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Nell'Italia che cambia, cambiare la salute mentale

Written by Ezio Casati.

Ezio CasatiDepositata la proposta alla Camera: in continuità con la «180» valorizzare l'esperienza degli utenti, rendere i Servizi accoglienti, ridurre le degenze in strutture chiuse. Con risparmi per lo Stato.
Valorizzare l'esperienza di utenti e familiari - assieme al sapere di medici e operatori - nella cura dei pazienti psichiatrici. Rendere i Servizi di salute mentali luoghi più caldi e accoglienti. Offrire a chi soffre di disagio psichico un sostegno pronto, adeguato e dignitoso. A partire dalla crisi. Sempre. In tutta Italia. Ridurre i ricoveri in quelle strutture residenziali che assomigliano spesso ai vecchi manicomi e gli elevati costi che ne conseguono. Puntare su fiducia e speranza perché la guarigione passa spesso da questi concetti.
E nei Servizi di salute mentale italiani se ne sente la mancanza. Sono questi alcuni dei pilastri sui quali poggia la proposta di legge 2233, depositata alla fine di marzo alla Camera dei Deputati da un gruppo di parlamentari di Partito democratico e Scelta civica e presentata oggi in una conferenza stampa che si è tenuta a Montecitorio. L'obiettivo - come recita il titolo del documento - è «valorizzare, in continuità con la legge del 13 maggio 1978, la partecipazione attiva di utenti, familiari, operatori e cittadini nei servizi di salute mentale per promuovere equità di cure nel territorio nazionale».

Dalla legge Basaglia alla nuova proposta
La legge del 13 maggio 1978 è la famosa 180, la legge Basaglia. Una conquista storica, rivoluzionaria, che ha portato alla chiusura dei manicomi nel nostro Paese. La fine di un'epoca di dolore ed emarginazione. Il problema, però, è che l'altro aspetto fondamentale della legge Basaglia, che prevedeva la cura dei pazienti sul territorio, è stato applicato a macchia di leopardo. Senza una strategia unitaria. Con evidenti differenze da città a città, da provincia a provincia, da regione a regione. E' proprio qui che vuole incidere la nuova proposta di legge, facendo in modo che tutti i Servizi di salute mentale forniscano cure dignitose, valorizzando in quest'ottica anche l'esperienza di utenti e familiari. Perché, per aiutare chi soffre di disagio psichico, è decisivo coinvolgere il suo mondo, la sua famiglia, i suoi affetti. I numeri parlano chiaro. In Italia, secondo stime recenti, le persone con malattia mentale grave sono 500.000. Se si tiene conto dei 2 milioni di familiari a loro legati, ci si avvicina a 3 milioni di cittadini che, ogni giorni, devono confrontarsi con questo problema.

Dagli UFE ad abitazioni e lavori veri
Si parte dagli UFE (Utenti e Familiari Esperti), figure nate all'interno del Servizio di salute mentale di Trento, ma diffuse attualmente in altre zone d'Italia. Gli UFE sono riconosciuti e retribuiti, hanno un ruolo specifico al fianco di medici e operatori. Grazie a un percorso di cura riuscito, con il loro «sapere esperienziale» possono stare vicino a chi soffre. In diversi modi. Accogliendo al front-office del Servizio, attraverso un sostegno durante la crisi, accompagnando la vita in appartamento o sul lavoro, mentre si cerca di riprendere confidenza con la quotidianità. La filosofia è quella del fare assieme. E oltre agli UFE, la legge depositata alla Camera dei deputati prevede altri punti-chiave: il massimo coinvolgimento possibile degli utenti e dei loro familiari nei percorsi di cura, rendere accoglienti e decorosi i luoghi che ospitano la sofferenza mentale, proporre a utenti e familiari “patti di cura” ricchi di condivisione e di parità con la figura di un garante a fare da mediatore imparziale, assistere le crisi con prontezza e umanità, stare vicini alle famiglie di chi sta male, fare in modo che i pazienti abbiano sempre un riferimento fisso e chiaro, sforzarsi affinché gli utenti possano riprendere confidenza con la quotidianità attraverso un lavoro vero, soluzioni abitative che puntino sull’autonomia e sulle risorse degli utenti, l’impegno di tutti a cercare nella comunità opportunità di vera socializzazione. I ricoveri obbligatori non devono essere la prassi, ma l’ultima spiaggia dopo aver provato tutte le strade possibili. Reparti psichiatrici che siano luoghi di vita e dove le persone non vengano legate. Lotta vera allo stigma e ai pregiudizi. E infine tagliare costosi e spesso dannosi posti letto in comunità blindate che assomigliano sempre più a vecchi manicomi.

La raccolta di firme popolare promossa da «Le parole ritrovate» e l'approdo in Parlamento
Un progetto ambizioso che arriva a 36 anni dalla legge Basaglia e che nasce dall'esigenza diretta di tanti utenti, familiari e operatori. L'avventura di questa proposta di legge, infatti, è iniziata come proposta d'iniziativa popolare promossa dall'associazione «Le parole ritrovate», che racchiude medici, utenti, familiari, operatori, semplici cittadini. Una proposta di legge che non a caso si era data come nome «181» per marcare forte la sua continuità con la Legge 180. Sono state raccolte quasi 40.000 firme in tutta Italia a partire dal maggio del 2013, fino a quando un gruppo di deputati ha deciso di farsi carico dell'iniziativa, depositando direttamente in Parlamento la proposta. Il primo firmatario è il deputato del Partito democratico Ezio Casati, che spiega così il senso dell'iniziativa. «Ci teniamo a ribadire che il grande punto di svolta è la legge 180 del 1978, che ha sancito la rivoluzionaria chiusura dei manicomi in Italia. Siamo però convinti che, a 36 anni di distanza, la Basaglia abbia bisogno di gambe più salde per camminare. Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno farci carico di questa proposta di legge partita dalla sottoscrizione popolare promossa dal movimento de «Le parole ritrovate», che lega nel fare assieme utenti, familiari, operatori e cittadini. E questo sentimento è presente nella legge, che unisce aspetti teorici alla pratica quotidiana di chi vive la malattia mentale e s'impegna per il suo superamento».

Cure dignitose per tutti, dappertutto
C'è assoluto rispetto verso la Legge 180, ma secondo Casati è necessaria una svolta. «Ascoltando molti medici, operatori, utenti, familiari ci siamo resi conto che in alcune zone del Paese la «Basaglia» deve ancora essere definitivamente attuata. Questa proposta intende fornire gli strumenti per promuovere cure dignitose sul territorio, valorizzando esperienze positive già in atto in alcune realtà e mirando ad una diminuzione di costosi ricoveri in strutture di lungodegenza che non servono a curare ma a separare le persone dalle loro comunità. Proprio quello che la «180» non voleva. Con le risorse che vengono risparmiate in questo modo, si possono favorire nuovi metodi di cura territoriale. Sperimentando gli UFE. Rendendo accoglienti e armoniosi i luoghi di cura, perché anche gli ambienti possono aiutare a tranquillizzare chi soffre. Nelle nostre previsioni, non solo non ci sarà aumento di spesa, ma anzi potranno esserci dei risparmi per la sanità pubblica», conclude Casati.

Per seguire l'attività di Ezio Casati: sito web - pagina facebook

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