zitto (sulle Politiche attive). Capisco e rispetto i suoi dubbi. È innanzitutto una questione politica. La prima responsabile è la Città Metropolitana. E non possiamo farne colpa al sindaco Sala. Guardiamo avanti. Le politiche del lavoro senza Milano sono un ingranaggio asciutto, una freccia senza punta. Proposta: la Lombardia si accordi con Milano e faccia un test oltre gli schemi. Per la regione e il Paese. Il primo passo può essere Orientare e Formare in base a prospettive – esigenze verificate e condivise. Elementare e non si fa. E poi, con piccoli accordi, si possono attirare grandi investimenti.
Qual è l’obiettivo? Il territorio. L’Istituzione (delle Politiche attive) di territorio e il suo ruolo. È promettente e dirompente, specie per impresa e Sindacato. La sfida è su questa Istituzione, in questo luogo. Per convincere impresa e Sindacato (so che sarà durissima; sono in gioco due big ideas del futuro: concorrere e rappresentare) dico: la prospettiva di Sacconi – agognata dall’impresa e temuta dal Sindacato – non ha alternative. E come potrà prescindere da una forte Istituzione territoriale di attivazione e mediazione che favorisca presenza e ruolo delle parti sociali e consenta di veder bene (gestire, anticipare) le possibilità e i problemi? L’AFOL è un’Istituzione vitale per tutti, che parte sul tema disoccupati e poi crescerà e ci farà crescere insieme.
Detta in altro modo: Maurizio Sacconi sarà profeta di derive perdenti se non facciamo decisi passi in avanti, nel fare impresa, sulla mobilità e libertà del lavoro. Sul diritto del lavoro di essere a pieno titolo fattore di concorrenza nella creazione di ricchezza economica. E di essere responsabile: abile nel contribuire a dare risposta ai problemi. Propositivo, e quindi con un ruolo apprezzato. E se non è apprezzato, se ne va. Cambia impresa. È la condizione necessaria per una redistribuzione naturale della ricchezza.
Oggi il lavoro si fa precario perché si è appannato il suo ruolo. In realtà, la sua rappresentazione. Che si fa sul territorio. Farà vincere o perdere le imprese, che devono accelerare su creatività e innovazione (Industria e Servizi 4.0) per farsi, a loro volta, apprezzare. Per mettere in campo offerte personalizzate, belle, esclusive e care. Molto care. C’è in ballo ben più della crescita: la precondizione che eviterà il declino. E non mi si dica: il lavoro è scarso; figurarsi cambiare! È questione d’impostazione politica (positiva, di libertà). Finiamola con i lamenti. Poi si fa quel che si può.
Allora, chiamiamo Milano a ballare. Scopriamo il potenziale della sua Agenzia del lavoro (e delle professioni). Apriamola a Sindacato e impresa. Studiamo la logica di gestione delle risorse comuni proposta da Elinor Ostrom (1933 – 2012; Nobel per l’economia 2009): servono Istituzioni locali costruite in maniera incrementale, per tentativi ed errori, da attori pubblici e privati, sulla base di scelte strategiche condivise. Facciamo un test innovativo. Lombardo. Impresa e lavoro hanno una storia che merita coraggio e rispetto.
E le risorse? Un esempio. Daniela Gasparini, già sindaco di Cinisello, ha un’idea: dei 7 Municipi del Nord Milano (uno ogni 2,5 Km in linea d’aria, per 330.000 abitanti e 20.000 imprese) facciamo un solo Comune. Per imparare a decidere in Gruppo, risparmiare più di quel che serve e conquistare la fiducia dei mercati e dei cittadini.